"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 25 giugno 2025

Lastoriasiamonoi. 70 Jozef Rotblat: «Come esseri umani ad altri esseri umani: ricordate la vostra umanità e dimenticatevi del resto».


“I più cupi scenari apocalittici si materializzano”, testo di Loredana Lipperini pubblicato sul settimanale “L’Espresso” del 20 di giugno 2025: Jozef  Rotblat,  fisico  polacco,  fu  l'unico  membro  del  Progetto  Manhattan  ad  abbandonarlo  perché  contrastava  con  la sua etica e, dopo Hiroshima, partecipò alla redazione del Manifesto Russell-Einstein in favore del disarmo nucleare. A leggerlo oggi, settant'anni dopo, quel Manifesto continua a essere lucido e giusto: invitava a pensare in una nuova maniera, invitava a chiedersi «non che mosse intraprendere per offrire la vittoria militare al proprio gruppo preferito» ma «che passi fare per prevenire uno scontro militare il cui risultato sarà inevitabilmente disastroso per entrambe le parti». Infine, lanciava un appello «come esseri umani ad altri esseri umani: ricordate la vostra umanità e dimenticatevi del resto» (questa frase, in particolare, era proprio di Rotblat). Provate a citarlo oggi, il Manifesto Russell-Einstein: da cinque anni a questa parte la parola "pacifista" è diventata una dimostrazione di pochezza cognitiva e sinonimo di ignoranza geopolitica. Questo, nel migliore dei casi: nel peggiore, sarete accusati di connivenza con Putin (in caso dell'invasione dell'Ucraina), di antisemitismo (in caso di costernazione per il genocidio di Gaza), o, come è avvenuto nei giorni scorsi, di essere concordi con gli ayatollah (e dunque di volere lo sterminio di donne e persone Lgbt) se mostrate anche un vago dissenso verso l'azione militare di Netanyahu nei confronti dell'Iran. La violenza degli attacchi non viene, peraltro, da navigatissimi troll della Rete, ma da fini intellettuali, donne e uomini, che non riescono a vedere che, come diceva il grande sociologo e matematico pacifista Johan Galtung, "There are alternatives", ci sono sempre alternative. Non è solo la Rete a essere tornata ai tempi in cui Zenone usava la dicotomia per contrastare il movimento: sembra che ogni sfumatura e ogni ragionamento scoppino come bolle di sapone in favore di uno schieramento che non conosce possibilità di distinguo. È possibile che questa sia una delle eredità velenose dei tempi del Covid, quando era impossibile riflettere sull'utilità del green pass senza venir relegati nelle lande del terrapiattismo. È possibile che Russell, Einstein e Rotblat e gli altri firmatari fossero troppo ottimisti sulla nostra capacità di ragionare e sentire da umani. Ed è possibile anche che molti intellettuali che invece ai distinguo credono non sappiano come comportarsi in quella che è anche una guerra di parole. Nel 1997, su questo giornale, Umberto Eco diceva: «Quando la casa brucia, l'intellettuale può solo cercare di comportarsi da persona normale e di buon senso, come tutti, ma se ritiene di avere una missione specifica si illude, e chi lo invoca è un isterico che ha dimenticato il numero telefonico dei pompieri». Antonio Tabucchi gli rispose che se i pompieri fossero stati quelli di Ray Bradbury in Fahrenheit 451 avremmo avuto un bel problema. E aggiunse: «Non è facile far luce, e del resto, come diceva Montale, ci si deve accontentare dell'esile fiammella di un fiammifero. Ma è già qualcosa. L'importante è tentare di accenderlo». (…).

L’asticelladelladignità”. 1 Letti tutti assieme, le dichiarazioni e i messaggi di Donald Trump sono più terrificanti dei suoi bombardieri. Non esiste logica leggibile, se non la vanteria come sola idea guida: io qui, io là, io su, io giù. Il resto è totalmente sconnesso non solamente dalla realtà, ma perfino dal se stesso di pochi minuti prima. Si va dal pacifismo immotivato al bellicismo forsennato, dalla minaccia ultimativa alla pacca affettuosa, si invoca Dio e si evoca la distruzione, si benedice e si maledice, si proclama la pace e si muove guerra, Paesi e Nazioni, spesso nominati alla rinfusa, come una comitiva di nomi non del tutto familiari, sono amici o nemici a seconda dell’ultima scrollata di cellulare. Niente, nessun concetto, nessun sentimento, nessun giudizio lega le cose tra di loro, cerca di spiegarle e di ordinarle, nessun disegno, nessun obiettivo sortisce dalle parole di Trump: se non la venerazione inesausta di sé stesso e l’idea delirante di un’America onnipotente e onnipresente, come un supereroe della Marvel: e tutto il resto è noia. Un pazzo, si direbbe, non fosse che questa pazzia è l’espressione ultima (speriamo non esiziale) della democrazia e del favore popolare. Trump non come nemico della democrazia, ma come sua espressione finale: ci si pensa raramente ma forse ci si sbaglia. L’ipotesi è che la democrazia, vecchia e sfinita, lo abbia scelto come esecutore della sua eutanasia. E quello che verrà dopo sarà tutta un’altra storia. (Tratto da “Eutanasia della democrazia” di Michele Serra pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di oggi, mercoledì 25 di giugno 2025).

