Cattivi pensieri è stata una
etichetta di questo blog quando esso “viveva”, con la sua fronzuta chioma,
su di un’altra piattaforma che non c’è più. Il post, che di seguito trascrivo,
risale al venerdì 11 di dicembre dell’anno 2009. Titolo di quel post: “Banali leader”, per l’appunto. Quanto
tempo è trascorso da allora? Cosa è nel frattempo cambiato nel bel paese, a
parte la grande “crisi” che ci attanaglia e che morde sempre di più, ché al
tempo del post riproposto veniva negata dai “banali leader” di
allora? È cambiato ben poco. Sono tutti lì a promettere di fare cose per la
salvezza del paese, a banalizzare riforme o quant’altro serva esclusivamente
alla loro permanenza al potere. Il tempo scorre inesorabilmente, ma per la politica
de’ noantri esso è una entità di nessuna rilevanza e peso. Tutti assieme
amorevolmente, ma pericolosamente assai per il resto del paese. È il rischio
enorme che il bel paese incontra sulla sua strada senza vederlo con chiarezza:
che dallo “schifo”, per dirla con un ministro tuttora in carica, per la
politica si sviluppi quell’antipolitica che porterà il bel paese a ricadere in
una esperienza nuova che ripeta pedissequamente il tenebroso ciclo politico da
poco sepolto (ma per quanto tempo ancora?). è
stata la grande, storica, epocale “miopia” della mala politica che ha barattato le idealità
della sana politica per il succoso piatto del potere.
“Il politico è un animale mediocre. Dopo aver tentato di farcela nella vita seguendo le strade abituali: medico, falegname, transessuale, ricattatore, marito di una donna ricca, si trova impantanato nella sua mediocrità. Si guarda in giro, vede che passa un animale molto potente, si inginocchia: «Eccellenza abbia pietà di me mi prenda come portaborse» e gli bacia rumorosamente il dorso della mano pelosa. E quello con voce da lupo mannaro: «Sei disposto a tutto?». «Sì maestà». Questo l’inizio. In poco tempo impara i trucchi del mestiere e in pochi anni fa fuori il suo padrone con mezzi anche ripugnanti. Ed ecco che raggiunge il suo scopo: diventa ministro. Avete capito in che mani siamo? Invece di fa governare il paese da grandi medici, economisti, tecnici e famosi giuristi siamo nelle mani di animali stupidi e quindi pericolosi”. Da “Animali pericolosi” di Paolo Villaggio nella rubrica “ La voce della lega “ pubblicata sul quotidiano l’Unità. Detto brutalmente alla Fracchia. Sono i pensieri che ronzano quotidianamente nella testa di milioni di esseri umani, cosiddetti pensanti. Pensanti di un pensiero unico però. Pensieri di cui si ha vergogna quasi di professare. Si coltivano amorevolmente, quei pensieri, sino a quando un Fracchia qualsiasi prende il coraggio nelle sue callose mani per “sputarli” forte ai quattro venti. Col rischio che il vento li ributti in faccia allo sputatore. Può pure accadere. è che il “politicamente corretto” proibisce di esibirsi in tali esternazioni. In cambio di cosa? Dell’assuefazione. A tutto. Alle banalità ed alle porcate. Oggigiorno, più porcate che banalità. Per la paura di apparire come quelli dell’antipolitica. Irreggimentati. Bel prologo alla Fracchia. Fuori dai denti. Un prologo alle più dotte riflessioni ed argomentazioni di Zygmunt Bauman, il sociologo della “vita liquida”, contenute nel suo lavoro che ha per titolo “Banali leader”, pubblicato di recente su di un supplemento del quotidiano La Repubblica. Ne trascrivo di seguito ampie parti.
