"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 28 febbraio 2019

Sullaprimaoggi. 65 «Nelle carceri italiane 90 mila detenuti (solo lo 0,3% sono colletti bianchi)».


Tratto da “Dal tramonto all’alba” di Marco Travaglio, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 28 di febbraio 2019: (…). I dati del ministero della Giustizia dicono che, di derubati che sparano ai ladri, solo 3 o 4 all’anno (in tutta Italia) vanno a processo: tutti gli altri vengono archiviati prima, in fase d’indagine, una volta appurato che stavano difendendo la propria vita o un bene proporzionato.

mercoledì 27 febbraio 2019

Memoriae. 07 «Ipocrisia clericale».


È notizia del giorno di quel cardinale australiano processato e condannato dallo Stato di quel lontano continente per le molestie di quell’alto prelato alle giovanissime anime a lui affidate dalla malasorte in cura. Appena qualche giorno addietro si è chiuso nel bel paese il summit vaticano sulla pedofilia, un dramma secolare che affligge non più di tanto la chiesa cattolica, “un non più di tanto” accreditato dalle conclusioni di quella “riunione” generalmente poco apprezzate al di fuori della cerchia di quel summit.

martedì 26 febbraio 2019

Sullaprimaoggi. 64 «Cara sinistra svegliati».


Tratto da “Cara sinistra svegliati, la Storia non è finita”, intervista di Federico Rampini a Francis Fukuyama - studioso e politologo americano ed autore del celebre "La fine della storia" - pubblicata sul settimanale Robinson del quotidiano la Repubblica del 24 di febbraio 2019: (…). Una delle tesi controverse (…) è che la sinistra “ha scelto di celebrare delle forme particolari d’identità, si è concentrata su gruppi sempre più piccoli e marginalizzati”, a scapito di un principio di adesione a un patrimonio di valori universali, a un’idea di cittadinanza che è il fondamento stesso della democrazia liberale. Per lei questa è un’evoluzione che viene da lontano e coincide con l’attenuarsi delle rivendicazioni economiche per le classi lavoratrici. Può approfondire cos’è accaduto alla sinistra? «Durante gli anni Novanta sia in America che in Europa la sinistra fece la pace col capitalismo, e così facendo si staccò dalle sue tradizioni precedenti. Al punto che, retrospettivamente, è difficile vedere la differenza tra un cancelliere socialdemocratico come Gerhard Schröder e una democristiana come Angela Merkel. La definizione delle ingiustizie, che nel XX secolo guardava soprattutto alle diseguaglianze economiche e sociali, si spostò. Un grande partito della sinistra europea come il Pci aveva una base tra i lavoratori bianchi. Nell’ultima generazione invece si è guardato soprattutto agli immigrati e alle minoranze etniche come le vittime di ingiustizie. Naturalmente queste categorie sono davvero vittime di ingiustizie. E tuttavia la sinistra parlando soprattutto a loro ha perso il contatto con le vecchie classi lavoratrici. Trump ha catturato consensi tra queste; almeno quanto basta per essere presidente degli Stati Uniti. Tanti operai che avevano perso il loro lavoro, che non vivono nelle città delle due coste, e si sentono vittime della globalizzazione, si sono sentiti ignorati dalle élite benestanti».
Questo schema si sta ripetendo nella controversia sul muro col Messico? Se Trump riesce a spingere una parte della sinistra su posizioni estreme — del tipo “quando si è poveri le leggi sull’immigrazione si possono violare” — finirà per mantenere il suo zoccolo duro di consenso?

lunedì 25 febbraio 2019

Terzapagina. 72 «Spesso il libro è più intelligente del suo autore».


Tratto da «Umberto Eco: "Così ho dato il nome alla rosa"», intervista di Antonio Gnoli ad Umberto Eco, pubblicata su “La Domenica di Repubblica” del 9 di luglio dell’anno 2006: (…). Che cosa non si sa ancora del "Nome della rosa"? "Tutti pensano che il romanzo sia stato scritto al computer, o con la macchina da scrivere, in realtà la prima stesura fu fatta a penna. Però ricordo di aver passato un anno intero senza scrivere un rigo. Leggevo, facevo disegni, diagrammi, inventavo un mondo. Ho disegnato centinaia di labirinti e piante di abbazie, basandomi su altri disegni, e su luoghi che visitavo".

domenica 24 febbraio 2019

Terzapagina. 71 «Umberto Eco e l'angolo retto».


