Ho felicemente incontrato il “compagno” Giovanni
Torres La Torre – artista e poeta - nella biblioteca comunale di Capo d’Orlando
ai piedi dei Nebrodi boscosi l’11 di aprile ultimo scorso, in occasione della
presentazione della Sua ultima fatica letteraria “Luna visionaria” – “Prova d’Autore” editore (2015) -. Cadeva
quella presentazione nella cosiddetta “Giornata della Poesia”. Quale
migliore occasione per re-incontrarlo ed ascoltare dalla Sua voce i Suoi versi “baciati”,
come non mai, da una carica emotiva, da una commozione sempre più forte, sempre
più intensa. E nel corso della magnifica serata in quella sala gremita si sono
susseguiti, da parte degli oratori intervenuti, i riconoscimenti alla Sua
generosità ed a quell’impegno umano, civile e sociale che permeano tutta la Sua
attività di uomo e di artista. Un riconoscimento ed un richiamo che sono stati unanimi,
a quella generosità espressa anche nella e dalla Sua creatività pittorica e
letteraria. È che per una forma insospettata di “gelosia” d’appartenenza o
meglio di una improvvisa emotiva “avarizia” - come a volerne per
sempre serbare il magnifico ricordo -, “gelosia” d’appartenenza ed emotiva “avarizia”
che oggi mi sento di riconoscere chiaramente e lealmente, è potuto
accadere che in quella occasione non mi sia unito al coro dei laudatori per
tenermi come serbato un particolare “cameo” di quella Sua grandissima umana
generosità, “cameo” che segna in forme profondissime il vissuto del “compagno”
Giovanni Torres La Torre. Un “cameo” che sta tutto a testimoniare
di una Sua generosità che si è saputa esprimere anche oltre la Sua attività
d’artista e di poeta. È quasi a volermi liberare da quella innocente, insospettata
forma di emotiva “avarizia” e da quella ingiustificata “gelosia” d’appartenenza che
scrivo oggi di quando Giovanni, parlandomi tanto tempo addietro della Sua
giovinezza in quel di San Piero Patti, ebbe a ricordare, lui ancora giovanetto,
il soccorso Suo agli analfabeti lavoratori edili di quel siculo borgo, ansiosi
di riscattarsi dalla propria condizione umana e lavorativa, all’indomani del
secondo conflitto mondiale, offrendo loro la Sua opera di lettore del
quotidiano l’Unità in cambio di una sigaretta, prova iniziatica per un’adolescente
di allora. La generosità di Giovanni conosciuta in quello episodio della Sua
vita giovanile è tornata a farsi da me riconoscere in questi giorni di maggio che
mi hanno regalato un Suo nuovo “cameo”. Un “cameo” nuovo ed
inaspettato, ovvero la Sua stupenda nuova lirica che ha dedicato ai tanti
tantissimi “morti del Mediterraneo”
e che ha per titolo “Tremenda e
inutile pietà”:
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".
venerdì 8 maggio 2015
giovedì 7 maggio 2015
Cronachebarbare. 34 “Il 1° di maggio a Milano”.
Da un po’ di giorni svetta al
primo post tra i post più popolari di questo blog quello che ha per titolo “Corruzione/prescrizione”.
Bene. Ma mi sono convinto che continuare a parlare di “corruzione”
sia divenuto un puro esercizio letterario, un non senso insomma. Poiché quel parlare
– inutile - di “corruzione” non ha smosso e non smuove di un millimetro l’elefantiaco
molle corpo sociale del bel paese. Ha avuto, quel molle corpo sociale, un
miserevole sussulto all’indomani dei fatti del 1° di maggio a Milano. Per spegnersi
subito appena voltata pagina. Perché miserevole sussulto? Poiché da esso non c’è
da attendersi un benché minimo recupero di quello spirito di solidarietà
cittadina inabissatosi al tempo del liberismo più sfrenato. È sembrato quasi che,
con quel fremito appena accennato di quel molliccio corpo sociale, si sarebbe venuto
a riscoprire, come d’incanto rinvigorito, quello spirito cittadino in verità
morto da un pezzo. Spirito cittadino morto e sepolto proprio in quella città
nella quale la spaventevole presenza della povertà da un lato – contro l’esagerata
ricchezza dall’altro - dovrebbe fare da pressante richiamo a quella solidarietà
che la vita cittadina, compiutamente articolata e vissuta, dovrebbe diffondere
a piene mani. Solidarietà, che non ho riscontrato e che ho cercato e non ho visto
in un mio recente soggiorno meneghino. Ne ho scritto su questo blog il 21 di
novembre ultimo scorso nel post che ha per titolo “Un 14 di novembre a Milano”.
Sarebbe da rileggere. Perché scrivo di tutto ciò? La risposta è semplice: il
nostro resta un paese senza memoria. E l’inatteso dell’oggi sembra essere
spuntato da chissà dove, quasi per magia. Ma di nuovo non c’è nulla. È tutto
antico, vecchio, incartapecorito.
lunedì 4 maggio 2015
Oltrelenews. 39 “Black bloc”.
Da “Da
grande voglio fare il black bloc” di Marco Travaglio, su “il Fatto
Quotidiano” del 3 di maggio 2015: (…). Scusate, ma che altro han mai fatto i
servizi segreti italiani dagli anni 60 a oggi se non infiltrare i gruppi
antigovernativi di destra e di sinistra? Nel 1969 sapevano che i fascisti
avrebbero piazzato la bomba in piazza Fontana, e gliela lasciarono piazzare.
Nel 1978 sapevano che le Br avrebbero rapito Moro, e glielo lasciarono rapire.
Nel 2001 sapevano che avremmo distrutto Genova, e ce la lasciarono distruggere.
È una tecnica vecchia come l’Italia: si chiama “destabilizzare per
stabilizzare”. E funziona ancora: dopo 50 anni, la “pista anarchica è un
evergreen. L’altroieri lo sapevano benissimo che avremmo fatto quei danni a
Milano, e ce li hanno lasciati fare.
Non parlo dei poveri e ignari poliziotti da strada, mandati allo
sbaraglio con l’ordine di non caricare (…). Parlo di chi, dietro e sopra di
loro, sapeva da mesi del nostro arrivo, e l’ha pure fatto scrivere dai giornali
e dire dai tg per fare bella figura, poi ci ha spianato la strada come sempre.
Con la differenza che con Berlusconi l’ordine era di menare qualcuno
purchessia, a caso (esclusi noi, ci mancherebbe). Ora invece, dopo la sentenza
di Strasburgo sulle torture alla Diaz, la consegna è non menare più nessuno:
prenderle e basta. Così poi le vostre solite teste di Twitter possono dare la
colpa a Fedez (un rapper mandante nostro? Uahahahahah). E quel genio di Alfano
può dire che “abbiamo evitato il peggio”. Ma come si permette di svilire così
il nostro onesto lavoro? Che si aspettava, i bombardamenti di Dresda? Comunque,
messaggio recepito: al prossimo grande evento, faremo meglio.
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