L’asticelladelladignità”. 2 “Non in mio nome. Alzare l’asticella della dignità contro la loro barbarie” di Alessandro Robecchi pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di oggi: Dunque c’è un aggressore (due: Israele e Usa) e un aggredito (molti: Gaza, Cisgiordania, Libano, Iran). Poi c’è chi applaude gli aggressori, chi finge di balbettare dall’alto della sua insignificanza (gran parte dell’Europa), chi addirittura rivendica (il cancelliere tedesco Merz: “Israele sta facendo il lavoro sporco per noi”). L’aggressione comprende l’annientamento di un intero popolo (la soluzione finale dei palestinesi nel campo di sterminio di Gaza), la colonizzazione violenta dello stesso popolo in un’altra zona (la Cisgiordania), l’attacco a suon di bombe di un Paese non allineato, già seduto al tavolo delle trattative (l’Iran). Questa volta, niente false prove sventolate all’Onu (Colin Powell e il finto antrace, con l’Iraq), niente cretinate da piccolo uomo (Tony Blair che aveva trovato le prove “su internet”, sempre Iraq): solo la parola di un criminale (Netanyahu) e le bombe del suo socio (Trump). Insomma, l’Impero non ha più bisogno di scuse per annientare chi si oppone ai suoi disegni, lo fa e basta. In quasi due anni abbiamo visto alzarsi l’asticella ogni giorno. Israele ha distrutto 36 ospedali nella striscia di Gaza. Ha deliberatamente assassinato 60.000 civili (numero in ampio difetto), tra cui 20.000 bambini, colpiti con bombe incendiarie nelle loro tende di profughi o uccisi da cecchini con colpi singoli (testimonianze di molti medici internazionali in servizio a Gaza), ha usato e usa la fame e la sete come armi di guerra, ha bloccato la consegna di medicinali, ha mentito senza tregua. Ogni giorno si è alzata l’asticella della barbarie, il che significa che d’ora in poi chiunque farà tutte queste cose orribili potrà dire che sono già state fatte, che sono rimaste impunite, che sono state approvate da filosofi di complemento, pensatori, politici, intellettuali “liberali”, media compiacenti, e altri, impegnati a convincerci della superiorità morale di chi spara in testa ai bambini. Una tacca dell’asticella riguarda parole ormai vuote: gli aggressori possono vantarsi della qualifica di “democrazie”, e questo pare rendere accettabile ogni vilipendio all’umanità. Anche se poi, quando vai a vederle da vicino, queste democrazie, fanno un po’ ribrezzo, tra chi pratica l’apartheid, chi deporta gli immigrati, e chi dice che un genocidio è “un lavoro sporco” fatto “per noi”.  Un’altra tacca dell’asticella sono le spese militari: ancora si dibatte sulla folle cifra del 2 per cento del Pil e l’Impero chiede il 5. I governi sudditi annuiscono. Resta una domanda, a questo punto ineludibile. Che ne è invece della “nostra” asticella, del “nostro” limite al peggio? Della difesa della “nostra” – privata, intima – umanità? Intendo un limite invalicabile etico, morale, che ognuno di noi ha nel cuore e nella mente. La alzeremo anche noi? Ci adegueremo? Come resisteremo – noi uomini e donne perbene – al montare della barbarie? Come ci rapporteremo con chi la diffonde, la difende o la nega? Come potremo non considerare nemico chi permette tutto questo, fosse anche il vicino di casa, il corsivista paraculo, il giornalista che “non vuole rogne”, il distratto, l’indifferente? Come faremo, insomma, a non essere in guerra anche noi, contro chi permette tutto questo? Sarà una guerra lunga, infinita, faticosa. Politica, ma soprattutto umana. Non collaborare, non prestarsi, non credere alla propaganda, non avere rapporti col nemico. Non solo dire “Non in mio nome”, ma praticarlo tutti i giorni. Per una volta, alziamola noi, l’asticella, che sia quella della dignità.

Nessun commento:

Posta un commento