Tratto da “Ecco l'angolo retto” di Umberto Eco, titolo della “bustina” pubblicata sul settimanale L’Espresso del 28 di aprile dell’anno 2005: Una stagionata credenza vuole che le cose si conoscano attraverso la loro definizione. In certi casi è vero, come per le formule chimiche, perché certamente il sapere che qualcosa è NaCl aiuta chi sa qualcosa di chimica a capire che deve essere un composto di cloro e sodio, e probabilmente - anche se la definizione non lo dice esplicitamente - a pensare che si tratti di sale. Ma tutto quello che del sale dovremmo sapere (che serve a conservare e insaporire i cibi, che fa alzare la pressione, che si ricava dal mare o dalle saline, e persino che nei tempi antichi era più caro e prezioso di oggi) la definizione chimica non ce lo dice.

sabato 23 febbraio 2019

Riletture. 66 «Il Bomba, il bugiardo sincero».


Ha proclamato ieri “il Bomba” in quel del Lingotto a Torino, nella sua sempiterna fumosità nel parlare: “Sono orgoglioso e fiero di essere il figlio di Tiziano Renzi e di Laura Bovoli. (…). Noi ci difendiamo nei processi, non abbiamo l’immunità, non siamo come quelli che si difendono dai processi. (…). Aspettiamo le sentenze, ma si giudica ciò che accade”.

venerdì 22 febbraio 2019

Riletture. 65 «Cosa vuol dire innamorarsi a ottant’anni».


Tratto da “Amarsi a ottant’anni è come a sedici”, intervista di Simonetta Fiori alla sociologa Aleksandra Kania, tardo amore - lei di 78 anni, lui di 85 anni - di Zygmunt Bauman (Poznań, 19 di novembre 1925 - Leeds, 9 di gennaio 2017) pubblicata sul quotidiano la Repubblica del 22 di febbraio dell’anno 2018: (…). Vi siete conosciuti nel 1954 a Varsavia, entrambi studenti di filosofia. Cosa la colpì del suo futuro marito? «Lo sguardo. Aveva occhi neri con la vivacità della fiamma, capaci di cogliere ogni cosa con straordinaria rapidità. Zygmunt sapeva ascoltare. Aveva solo 29 anni ma sembrava molto più maturo. Del nostro gruppo era il leader indiscusso, ma non tendeva mai a prevaricare. Non era nella sua indole».
Lei era la figlia di Boleslaw Bierut, detto anche “lo Stalin polacco”. Bauman l’ha aiutata a fare i conti con l’ingombrante figura paterna? «Parlarne con lui è stato per me molto importante. Entrambi siamo arrivati alla conclusione che era un uomo buono e onesto che in quelle determinate circostanze storiche si è ritrovato a fare del male. È il paradosso del comunismo: aspirare a salvare l’umanità per poi ottenere il risultato contrario».
Nel 1968 Bauman fu espulso dall’Università con l’accusa di istigare la rivolta degli studenti contro il regime comunista. «Nel nostro Dipartimento di filosofia e sociologia furono giorni terribili. Noi ci schierammo contro quella decisione, ma non fummo ascoltati. Anche io venni sospesa dai corsi. Zygmunt fu costretto a lasciare il paese in conseguenza della campagna antisemita».

giovedì 21 febbraio 2019

Uominiedio. 25 Quel Gesù idealista senza misura.


Ha lasciato scritto John Matshikiza - (Johannesburg, 26 di novembre 1954 - 15 di settembre 2008), attore, scrittore e regista, ha lasciato una serie di documentari intitolata “Africa salutes Mandela”. È stato un columnist del Mail & Guardian - in “Pescatori di uomini”: A quanto mi risulta dalle conversazioni con qualche amico e da informazioni di seconda o terza mano (non ho frequentato il catechismo), c'è un famoso brano della Bibbia in cui si racconta che un giorno Gesù s'imbatté in un gruppetto di poveri con abiti stracciati e barbe lunghe che vagavano con l'aria afflitta su una spiaggia del mar di Galilea.

mercoledì 20 febbraio 2019

Sullaprimaoggi. 63 Così gira il mondo: dalle 5stelle alle stalle.


