Adesso ci vorrebbe una speranza
nuova. Un sogno grande assai. Ma sembra che siano finiti i tempi delle speranze
e dei sogni. Come se tutto fosse stato risucchiato in un gorgo, immenso, senza
fine. Un gorgo oscuro. Ma ritorna, ancora una volta, il primo di maggio. E mi
piacerebbe pensarlo come nell’indimenticabile visione del sole dell’avvenire in
“Palombella rossa” del grande Nanni.
Un sole grande grande che illumini l’oscurità dell’oggi. Ho ritrovato, tra i
miei ritagli, un bellissimo pezzo dello scrittore-artista Andrea Satta che ha
per titolo “Il primo maggio e adesso ci
vorrebbe un discorso sincero sull’occupazione”; è stato scritto per il
quotidiano l’Unità del primo di maggio dell’anno 2011. Lo trascrivo di seguito
integralmente.
Adesso ci vorrebbe il sole. Ci
vorrebbe di andare al mare con l’ombrellone a vedere le onde la prima volta in
stagione. Ci vorrebbe di filare in bicicletta in due fino in fondo alla pineta
e di laggiù vedere come è strano il campanile.
Adesso ci vorrebbe di fare
l’amore nel prato dietro la rimessa mentre sale l’aria calda dal fienile, di
fare l’ora di pranzo al bar in piazza che a casa è quasi pronto, aspettando
nonna che torna dalla messa.
Adesso ci vorrebbe che arrivasse
papà a tavola con le «pastarelle», sempre quelle, ci vorrebbe di aspettarti
alla stazione e fuggire, per uno spaghetto al pesto, in quella trattoriola
verde dove ci siamo conosciuti, tra le farfalle. Ci vorrebbe di salire in Vespa
e … via, senza casco verso il lago, via … senza paura verso il fiume, via …
senza fame tutto il giorno, che c’è sempre tanto altro da vivere e … via, che
ancora ce n’è da inventare.
Adesso ci vorrebbe di ascoltare
una parola appassionata, un discorso sincero sul lavoro, sullo sfruttamento e
sulla redenzione, ma bello bello per davvero. Ci vorrebbe di dire basta a
quello che ci offende e crederci sinceramente alla giustizia, ai sogni grandi,
e che la rabbia abbia finalmente un senso. Ci vorrebbe che mi venissero in
mente i nomi degli uomini e delle donne tutte, uccisi e uccise dal lavoro,
morti e morte per difenderne il diritto, sparati e sparate dai padroni e dalla
polizia, dai regimi e dalla democrazia.
Adesso ci vorrebbe un disco con
un po’ di idee incise da ascoltare, qualche nota di chitarra, di tromba e di
contrabbasso e di piano, ecco, sì, di piano. Un viaggio coi tuoi pensieri un
giorno coi desideri.
Adesso ci vorrebbe una crostata
di arance amare, un piatto di mele cotte, zucchero e limone con le fragole,
formaggio e pere, un panino con mortadella, una fitta pioggerella, un ombrello
grande per baciarti di nascosto, un angolo sconosciuto per dire ti amo al vento
che sa dimenticare presto, anche se è uno sbaglio, anche se è un abbaglio.
Adesso ci vorrebbe una radio da
ascoltare, una rima a memoria da tramandare, un carretto con cocco e gelati che
si lasci annunciare, mentre il sole picchia e l’universo scrocchia.
Tutto questo insieme in una sola
vita non c’è mai stato, non ha mai trovato posto, ma la sfiga vera è che noi
tutti lo sappiamo collegare al resto. Tutto questo sarà domani e domani può
ancora arrivare. Io, il Primo Maggio, lo passerò qui, in piedi sulla riva a
guardare il mare. Prima o poi qualche sogno dovrà tornare. Una vela nuova.
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