"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 20 dicembre 2011

Dell’essere. 3 Dell’alienazione.

 Si legge nell’autorevole  dizionario Sabatini-Coletti alla voce alienazione: - (…). psich. Malattia mentale Sin. follia, pazzia. Asservimento dell'uomo a bisogni indotti dalla società dei consumi e non spontanei, con conseguente abbrutimento spirituale. sec. XIV -. Ha origini antiche la voce in questione. L’etimo è rintracciabile nell'aggettivo latino alienus che di sicuro si rifà al pronome indefinito alius che nella lingua di Omero faceva allos, ovvero altro, ovvero l’altro che è in ciascuno di noi, quando le condizioni di vita ne favoriscono l’emergere. Aveva il Moro di Treviri un detto che gli stava molto a cuore: - Homo sum, humani nihil a me alienum puto – ovvero, - Sono un uomo, non ritengo a me estraneo nulla di umano -. Prima che facesse Suo il concetto della alienazione, da quel grande pensatore del suo tempo che gli fu maestro, Hegel. Nella visione sociologica ed economicistica che Marx aveva dell’uomo, succube dell’alienazione non è l’autocoscienza di Hegel, entità astratta, categoria dello spirito, ma l’uomo nella sua condizione di cittadino e di prestatore d’opera, di fornitore di braccia. È l’uomo la vittima dell’alienazione nello svolgersi della vita quotidiana. Scrive in proposito Marx nella Sua opera fondamentale Il Capitale (1867).: - Non è l’operaio che adopera i mezzi di produzione ma sono i mezzi di produzione che adoperano l’operaio; invece di venire da lui consumati come elementi materiali della sua attività produttiva, essi consumano lui come fermento del loro processo vitale; e il processo vitale del capitale consiste solo nel movimento di valore che valorizza se stesso -.  Ovvero, lo sfruttamento che ne fa il capitale privato aliena l’uomo da sé, lo rende altro,  l’altro che è sconosciuto, poiché la finalità del processo di produzione non è più l’uomo ma il capitale stesso; per il capitale l’uomo non è il fine ma il mezzo reso materiale. Aggiungeva pure, nella analisi condotta in Critica della filosofia hegeliana del diritto (1843) che la società, superato il feudalesimo e divenuta capitalista separa dall’uomo il suo essere oggettivo quasi fosse un essere soltanto esteriore o materiale; e così non assume il contenuto dell’uomo come la vera realtà di esso.. L’alienazione diviene il risultato della condizione storica dell’uomo nelle società capitaliste. Breve diviene il passo per il quale Marx individua anche un’alienazione religiosa, per effetto della quale si crea un mondo al rovescio, nel quale mondo al posto dell’uomo reale, in carne ed ossa,  vi è un’immagine sua idealizzata. Scrive: - La religione è la teoria generale di questo mondo rovesciato, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare, il suo point d’honnuer spiritualistico,  il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo solenne completamento, il fondamento universale della consolazione e della giustificazione di esso -. È quella l’idea che passa, per la quale la religione diviene l’oppio dei popoli. Alienazione religiosa che il Nostro tratteggia bene ne La questione ebraica, alienazione che induce nella condizione esistenziale dell’uomo a condurre una doppia vita, una vita in cielo e una in terra, la vita nella comunità politica nella quale egli si considera natura sociale e la vita nella società civile nella quale egli agisce da uomo privato, considera gli altri uomini come mezzi, degrada se stesso fino a ridursi in strumento e diventa il trastullo di forze a lui estranee. E sì che si era allora nel capitalismo industriale, il capitalismo che creava beni reali e durevoli, che reinvestiva nelle attività avviate il surplus capitalistico al fine d’ampliare le attività medesime. Oggigiorno ben altra cosa è divenuto il capitalismo nella sua versione finanziaria, un capitalismo fine a sé stesso, senza responsabilità sociale, che opera esclusivamente per il proprio affermarsi a tutto svantaggio delle società umane interessate. - E se oggi l'alienazione fosse più radicale di quella segnalata da Marx? -, si chiede il professor Umberto Galimberti nella Sua ultima corrispondenza pubblicata sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica”, che di seguito trascrivo nella quasi sua interezza.

“Quando l'uomo è ridotto alla sua funzione, allora è costretto a presentarsi con quella maschera (Charakter Maske, dice Marx) in cui sono scolpiti i tratti del suo impiego o, come scrive Heidegger, del suo essere im-piegato (Be-stellt), cioè piegato alle esigenze dell'apparato. (…). Dipendiamo dalle relazioni perché da queste dipende la nostra identità. L'identità non è un dato naturale, ma culturale, che si costruisce a partire dal riconoscimento che otteniamo dagli altri. Questo vale sia per il bambino che trascurato o addirittura continuamente biasimato si costruisce un identità negativa, a differenza del bambino che approvato e riconosciuto costruisce un'identità positiva, sia per l'adulto la cui identità risulta rafforzata o indebolita a partire dalle approvazioni o dalle disapprovazioni che riceve. Detto questo, che cosa oggi nell'età della tecnica e dell'economia globalizzata viene di noi approvato o disapprovato? La nostra rispondenza ai valori della tecnica che sono l'efficienza e la funzionalità, e ai valori del mercato che sono la produttività e la capacità di creare profitto. In questo modo la nostra identità si declina, quando addirittura non si appiattisce, su quei valori che non rispecchiano il nostro io e tanto meno le nostre aspirazioni profonde, ma unicamente quella maschera sociale, come già a suo tempo segnalava Marx, che ogni giorno dobbiamo indossare per rispondere a quegli indicatori che ci impongono la tecnica e il mercato. Questi infatti sono divenuti i generatori simbolici di tutti i valori, per cui oggi capiamo unicamente che cosa è utile, efficace, produttivo, ma nulla sappiamo di cosa è buono, giusto, vero, bello, sacro. Ne è una prova l'arte che diventa arte solo se entra nel mercato. Siccome tecnica e mercato non sono più semplici aspetti delle relazioni sociali, ma hanno impresso il loro sigillo ad ogni relazione sociale, oggi non incontriamo più uomini, ma ruoli, per cui la nostra identità non è più segnalata dal nostro nome, ma dal biglietto da visita in cui è indicata la nostra funzione. E quando Iddio dovesse mandare il suo messaggero a chiamare le anime perse nel mondo, questi, al suo ritorno, non potrebbe che dire, come recita un mito gnostico: - Io le ho chiamate, ma nessuna ha risposto, perché tutte hanno perso il loro nome -. Se la relazione sociale è essenziale per la costruzione della nostra identità, qualora lasciamo riassorbire per intero la nostra identità dal nostro ruolo, allora la relazione sociale diventa una relazione di ruoli, dove il nostro io non è più rintracciabile non solo dagli altri, ma neppure da noi stessi. È questa l'alienazione a cui ci ha portato l'età della tecnica e dell'economia globalizzata. Un'alienazione ben più radicale di quella che Marx aveva opportunamente segnalato, ma circoscritto alla condizione del proletariato.”

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