Da “Diciamo
No a tutta questa democrazia d’investitura” del regista Mimmo Calopresti,
su “il Fatto Quotidiano” del 13 di Giugno 2016: In tutto questo mio muovermi,
affaccendarmi alla ricerca di qualcosa che abbia senso raccontare, mi accorgo
che scompare sempre di più qualcosa intorno a noi senza che noi quasi ce ne
accorgiamo. I negozietti sotto casa, il senso di appartenenza, le classi
sociali e il ceto medio, le periferie perdono visibilità, il lavoro perde
centralità, perché non c’è; i pensionati, perché in pensione non si andrà più e
scompaiono i servizi sociali, scompaiono i bambini in un paese senza nascite,
la ricerca e le università soffrono e così scompaiono gli studenti. Sento dire
da tempo che abbiamo la montagna del debito che ci soffoca e allora non abbiamo
soldi e posto per tutti nella società, si fanno sparire i problemi si pongono
obbiettivi sempre più lontani, la crescita diventa una priorità allora bisogna
far fuori tutti quelli che pongono problemi e sono un costo: il capo e suoi
amici devono lavorare. Mi sembra che si stia esagerando, non son importanti i
risultati elettorali qualunque essi siano ci dicono, non si capisce perché. È
imporre la riforma elettorale che è importante, l’Europa ci guarda e voi
professoroni, siete vecchi e noiosi. Ritiratevi. E i sindacati che la smettano
di porre problemi. È impossibile andare avanti così. Noi vogliamo cominciare a
dire no a questo potere politico sovrumano, che non vuole neanche che ci sforziamo
di votarlo, si è imposto e dobbiamo solo assentire. Dobbiamo cominciare a
resistere come fecero un pugno di ribelli nell’Italia fascista: decisero contro
tutti, anche contro la maggioranza, che avrebbero detto basta a quel baraccone
che Mussolini aveva messo in piedi. E così che siamo arrivati a quella che
viene definita la Costituzione più bella al mondo. Mi sono fermato a riflettere
su questo imperituro bisogno per il Paese di fare il più in fretta possibile la
riforma costituzionale e poi una legge elettorale che permetta a qualcuno di
andare alle elezioni con una legge che consentirà a un premier di avere la
possibilità di governare senza troppe scocciature e impedimenti. NO. Mi sono
informato e ho deciso che al referendum costituzionale voterò NO, e in questi
mesi d’impegnarmi per riuscire ad arrivare alle famose urne per vincere. Far
vincere le ragioni del No. Non mi piace in nessuna parte. A essere radicali
sarebbe stato meglio abolirlo il Senato e invece no si continua nella direzione
dei nominati, non degli eletti, si va avanti per controllo di gruppi di persone
nella logica del capo bastone, e così come si fa’ ormai nella politica italiana
dove si elegge poco e si nomina molto. Si promette molto e si mantiene poco. Ci
si sovraespone per coprire il vuoto. Il NO è un atto di resistenza.
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".
martedì 18 ottobre 2016
venerdì 14 ottobre 2016
Paginatre. 53 “Eco, gli imbecilli e la stampa responsabile”.
Da “Gli
imbecilli e la stampa responsabile” (2015) di Umberto Eco, riportato in “Pape
Satàn Aleppe” – “La nuova nave di Teseo” editrice (2016); pagg. 469; € 20,00 - alle
pagine 467-469: Mi sono molto divertito con la storia degli imbecilli del web. Per chi
non l’ha seguita, è apparso on line e su alcuni giornali che nel corso di una
cosiddetta “lectio magistralis” a Torino avrei detto che il web è pieno di
imbecilli. È falso. La “lectio” era su tutt’altro argomento, ma questo ci dice
come tra giornali e web le notizie circolino e si deformino. La faccenda degli
imbecilli è venuta fuori in una conferenza stampa successiva nel corso della
quale, rispondendo a non so più quale domanda, avevo fatto un’osservazione di
puro buon senso. Ammettendo che su sette miliardi di abitanti del pianeta ci
sia una dose inevitabile di imbecilli, moltissimi di costoro una volta
comunicavano le loro farneticazioni agli intimi o agli amici del bar - e così
le loro opinioni rimanevano limitate a una cerchia ristretta. Ora una
consistente quantità di queste persone ha la possibilità di esprimere le
proprie opinioni sui social networks. Pertanto queste opinioni raggiungono udienze
altissime, e si confondono con tante altre espresse da persone ragionevoli. Si
noti che nella mia nozione di imbecille non c’erano connotazioni razzistiche.
