"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 12 dicembre 2011

Lavitadeglialtri. 1 La donna dietro l'annuncio.



Se per caso vi chiedessi notizie su di un film di qualche anno addietro che ha per titolo Brassed off , sapreste darmene? Brassed of cosa, chi? Il “chi” in questione è il nome del regista di quel celebre film, Mark Herman; vi dice qualcosa? Il film risale all’anno 1996 e venne distribuito nel bel paese con un titolo che forse non ci azzecca niente con la lingua della perfida Albione: “Grazie, signora Thatcher”. Risolto il mistero. Solo che, il titolo della distribuzione nel bel paese non rende a pieno il significato letterale che è semplicemente, per gli inglesi, "cacciati via", "licenziati". "Cacciati via", "licenziati" chi? Indovinate un po’. Ma gli operai della miniera vivaiddio! Mica si mandano via i manager, i cosiddetti, un tempo, “capitani d’industria”. I primi a pagare sono sempre e solamente loro, gli operai, un tempo i cosiddetti proletari. Oggigiorno risulta disdicevole usare il termine. Ma il senso del film è ben rappresentato dalla storia che vi si racconta. Ho rivisto il film proprio in questi giorni; una strana coincidenza. Poiché negli stessi giorni avevo letto la solita settimanale corrispondenza di Claudia De Lillo, in arte Elasti, sul supplemento “D” del quotidiano “la Repubblica” che ha per titolo “La donna dietro l'annuncio”, che di seguito trascrivo in parte. Occhio alle date; il film arriva in Italia nell’anno 1996, due anni appena dopo una certa “discesa in campo”. Ma la storia del film si colloca alla fine degli anni ottanta del secolo ventesimo. Nella storia è per l’appunto il 1989. La storia si dipana nella regione dello Yorkshire tra le ciminiere di quelle miniere di carbone alle quali i protagonisti affidavano il loro destino, la loro vita. Ma esse, le miniere intendo dire, anche se ancora in produzione, sono destinate nella storia del film ad essere smantellate. Nei titoli di coda del film si legge che in quel tempo centinaia e centinaia di miniere furono smantellate e con esse furono "cacciati via" ben 250.000 minatori. È che il “reaganismo” d’oltreatlantico aveva gettato le basi del liberismo che avrebbe trovato nella signora Thatcher una formidabile interprete ed una instancabile realizzatrice di quelle teorie. Straordinari i personaggi e gli interpreti: Danny, il maestro di musica che dirige la banda, interpretato magnificamente da Pete Postlethwaite, che era stato anche nel film “Nel nome del padre”; Phil, il figlio, la cui vita è devastata dagli usurai; Andy, interpretato da Ewan McGregor, quello di “Trainspotting”; e poi, figure forti di quel proletariato, Harry, Jim, Ernie, che hanno sempre condiviso lotte, gioie e dolori, ma che di fronte al nuovo corso della storia e della economia si arrendono, sciolgono la banda musicale, coscienti che con il corso nuovo degli eventi sono destinati a sfumare i sogni di solidarietà, equità e giustizia sociale. Fino a quando la giovanissima Gloria, interpretata da Tara Fitzgerald, con un gesto di altruismo, restituisce a quegli uomini duri la voglia di combattere. Avevo già visto il film, ma anche in questa occasione il suo finale mi ha restituito una stretta in gola. Ed è stato nel corso della visione del film che mi sono ricordato del ritaglio con lo scritto della De Lillo. L’onda lunga di quel tempo, di quel liberismo senza freni, sommerge ancora oggi la vita di milioni e milioni di donne e uomini, vita fatta di precarietà, iniquità ed abissali dislivelli sociali.

“(…). - Doriana, mi racconti la tua storia?  -. Dice sì. Ci incontriamo all'ora di pranzo. La vedo mentre esce dal suo ufficio, la segreteria di una facoltà universitaria, circondata da studenti. - Grazie. È stata gentilissima, come al solito -, dicono. Lei si schermisce, ride, saluta e viene via con me, lieve, i capelli neri e dritti, gli occhi grandi, il passo sicuro di chi sa la strada. Ha 46 anni, un marito disoccupato, una figlia adolescente, un contratto a tempo indeterminato da 1.300 euro mensili, in cui deve far entrare tutto. - Mio marito ha perso il lavoro sei anni fa: hanno liquidato l'azienda in cui era assunto. Aveva 44 anni. I primi tempi ha lavorato qua e là, da precario. Da tre anni invece è fermo, nonostante i corsi per la ricollocazione professionale e la ricerca quotidiana di un impiego -. Il marito di Doriana la mattina si alza con lei, la accompagna in ufficio, poi torna a casa e su internet cerca lavoro, prepara il pranzo per sé e la figlia, fa il casalingo. - Quando ha imparato a usare la lavatrice era tutto contento. Lasciamo stare come stende...-. Ogni tanto Doriana si arrabbia, perché il pavimento è sporco (Sei a casa tutto il giorno, possibile che non ti accorga che il pavimento fa schifo?), perché la rabbia e il rancore montano, anche se li reprimi, perché lui dice accusatorio: - Il vero problema ce l'ho io -. - Lo so. È umiliante per un uomo chiedere i soldi alla moglie, è sfinente non lavorare. Però lui è proiettato sulla sua situazione, io su tutto il resto. Io cerco di risolvere i problemi quotidiani: faccio quadrare i conti per affitto, luce, gas, telefono, ricariche dei cellulari (mai più di 5 euro). L'auto no, quella non possiamo permettercela. Sono io che vado a caccia di offerte, che a pranzo, quando sono tirata, mangio i taralli della macchinetta dell'ufficio e uso i buoni pasto per la spesa -. - Vorrei avere più soldi per smettere di pensare ai soldi -, dice Doriana, solare, dignitosa, coriacea. Nessuno, tra i colleghi, immagina che Doriana sia costretta a fare i conti, sempre. - Quando provo a spiegare la mia situazione, mi accorgo che la gente pensa ‘se il marito è disoccupato da sei anni significa che non si è dato abbastanza da fare'. Questo mi ferisce perché, se non ci sei dentro, è impossibile capire. Allora preferisco far finta di niente, ridere e scherzare come nulla fosse -. Sua figlia ha 17 anni, fa il liceo linguistico e si chiama Virginia. - Lei conosce i nostri problemi, sa che ci sono dei limiti alle sue richieste, è consapevole, matura e non si vergogna di parlarne con i suoi amici. A scuola non è l'unica -. Si accende un lampo di orgoglio materno, si intuiscono complicità, protezione, tenerezza. - Ieri mi ha chiesto 10 euro per una gita di classe e 7 euro per il teatro. Per un genitore è avvilente dire: Non si può. Quando Virginia ha annunciato che voleva cercarsi un lavoretto, - ho temuto che facesse qualche stupidaggine, che entrasse in giri strani -. - Finché posso, ci penso io a te -, le ha risposto Doriana che per paura, orgoglio e amore, si è messa alla ricerca di un secondo lavoro, il sabato e la domenica, via Facebook.”

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