Tratto da “Movimento 5Stalle” di Marco Travaglio, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 19 di febbraio 2019: (…). È bastato meno di un anno di governo perché il virus del berlusconismo infettasse un po’ tutto il mondo 5Stelle. E l’impietoso referto del contagio è facilmente rintracciabile nelle dichiarazioni dei senatori che già da giorni volevano a tutti i costi salvare Salvini e nei commenti sul Blog delle Stelle dei loro degni iscritti che li hanno seguiti anziché fermarli sulla strada dell’impunità. Dicono più o meno tutti la stessa cosa: siccome ora governiamo noi e la Lega, decidiamo noi chi va processato e chi no, alla faccia dei giudici politicizzati che vorrebbero giudicare le nostre scelte unanimi per rovesciare il governo. Questo, in fondo, era il messaggio in bottiglia mal nascosto nella decisione di affidare agli iscritti una scelta che avrebbero dovuto assumere, senza esitazione alcuna, il capo politico Di Maio e il suo staff. Una scelta naturale, quasi scontata, quella dell’autorizzazione a procedere, che era stata annunciata fin da subito, quando arrivò in Parlamento la richiesta del Tribunale dei ministri su Salvini: “Vuole il processo? Lo avrà”. Ma poi era stata prontamente ribaltata, peraltro senza mai essere ufficializzata, quando Salvini aveva cambiato idea intimando con un fischio ai partner di salvarlo dal processo. Riuscendo nell’impresa di spaccarli a metà. Ergo, a decidere la linea del primo partito d’Italia, sono i capricci dell’alleato-rivale. Che ha imposto ai 5Stelle un voltafaccia pronunciato a mezza bocca, senza nessuno che se ne assumesse la paternità e la responsabilità. Un atto non dovuto, gratuito (il governo non sarebbe certo caduto sulla Diciotti) di sottomissione a Salvini: lo stesso che prende i 5Stelle a pesci in faccia sul Tav, le trivelle e prossimamente sull’acqua pubblica, straccia spudoratamente il Contratto di governo e poi pretende l’asservimento totale degli alleati senza restituire nemmeno un pizzico di lealtà.

martedì 19 febbraio 2019

Terzapagina. 70 Eco: «dell’ars memoriae, dell’ars oblivionalis».


Tratto da “Contro la perdita di memoria” di Umberto Eco (seconda parte): L'esempio classico di un dispositivo di memoria consiste nel figurarsi un'immagine spaziale complessa (un palazzo, una piazza, una città) in cui ci siano elementi architettonici o statue, molte rappresentanti fatti strani o paurosi, ai quali si possa associare ogni tipo di data, concetto, principio logico, evento e così via, in modo che immaginandosi di visitare il luogo e ricordando queste immagini, si possa ricordare un sistema completo di nozioni. Ma a volte è stato più difficile ricordare le immagini mnemoniche che le date da recuperare. Nel De oratore (II, 74), per esempio, Cicerone cita il caso di Temistocle, che era stato dotato di una memoria straordinaria.

lunedì 18 febbraio 2019

Terzapagina. 69 «Umberto Eco: ma c’è qualcosa che non scordo».


Tratto da “Contro la perdita di memoria” (prima parte), la “lectio magistralis” di Umberto Eco (mancato il 19 di febbraio dell’anno 2016) tenuta nel Palazzo di Vetro delle Nazione Unite il 21 di ottobre dell’anno 2013 e riproposta sul settimanale Robinson del quotidiano la Repubblica il 18 di febbraio dell’anno 2018 con il titolo “Ma c’è qualcosa che non scordo”: (…). La necessità della memoria. I mass media sono principalmente interessati al presente.

domenica 17 febbraio 2019

Sullaprimaoggi. 62 «Sono dichiaratamente e orgogliosamente omofobo».


Tratto da “Quel bisogno di umiliare l’altro” di Natalia Aspesi, pubblicato sul settimanale L’Espresso del 10 di febbraio 2019: (…). Ai miei tempi gli omosessuali non esistevano: tutti gli uomini che conoscevamo erano fidanzati o si fidanzavano con noi, erano mariti devoti e padri affettuosi; non c’era nemmeno la parola per eventualmente definirli, al massimo una criptica nube di silenzio oscurava certi giovanotti amanti dell’opera e soprattutto del balletto, fedeli alla loro fidanzata morta vent’anni prima e che piacevano pazzamente alle mamme di zitelline incollocabili.

sabato 16 febbraio 2019

Sullaprimaoggi. 61 «Per uscire dall’odio servono o no i valori cristiani?».