“Il politico è un animale mediocre. Dopo aver tentato di farcela nella vita seguendo le strade abituali: medico, falegname, transessuale, ricattatore, marito di una donna ricca, si trova impantanato nella sua mediocrità. Si guarda in giro, vede che passa un animale molto potente, si inginocchia: «Eccellenza abbia pietà di me mi prenda come portaborse» e gli bacia rumorosamente il dorso della mano pelosa. E quello con voce da lupo mannaro: «Sei disposto a tutto?». «Sì maestà». Questo l’inizio. In poco tempo impara i trucchi del mestiere e in pochi anni fa fuori il suo padrone con mezzi anche ripugnanti. Ed ecco che raggiunge il suo scopo: diventa ministro. Avete capito in che mani siamo? Invece di fa governare il paese da grandi medici, economisti, tecnici e famosi giuristi siamo nelle mani di animali stupidi e quindi pericolosi”. Da “Animali pericolosi” di Paolo Villaggio nella rubrica “ La voce della lega “ pubblicata sul quotidiano l’Unità. Detto brutalmente alla Fracchia. Sono i pensieri che ronzano quotidianamente nella testa di milioni di esseri umani, cosiddetti pensanti. Pensanti di un pensiero unico però. Pensieri di cui si ha vergogna quasi di professare. Si coltivano amorevolmente, quei pensieri, sino a quando un Fracchia qualsiasi prende il coraggio nelle sue callose mani per “sputarli” forte ai quattro venti. Col rischio che il vento li ributti in faccia allo sputatore. Può pure accadere. è che il “politicamente corretto” proibisce di esibirsi in tali esternazioni. In cambio di cosa? Dell’assuefazione. A tutto. Alle banalità ed alle porcate. Oggigiorno, più porcate che banalità. Per la paura di apparire come quelli dell’antipolitica. Irreggimentati. Bel prologo alla Fracchia. Fuori dai denti. Un prologo alle più dotte riflessioni ed argomentazioni di Zygmunt Bauman, il sociologo della “vita liquida”, contenute nel suo lavoro che ha per titolo “Banali leader”, pubblicato di recente su di un supplemento del quotidiano La Repubblica. Ne trascrivo di seguito ampie parti.
"(…). Sulla terra, nella valle dove la
tribù ha costruito le proprie capanne di paglia e fango, nel villaggio da cui
gli uomini ogni giorno partono alla ricerca di noci di cocco e a cui ogni sera
fanno ritorno, le cose stanno cambiando. In passato qui giungevano di quando in
quando dei mercanti, per acquistare noci di cocco. I mercanti imbrogliavano sui
prezzi, ma gli indigeni, scaltri, riuscivano a loro volta ad ingannarli. Adesso
però i mercanti non si vedono più. Al loro posto è sorto un ufficio della
moderna Coccobello Corporation, che compra tutto il raccolto in blocco e impone
i prezzi. Non si contratta più, e imbrogliare è impossibile: i prezzi vengono
stabiliti in anticipo, prendere o lasciare. Naturalmente, lasciando si rischia
di non sopravvivere sino al raccolto successivo. (…). La televisione ha
cambiato, (…), il modo in cui vediamo i
nostri leader. Un tempo questi ci apparivano come figure distanti, poste
in alto, su un palco, o erano raffigurati in ritratti atteggiati a espressioni
di una fierezza convenzionale. Adesso invece, grazie alla tv, ognuno può
scrutare in loro il minimo moto di lineamenti, lo scatto infastidito delle
palpebre, alla luce dei riflettori, il nervoso umettare delle labbra tra parola
e parola. In breve: i nostri leader sono diventati terribilmente banali, come
tutti noi. E, al pari di noi, mortali. Vengono per poi andarsene. Appaiono per
scomparire. Si attaccano al potere per perderlo. L'unico vantaggio che sembrano
avere su di noi, comuni mortali, è di essere destinati ad una morte pubblica -
una morte a cui siamo certi d'assistere, tutti insieme. Con un tono non del
tutto ironico, Calvino si spinge a suggerire che è proprio questa
consapevolezza a spiegare il motivo per cui un politico, fino a quando è in
vita, è ‘circondato dal nostro interesse ansioso, anticipatore’. Quelle che
seguono sono parole così intense da meritare di essere citate testualmente e
per esteso: - Per noi la democrazia comincia solo dal giorno in cui si ha la
certezza che nel giorno stabilito le telecamere inquadreranno l'agonia della
nostra classe dirigente al completo, e, in coda allo stesso programma (ma molti
degli spettatori a quel punto spengono l'apparecchio), l'insediamento del nuovo
personale, che resterà in carica (e in vita) per un periodo equivalente -.
Tutto ciò, conclude Calvino, viene contemplato ‘ da milioni di spettatori con
raccoglimento sereno, come chi osserva i movimenti dei corpi celesti nel loro
ciclico ripetersi’. Uno ‘spettacolo che quanto più ci è estraneo tanto più
sentiamo come rassicurante’. L'abitudine di tenere gli occhi puntati verso il
cielo non è, si direbbe, la prerogativa di un'unica, remota tribù. Né i motivi
per farlo, o le conseguenze che ne derivano, differiscono molto da una tribù
all'altra. A cambiare sono gli strumenti necessari a dedicarsi a tale
attività/passività. E i nomi, e le storie degli stregoni - ma non il messaggio
di quelle storie, né le intenzioni di coloro che le raccontano”.
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