Da “Il wrestling del talk show” di Curzio Maltese, sul quotidiano la
Repubblica del 13 di settembre dell’anno 2013: Poche cose come i talk show hanno
contribuito in questi anni ad arricchire gli impresari televisivi e a far
crollare a zero la stima nei politici. In qualche caso, com'è noto, si tratta
delle stesse persone. Da anni non riesco, come molti italiani, a vedere per
intero uno di questi incontri di lotta greco-romana verbale, chiaramente
studiati per non far capire nulla. (…). In genere si tratta di una lunga rissa
a colpi di «vaffa» e insulti assortiti, spesso a sfondo sessuale, scambiati fra
parlamentari e ministri, per quanto compagni di governo, o firme del
giornalismo, sotto lo sguardo felice del conduttore di turno. Per quanto
improbabile, è possibile che nelle tre ore di trasmissione gli illustri ospiti
in studio abbiano detto anche cose intelligenti. (…). Perché si va avanti con
questo livello infame di dibattito pubblico, sconosciuto nel resto del mondo
civile e democratico? Perché comunque in Italia lo spettacolo piace. Non più
come prima, ma abbastanza per giustificarne la replica infinita. Per quanto se
ne riesce a capire, pochissimo, la faccenda funziona come un fenomeno tv di
qualche tempo fa, il wrestling. Compagnie itineranti organizzano incontri di
lotta truccati, in apparenza truci e sanguinari, dove alla fine però nessuno si
fa male davvero e tutti sono d'accordo. I nemici che si sono scannati fino a
dover ricorrere all'autoambulanza, si ritrovano la sera dopo in un'altra
piazza, un altro ring, a ripetere il combattimento mortale. Ecco, la
telepolitica all' italiana è la risposta del nostro paese al wrestling
americano. Senza offesa, s'intende. Soprattutto per gli appassionati di wrestling,
dove negli ultimi anni si sono applicati severissimi controlli anti doping per
debellare il fenomeno degli atleti drogati. Una misura che nei nostri talk
show, visibilmente, non è applicata. (…). Oggi sul ring tele politico vanno di
moda altri campioni, sempre con soprannomi e atteggiamenti da guerrieri molto
kitsch. Per esempio, Daniela Santanchè, detta la Pitonessa. È capace di insultare
l'avversario per mezz'ora di fila, senza prendere fiato. Il bello è che la
vittima torna a sfidarla la sera successiva, tanto è un gioco. Anche nel caso
del wrestling politico, la platea si divide a metà. Da una parte, i tifosi
ingenui, i Mark, che prendono per vero tutto ciò che accade, le botte, gli
insulti e il resto. Dall'altra vi sono gli spettatori più avveduti, gli Smart,
consapevoli dell'inganno, ma divertiti dalla pagliacciata. Esiste poi una
piccola minoranza che considera lo spettacolo semplicemente indecente. Ma la
dignità non è più un valore e in ogni caso non ha mai fatto audience.
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".
martedì 6 ottobre 2015
lunedì 5 ottobre 2015
Uominiedio. 19 “Alla ricerca di un dio che sia”.
Ha scritto il professor Umberto Galimberti sul
settimanale “D” del 10 di gennaio 2015 “Di
cosa parliamo quando parliamo di Dio”, che di seguito propongo. Un tema
arduo, un’impresa improba. Non certo per l’illustre Autore avvezzo a sì
scottanti argomenti dell’esistenza umana. Io la prendo alla larga. E racconto
una storiella sentita – come altre - da G. B. È bene immaginarne lo scenario.
La collocazione più rispondente sarebbe di un giardino pubblico all’interno del
quale si aggirano i protagonisti della storiella. Li indicherò, per obiettiva
convenienza ed opportunità, come l’“uomouno” e l’“uomodue”. “Uomouno” si è
appena sollevato dalla panchina sulla quale ha provato, stravaccato, a dare uno
sguardo fuggevole al suo quotidiano sportivo consueto. Sollevatosi stancamente
dalla panchina si avvia con passo tardo per gli stretti sentieri del giardino
pubblico. Nell’incedere suo, quasi indolente, scorge in lontananza “uomodue”,
amico carissimo da tanto tempo non più incontrato. Lo attira il gesticolare di
“uomodue” che, avanzando per lo stesso stretto sentiero, agita forsennatamente
in alto ambedue gli arti superiori. Giunti “uomouno” ed “uomodue” ad una più
ravvicinata distanza, “uomouno” s’avvede come “uomodue” descriva per l’aere
circostante archi divergenti di circonferenze con ambedue gli arti superiori
puntando entrambi gli indici in alto come ad indicare un qualcosa, un cielo,
solamente a lui resisi visibili. “Uomouno” è preso da un ragionevole
sbigottimento. Quell’agitarsi di braccia per l’aere mette “uomouno” in una inevitabile, vivissima
agitazione. Vie d’uscite da quella imbarazzante situazione non si intravedono.
Come suol dirsi, “il dado è tratto”. Giunti “uomouno” ed “uomodue” ad un tiro
di voce il primo non trova di meglio che esordire con un - Come va? -.
“Uomodue”: -Va! -, con l’incessante agitarsi degli arti inferiori e gli
immancabili indici puntati verso il cielo terso. - Va come – riesce a proferire
“uomouno”. E fu a questo punto che da “uomodue” proruppe un inarrestabile profluvio di parole e parole sulle sue
personali e familiari disavventure. Un’atrocità. Da lasciare “uomouno”, come
suol dirsi, senza parole. Accennò solamente “uomouno”: - E con la salute? -.
“Uomodue”: - Va! -. “Uomouno”: - Mi pareva che…Mi pare che tu sia un tantino
inquieto -. “Uomodue”: - Ti sembro agitato? -. “Uomouno”: - Non saprei… -.
L’imbarazzo di “uomouno” era divenuto traboccante. “Uomodue”: - Per via che
agito per l’aere le braccia? -. “Uomouno”, con immenso imbarazzo: - Non saprei…
-. “Uomodue”: - È che cerco dio -. – Bene – fa “uomouno” rinfrancato. – È una
buona cosa cercare dio. Ma perché lo fai con quel tuo agitare le braccia? -. Ed
“uomodue”: - È vero o non è vero che dio sta in ogni luogo, in cielo in terra?
Ecco, se questo è vero un giorno mi riuscirà sicuramente di infilargli un dito
in quell’occhio che tutto vede e che non ha visto le mie sventure, per
accecarlo -. Fine della storiella. Ecco, “uomodue” aveva un ben distinta idea e
raffigurazione di quel dio dal quale si sentiva ingiustamente abbandonato e
lasciato solo al suo misero destino. Un “occhio” solo a rappresentare uno dei
misteri più insondabili ed indecifrabili dell’essenza umana. Per l’ostico argomento
“alla ricerca di un dio” ne ha scritto per l’appunto, forte della Sua scienza,
il professor Galimberti:
venerdì 2 ottobre 2015
Oltrelenews. 63 “Migranti economici”.

Iscriviti a:
Post (Atom)