Tratto da “Oltre il buio, l’umanesimo” di Giuseppe Genna, pubblicato sul settimanale L’Espresso del 10 di febbraio 2019: (…). «Chi non vede la rinnovata ipocrisia, il disprezzo della volontà dei popoli, la gerarchia delle potenze? E nell’interno degli Stati ancora faziosità, incomprensione, violenza, decadere progressivo del senso umano della vita sociale e l’intrinseca debolezza della istanza democratica. Le responsabilità di questo stato di cose sono di tutti noi»: è una descrizione impressionante del presente ed è stata scritta da Moro a due anni dalla caduta del fascismo, quando la democrazia incompiuta stava facendosi, anche grazie a Moro stesso. Le condizioni storiche sono tutte attive: dalla volontà dei popoli che viene disprezzata al predominio delle gerarchie di potenze transnazionali, che si esprime oggi in una richiesta di diminuzione della democrazia partecipata, con spinte totalitarie esplicite, in fase di germinazione e pronte a maturare. Patria, famiglia e ordine, (…), sono tornati a essere i “valori” dell’età sovranista, in cui padre Antonio Spadaro, nello scorso numero di questo giornale, ravvede l’esito di una «colonizzazione ideologica», che ha sostituito la paura alla pietà come reazione prima all’apparire dell’altro. L’articolo di Moro si intitolava “Ritorno all’uomo” e non ritorno alla teocrazia. (…). Se oggi si chiedesse a un istituto di ricerca un sondaggio sull’eventuale ritorno di un soggetto politico a ispirazione cristiana (che il quotidiano Libero si è affrettato a definire «il partito degli orrori») si otterrebbero dati prossimi al 2 per cento. Una fotografia del presente, che è frutto della strategia cattolica all’indomani dell’estinzione della Democrazia Cristiana, (…).
Si sbaglierebbe tuttavia a considerare numericamente la faccenda del ritorno di un simile movimento politico. «La sistemazione teorica generale in questo Paese fa premio», affermò in tempi sospetti Romano Prodi (in Italia qualunque tempo è sospetto). E forse da quei tempi bisogna partire per riflettere.

venerdì 15 febbraio 2019

Terzapagina. 68 «Oggi in realtà in Italia c'è un drammatico vuoto di potere».


Tratto da “Il vuoto di potere” di Pier Paolo Pasolini, pubblicato sul “Corriere della Sera” del primo di febbraio dell’anno 1975: (…). Il confronto reale tra "fascismi" non può essere (…) "cronologicamente", tra il fascismo fascista e il fascismo democristiano: ma tra il fascismo fascista e il fascismo radicalmente, totalmente, imprevedibilmente nuovo che è nato da quel "qualcosa" che è successo una decina di anni fa.

giovedì 14 febbraio 2019

Lalinguabatte. 73 Il glossario di Umberto Galimberti.


Anche con il glossario di Umberto Galimberti si prova a chiarire  il significato più profondo di parole e di espressioni oggigiorno abusate. È un tentativo generoso – o infruttuoso, considerato lo “spirito del tempo” - di chiarezza, in un tempo in cui le parole hanno perso la loro fascinazione, il loro vero significato, per assumerne altri che corrispondano meglio e più prontamente al sentire prettamente mediatico del grosso pubblico, poco incline alla parola per quanto lo sia, spropositatamente, incline alle visioni, alle immagini. È che la lettura, e quindi l’introiezione delle parole e del loro senso, richiede esercizio continuo, applicazione certosina, mi azzarderei a dire attivazioni neuronali che al tempo d’oggi, ahimè, sembrano essersi interrotte o addirittura perse irrimediabilmente.

lunedì 11 febbraio 2019

Lalinguabatte. 72 Vamik Volkan ed il Suo glossario.


