"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 29 novembre 2015

Oltrelenews. 71 “È più pericoloso il clima o un incidente stradale?”.



Da “È più pericoloso il clima o un incidente stradale?” di Anthony  Giddens, su “il Fatto Quotidiano” del 25 di giugno 2015: (…). Abbiamo compreso più a fondo i fattori che provocano il riscaldamento globale e le probabili conseguenze di quest’ultimo. Gli ultimi studi della Nasa, l’agenzia spaziale americana, che monitorano il livello di biossido di carbonio e di altri gas serra nell’atmosfera, dimostrano che il 2014 è stato l’anno più caldo a livello globale dal 1880, quando ebbero inizio le misurazioni. A parte il 1998, i dieci anni più caldi finora documentati si sono registrati tutti dal 2000 in poi. Con ogni probabilità il riscaldamento globale provocherà un numero crescente di eventi atmosferici estremi in tutto il mondo, tra cui il peggioramento della siccità in alcune zone e inondazioni e tempeste in altre. Gli scettici del cambiamento climatico (quelli che dubitano persino che il fenomeno sia in atto o che reputano minime le sue conseguenze) credono che la Terra sia resistente e inattaccabile. Niente di ciò che possono fare gli esseri umani è in grado di influenzarla più di tanto. Gli ambientalisti tendono a considerare gli ecosistemi terrestri intrinsecamente fragili e ritengono che le attività umane li danneggino. Tuttavia, in merito a ciò che stiamo facendo alla Terra esiste una terza ipotesi, ancora più allarmante, sostenuta da alcuni scienziati, secondo i quali la natura è come un animale selvaggio. Noi esseri umani continuiamo a pungolarlo con il bastone e il risultato è che alla fine reagirà in modo violento. Eppure sembra che la maggioranza dei cittadini si preoccupi dei pericoli legati al cambiamento climatico meno di quanto facesse qualche anno fa. Come mai?

sabato 28 novembre 2015

Sfogliature. 48 “L’Italia vincente che non ci piace”.



Il sabato 6 di giugno dell’anno 2009 compariva su questo blog – per la sezione “Zeitgeist” - il post n° 49 che portava per titolo “L’Italia vincente che non ci piace”. Queste incursioni ripetute nel passato mirano a vivificare una “memoria” che gli accadimenti degli anni successivi sembra abbiano ammorbato nel senso di una corruzione del pensiero che miri a svuotare di ogni significato le parole ed i termini e le realtà sociali per come si sono andate configurando nei processi storici, realtà che storicamente sono state sempre contrapposte ma dalle quali, svuotandone pensieri ed idealità, si prefigge il traguardo di pervenire alla creazione di una “melassa sociale” che dall’indistinto ideologico tragga il suo essere. In quegli anni il processo di ammorbamento della dialettica sociale muoveva speditamente i suoi passi stante il fatto che il quadro politico offriva scenari di governo di una destra al tempo vincente. E sin da quel tempo il tentativo di dare corso ad un indistinto trovava in quello specifico schieramento politico la fonte ispiratrice e la necessaria forte spinta affinché il processo intrapreso avesse rapido sbocco ed un buon fine. Trascorso un lustro e più da quei giorni ci si ritrova in un condizione politica – partiticamente parlando – che dovrebbe essere all’antitesi rispetto a quel tempo, per ritrovarsi invece con gli attuali protagonisti della politica che, pur professando una diversa matrice storica ed ideologica, realizzano in pieno quel progetto di snaturamento sociale. Poiché nel progetto politico in corso si ha la sensazione che l’obiettivo primo sia il superamento delle contrapposizioni storiche che inevitabilmente la dialettica sociale concorre a stabilire. Risulta essere pertanto salutare questa nuova incursione nella “memoria” con la rilettura di un Autore autorevole quale è il linguista e sociologo Raffaele Simone. Ri-sfogliamo quel post del 6 di giugno dell’anno 2009:

venerdì 27 novembre 2015

Sfogliature. 47 “Il fantasma necessario del disfattismo”.



Tenevo su questo blog una rubrichetta di poco conto che aveva per titolo “Zeitgeist”, ovvero “lo spirito del tempo”. Al lunedì 15 di giugno dell’anno 2009 registravo il numero cinquantesimo della predetta rubrichetta col titolo “Del  disfattismo e dintorni”. Ora si sa bene che col termine “disfattista” si compie un salto indietro di lustri e lustri, all’altro secolo, quando per la patria in armi l’“aratro solca la terra e la spada la difende”. Ovvero quando soleva dirsi “credere, combattere ed obbedire”, ovvero “taci, il nemico ti ascolta” ed altre ancora simili facezie ed amenità. Sarebbe pertanto una grossissima forzatura rinverdire quel termine tanto caro a quel sinistro tempo andato, quando si soleva bollare con quel termine il dissenziente di turno, il “trinariciuto” che “ipso facto” diveniva il nemico da abbattere. Oggigiorno la retorica si è affinata tirando in ballo “gufi” e “rosiconi” come temibili nemici della patria non più in armi. È l’assenza di una figura politica credibile lo scotto da pagare, ovvero l’assenza di quelli che un tempo venivano definiti i “capi” e per i quali Marco Travaglio ne ha tratteggiato il profilo nel Suo editoriale di ieri 26 di novembre – “AAA leader cercasi” – su “il Fatto Quotidiano”: