“Politica&Avanspettacolo”. 2 “Lasciamo solo il politico che insulta”, testo di Massimo Giannini: Si narra che Napoleone avesse una solida convinzione, straordinariamente moderna per i suoi tempi: c’è da avere più paura di tre giornali che di mille baionette. È stato vero, per più di due secoli. Nel Belpaese l’atteggiamento del potere politico nei confronti dei giornalisti è schizofrenico. Per D’Alema eravamo “iene dattilografe”. Per Grillo “schiavi vergognosi”. Oggi i tronfi patrioti al comando si dividono in due schiere. Da una parte, quelli che scappano, canzonando: non vi legge e non vi guarda più nessuno, non contate niente e siete solo schiavi o falliti. Qui ci metterei senz’altro Meloni detta Giorgia, che disdegna per mesi le conferenze stampa, irride pubblicamente editori e testate, sfotte spettatori e conduttori de La7 con video-spot elettorali e surreali nei quali il suo popolo vince e i soliti sparuti “salotti radical chic” perdono. Dall’altra parte, quelli che scappano, insultando. E qui la lista degli orrori è piuttosto lunga. Cito solo i casi più recenti e più indecenti. C’è l’immancabile presidente del Senato La Russa, che dà sempre il buon esempio: seguito da un povero cronista che fa solo il suo lavoro, sbotta urlando «e mo’ basta, hai finito di rompere i coglioni?». C’è l’ineffabile ministro-cognato dell’Agricoltura Lollobrigida, che non se ne perde una per fare figure barbine: a un onesto cronista che gli chiede conto delle dimissioni del suo simpatico portavoce, amico del boss della mala Diabolik e dei terroristi Nar Ciavardini e Concutelli, l’autorevole cognato replica «che vuoi, cerchi lavoro?». C’è l’impresentabile onorevole leghista Angelucci, uno che alla Camera non si fa vedere da anni: a un ingenuo cronista che gli domanda delle sue assenze risponde «ma vattene affanculo, fatti i cazzi tuoi, andate a lavorare». C’è l’inaffondabile ex sottosegretario Sgarbi, che al bravo cronista di Report che gli chiede conto della “scomparsa” del famoso quadro del Seicento, vomita addosso un forbito «la sua trasmissione mi fa cagare, e se lei muore in un incidente stradale sono contento» (però almeno gli dà del lei, sono soddisfazioni). E potrei continuare. Ricordando tutte le volte che i cronisti di un singolo giornale sono stati presi di petto, a male parole, persino nei briefing a Palazzo Chigi. O anche i disagi ai quali sono stati sottoposti all’ultimo G7, buttati in mezzo ai tratturi e agli uliveti lontani dalla zona rossa costruita intorno a Borgo Egnazia, il resort a cinque stelle extra lusso riservato ai Grandi della Terra. Io qui avrei una proposta: ogni volta che un politico di qualunque partito e con qualunque incarico manca di rispetto a un giornalista, tutti gli altri colleghi, in blocco, spengono i microfoni, chiudono i taccuini e se ne vanno. Lasciando il presunto potente solo con la sua miseria morale e culturale. Non è difesa corporativa, ma salute pubblica. Napoleone ne diceva un’altra: «I partiti si indeboliscono per la paura che hanno delle persone abili». Noi scribacchini lo saremo mai?
“Politica&Avanspettacolo”. 3 “Definirsi fascisti”, testo di Diego Bianchi: «Per me è più un gestaccio cantare Bella ciao in aula, perché richiama il comunismo e il comunismo ha fatto dei morti ed esiste ancora, anche in quest'aula», risponde rientrando in Parlamento Crippa, vicesegretario della Lega nonché ex giovane virgulto salviniano del quale online, fino a pochi giorni fa, si trovavano soprattutto video dove dichiarava lo Stato italiano (quindi quell'aula) il nemico principale dei giovani padani (frase pronunciata generalmente sul pratone di Pontida, dove la Lega ha appena perso le elezioni comunali). L'obbrobrio su Bella Ciao arriva nel day after dell'aggressione avvenuta in aula durante la discussione sull'autonomia differenziata, laddove un manipolo di deputati della maggioranza si era scagliato contro il 5 stelle Donno, reo di provocare il ministro Calderoli con una bandiera italiana. In quel momento le cronache della giornata avevano già consegnato ai posteri la protesta dell'opposizione che cantava l'inno di Mameli brandendo tricolori per poi virare l'inno in Bella Ciao. In quel mentre un altro leghista, non padano ma calabrese, tal Furgiuele, sfidava le opposizioni incrociando le braccia a X come un Vannacci qualunque (per poi coraggiosamente affermare di aver fatto il gesto di X Factor). Cronaca, immagini e ridicole sanzioni fanno già parte della nostra sempre più labile memoria, ormai talmente sovraccarica di idiozie ed episodi indegni da non riuscire più ad archiviare tutto con il rigore e la severità che richiederebbero fatti e parole. Del resto, accusare di fascismo fascisti che non avendo il coraggio di dirsi tali pretendono di intavolare revisioni storiche ogni giorno, ritengo sia pratica abbastanza inutile. Valga per tutti come esempio il dibattito rinfocolato sui meriti della X Mas prima del '43, utili a bilanciare se non cancellare le nefandezze perpetrate dopo il '43. Dibattito totalmente fuorviante e dannoso quando dovremmo chiederci perché Vannacci e simili sentano ogni giorno la necessità di lanciare ami degni di un souvenir di Predappio a un bivacco di manipoli cui non par vero di poter tornare a dire oscenità quando non addirittura a menare le mani. Del resto, abbiamo un ministro della Cultura che quando il portavoce di Lollobrigida, Signorelli, viene accusato di contiguità alla criminalità romana, risponde evocando i khmer rossi. Facile arguire che per ora provare ad avere un dialogo è totalmente inutile. Almeno finché, nel condividere le basi, permarrà in buona parte di chi governa la subdola vigliaccheria di non definirsi per quel che si è.
N.d.r. I testi sopra riportati sono stati pubblicati sulla stessa edizione del settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 21 di giugno dell’anno 2024.
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