Nella grande cacofonia del chiacchiericcio planetario, con grande leggerezza ed ingenerosamente definito planetario poiché in verità è il chiacchiericcio dei satolli e grandi consumatori di inutili parole, ché ben altro hanno da patire i popoli del secondo e terzo e quarto mondo, nel chiacchiericcio senza senso dei bulimici divoratori di immagini che trasmettono realtà che svaniscono come d’incanto allo spegnersi dello schermo del televisore, torna utile ri-leggere il glossario dello psicoanalista Vamik Volkan, con la lettura del quale si vorrebbe compiere il tentativo – ahimè forse vano - di una ridefinizione e di una rivalutazione delle parole e delle espressioni abusate e rese vuote di significato nel tempo della comunicazione di massa più sfrenata ed inconcludente. Dacché, è dall’alba del mondo che la comunicazione è a difesa del potere e dal potere sapientemente e convenientemente manovrata ed utilizzata. Non è affatto la scoperta dell’oggi. È nella meritoria opera di sottrarre al potere, a qualsivoglia potere, il controllo della comunicazione che si sostanziano e si rendono veramente efficaci le forme democratiche delle umane società, aldilà della benevola ritualizzazione, a scadenze ben determinate, di una scheda elettorale da imbucare in un’urna.
Alla voce trovare soluzioni ai conflitti”. Nelle aree di conflitto non si può dire che oggi manchi il dialogo. Anzi, c'è una comunicazione costante: ci sono i governi impegnati in questo, ci sono le organizzazioni non governative (ong) e le diverse fondazioni. Sono tutti concentrati a far dialogare tutti con tutti. Io stesso, da psicoanalista, sono stato coinvolto in colloqui con diplomatici e personalità politiche e mi è stato chiesto di capire come mai nei grandi gruppi avvengano certe dinamiche di tensione. Esistono scambi ufficiali e altri che non lo sono, ma che comunque possono essere determinanti. Durante la guerra tra Israele ed Egitto, un ruolo importante l'ha avuto per esempio un giornalista della CBS news, che ha fatto da vero trait d'union tra i due Paesi, più di quanto forse non abbiano fatto i rispettivi assetti istituzionali. Oggi poi ci sono molte, forse troppe, ong. Sono ovunque: alcune non appartengono a nessuno, altre sono affiliate a gruppi religiosi, altre sono legate all'Onu. E se è vero che queste associazioni smuovono parecchie cose e sono in grado di riunire moltissimi ragazzi, è anche vero che spesso scivolano in errori che stanno diventando sempre più lampanti. Penso alla gestione dei rapporti tra serbi e croati: è stato un disastro. Alcune ong si sono impegnate ad avvicinare i ragazzini serbi ai croati, facendo fare loro dei viaggi insieme od organizzando partite di pallone in giro per il mondo. Poi però quando ognuno di loro tornava in patria, a casa sua, veniva trattato dagli altri quasi alla stregua di un traditore. Si sono creati non pochi problemi in seguito a queste iniziative alternative. È diventata una moda del XXI secolo: si vogliono creare ponti, accordi, alleanze e amicizie. Ma bisogna saper fare le cose, bisogna avere un approccio sistematico e i diplomatici ufficiali sono stanchi di queste persone che pretendono di dire la loro, con modalità non sempre corrette.

sabato 9 febbraio 2019

Sullaprimaoggi. 60 «Priva di morte e orfana di vita».


Urlate urlate urlate urlate.
Non voglio lacrime. Urlate.
Idolo e vittima di opachi riti
Nutrita a forza in corpo che giace
Io Eluana grido per non darvi pace Diciassette di coma che m'impietra
Gli anni di stupro mio che non ha fine.
Una marea di sangue repentina
Angelica mi venne e fu menzogna

giovedì 7 febbraio 2019

Terzapagina. 67 «Il bottone “like”, la pista delle tossicodipendenze digitali».


Tratto da “Mi piace da arrossire” di Federico Rampini, pubblicato sull’inserto Robinson del quotidiano la Repubblica del 3 di febbraio 2019: (…). Compie dieci anni un'invenzione digitale che ai più sembra innocua, perché tutte le trappole ben costruite devono sembrare benevole, rassicuranti. Il bottone like - "mi piace" - dopo lunga progettazione e gestazione venne attivato sul social media il 9 febbraio 2009. Da allora, usato miliardi di volte al giorno, è diventato uno dei tic della nostra vita quotidiana. Costa zero fatica e zero concentrazione, anche se scorri distrattamente le foto e i video dei tuoi amici, gratificarli con un like, lasciargli in omaggio una piccola testimonianza del tuo gradimento.

mercoledì 6 febbraio 2019

Sullaprimaoggi. 59 «Abbiamo sostituito la centralità del lavoro con la sovranità dei consumatori».


Tratto da “Dove nasce il malessere sociale” di Vincenzo Visco, pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 28 di gennaio 2019: (…). …se si vogliono comprendere l'origine e le cause profonde del malessere sociale e politico che oggi caratterizza i Paesi sviluppati dell'Occidente, sarebbe utile riflettere sul funzionamento dell'economia mondiale negli ultimi 30 anni, quelli intercorsi dalla rivoluzione di Reagan e Thatcher negli anni '80 del secolo scorso a oggi, con il ritorno a una gestione liberista dell'economia, superando e accantonando il modello keynesiano.

martedì 5 febbraio 2019

Riletture. 64 «Sognare un’altra Italia pulita».