Nessuno è imbecille di professione (tranne eccezioni) ma una persona che è un
ottimo droghiere, un ottimo chirurgo, un ottimo impiegato di banca può, su
argomenti su cui non è competente, o su cui non ha ragionato abbastanza, dire
delle stupidaggini. Anche perché le reazioni sul web sono fatte a caldo, senza
che si abbia avuto il tempo di riflettere. È giusto che la rete permetta di
esprimersi anche a chi non dice cose sensate, però l’eccesso di sciocchezze
intasa le linee. E alcune scomposte reazioni che ho poi visto in rete
confermano la mia ragionevolissima tesi. Addirittura, qualcuno aveva riportato
che secondo me in rete hanno la stessa evidenza le opinioni di uno sciocco e
quelle di un premio Nobel, e subito si è diffusa viralmente una inutile
discussione sul fatto che io avessi preso o no il premio Nobel. Senza che
nessuno andasse a consultare Wikipedia. Questo per dire come si è inclini a
parlare a vanvera.
giovedì 13 ottobre 2016
Paginatre. 52 “Dario Fo e il dialogo del Nazareno”.
Da “Il
dialogo del Nazareno tra Ruby, Gelli e il lifting” di Dario Fo, su “il
Fatto Quotidiano” del 17 di luglio dell’anno 2014: (…). “Mi piacciono questi spazi
francescani. Con un papa che ama la modestia e la povertà dobbiamo porci al suo
livello. Come si chiama questo sito?”.
“Nazareno”.
“Ohi! Come dire un termine che viene da
Nazareth, dove è nato Gesù Cristo in una stalla, col bue e l’asinello”.
“Sì, è lui”.
“Beh, non mi sembra il luogo più adatto per
questo nostro incontro”.
“E perché?”.
“Venirci a incontrare col progetto di fare
un beverone fra un condannato alla galera e il segretario del partito dei
lavoratori…”.
“Una volta era dei lavoratori, adesso siamo
l’espressione di tutta una nazione”.
“Tutta la nazione? Compresi i diseredati e i
sei milioni di poveri ridotti al lastrico?”.
“Sì, ci sono anche quelli, ma non danno
fastidio”.
“Come gli evasori fiscali, del resto”.
“Eh sì, anche loro stanno tranquilli e seren”i.
“Vorrei vedere, gli lasciamo combinare ogni
porcata finanziaria gratis…”.
“Per loro l’Italia è il più grande paradiso
fiscale del mondo”.
“Ah, ah! Buona questa! Ma per favore evita
di dire battute del genere, lo sai, sono un plastificato… Un altro di questi
sghignazzi e la faccia mi va in pezzi, ohohoh! Com’è divertente la politica!”.
“Eh sì che è divertente!”.
“Ma lavoriamo anche, mettiamo giù il nostro
accordo. Senti Matteo, preferisci…”.
“No, no per carità non chiamiamoci per nome,
qui ci sono orecchi sensori in ogni luogo…”.
“Allora tu hai l’intenzione che si prepari
un documento… insomma un accordo segreto?”.
“Certo, segreto e conosciuto solo da noi
due”.
“E gli altri, soprattutto l’apparato e la
base dei nostri partiti, non devono sapere nulla?”.
“Sapranno quello che noi decidiamo di far
loro conoscere”.
“Bell’idea, ma da chi l’hai copiata?”.
“Da un grande saggio della nostra storia più
recente”.
“E naturalmente saranno tutti discorsi e
progetti che avremo l’accortezza di aggiustare di volta in volta”.
“Bravo, sei proprio il partner che cercavo”.
“Anche tu (…).”.
“Ma perché un’operazione del genere rimanga
sconosciuta bisogna far contratti e accordi, senza mai lasciare nulla di
scritto o stampato”.
“Certo, guai a stilare progetti che si
possono riprodurre e pubblicare. E ti dirò, parliamo sottovoce e usando termini
se possibile contraffatti. Tu lo sai, io ho l’ossessione delle intercettazioni,
mi hanno rovinato la vita”.
“Eh, beh, devo dire che spesso parli troppo,
amico mio… Anzi, straparli”.
“No! Non farmi ridere, te l’ho detto! Ecco,
mi si è staccato mezzo orecchio”.
“L’orecchio? Come mai?”.
“Eh, sì, per tirarmi su la pelle prima
bisogna staccarmi l’orecchio, poi si rincolla”.
“Ahahah! Questa poi non la sapevo! Beh,
cerchiamo di memorizzare tutto quello che andremo dicendo. Ascolta. Prima cosa,
una delle riforme più urgenti da realizzare è rendere impraticabili gli
strumenti di partecipazione politica”.
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