Tratto da “Il diritto di sognare un’altra Italia pulita” di Roberto Saviano, pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 5 di febbraio dell’anno 2011: (…). La libertà non può esistere solo come costruzione astratta o peggio come principio. “La libertà politica - scriveva Salvemini - è sostanzialmente il diritto del cittadino di dissentire dal partito al potere. Da questo diritto di opporsi al potere nascono tutti gli altri diritti”. In Italia, certo, si può dissentire: ci mancherebbe altro. Ma a che prezzo? Al prezzo di essere pronti a sottoporsi ai veleni della macchina del fango.(…).

lunedì 4 febbraio 2019

Riletture. 63 «L'importanza di educare nei giovani la consapevolezza e il sentimento».


Tratto da “Quell'unica strada per combattere l'indifferenza” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del 4 di febbraio dell’anno 2017: La nostra capacità di commuoverci ha una soglia predeterminata. Che dobbiamo imparare a superare. Nel mondo c'è più atrocità che amore. Perché un maledetto "istinto di conservazione", portato all'esasperazione, ci fa dire: "Mors tua, vita mea". Come se la propria vita potesse affermarsi alla sola condizione, se non di sopprimere, comunque di limitare la vita degli altri. Nonostante non manchi giorno in cui rivendichiamo la nostra differenza e superiorità rispetto agli animali, siamo esattamente come loro, anzi peggio di loro.

domenica 3 febbraio 2019

Sullaprimaoggi. 58 «Non sa governare e neppure ci prova, getta fumo, annunci, proclami, dirette Facebook, felpe, ruspe».


Tratto da “Sotto il giubbotto niente” di Marco Travaglio, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del primo di febbraio 2019: (…). Mercoledì il Fregoli del Viminale s’è presentato in Parlamento travestito da poliziotto, con giubbotto d’ordinanza, manco fosse il colonnello Tejero. Il Pd e la sinistra hanno subito abboccato all’amo, strillando all’“attacco alle istituzioni”, cioè spacciando quella visione tragicomica per una prova di forza. In realtà è l’ennesimo attestato di debolezza, tipico della sua concezione carnevalesca della funzione ministeriale.

sabato 2 febbraio 2019

Lalinguabatte. 71 “La democrazia, regime dell´illusione.”


Scriveva William Pfaff, sul quotidiano l’Unità del 24 di dicembre dell’anno 2005 in “Bush, democrazia e ipocrisia”: (…). La democrazia non è la condizione naturale della società: è il frutto di valori imparati attraverso l’esperienza storica o la speculazione filosofica. È difficile da raggiungere e ardua da mantenere. Non dipende da elezioni libere, ma dai progressi compiuti dalla società civile. Per averla bisogna che la società riconosca il principio del governo della maggioranza e quello dell’alternanza al potere, e che accetti di risolvere o ricomporre le differenze politiche senza ricorrere alla violenza. In democrazia è necessario accettare che la legge vale anche per i potenti, difendere la differenza tra proprietà pubblica e privata, la liberà di stampa e di espressione.

venerdì 1 febbraio 2019

Riletture. 62 «Pensavo che l'Urss fosse un paese giusto».

Tratto da “Rossana Rossanda: è stata la bellezza del mondo a salvarmi dal fallimento politico", intervista di Antonio Gnoli a Rossana Rossanda pubblicata sul quotidiano la Repubblica del primo di febbraio dell’anno 2015: (…). Lei come è diventata comunista? "Scegliendo di esserlo. La Resistenza ha avuto un peso. Come lo ha avuto il mio professore di estetica e filosofia Antonio Banfi. Andai da lui, giuliva e incosciente. Mi dicono che lei è comunista, gli dissi. Mi osservò, incuriosito. E allarmato. Era il 1943. Poi mi suggerì una lista di libri da leggere. Tra cui Stato e rivoluzione di Lenin. Divenni comunista all'insaputa dei miei, soprattutto di mio padre. Quando lo scoprì si rivolse a me con durezza. Gli dissi che l'avrei rifatto cento volte. Avevo un tono cattivo, provocatorio. Mi guardò con stupore. Replicò freddamente: fino a quando non sarai indipendente dimentica il comunismo ".