Da “Il peggio deve venire" di Naomi Klein, tratto da “Shock
Politics – L’incubo Trump e il futuro della democrazia” – Feltrinelli editore
(2017), pagg. 288 euro 18 – riportato sul settimanale “L’Espresso” del 29 di
ottobre 2017: (…). L’esecutivo di Trump, zeppo di miliardari e multimilionari, ci
spiega tante cose sulle mete occulte dell’amministrazione. ExxonMobil come
segretario di Stato. General Dynamics e Boeing come ministro della Difesa. E i
ragazzi di Goldman Sachs per quasi tutto quel che rimane. I vari politici di carriera
piazzati alla testa delle diverse agenzie sembrano essere stati scelti o perché
non credono nella missione centrale dell’ente oppure perché non ritengono che
la suddetta agenzia debba esistere. Steve Bannon, lo stratega capo di Trump
apparentemente esautorato, è stato molto chiaro a questo proposito. Parlando a
un pubblico conservatore nel febbraio 2017 ha dichiarato che l’obiettivo è «la
decostruzione dello stato amministrativo» (termine con il quale intende le
regole imposte dallo stato e le agenzie incaricate di proteggere la gente e i
suoi diritti). E «se guardate le persone scelte dal gabinetto, sono state
scelte per un motivo ben preciso, ed è la decostruzione». Quanto accaduto a
Washington non è il solito passaggio di consegne tra partiti ma una vera e
propria acquisizione aziendale, in fieri da decenni. A quanto pare, i potentati
economici che hanno da tempo comprato entrambi i partiti maggiori piegandoli al
proprio volere hanno deciso che si sono stancati del giochino. Evidentemente
tutte quelle bevute e tutte quelle cene offerte a funzionari eletti, tutte
quelle eleganti bustarelle e blandizie, erano un’offesa alla loro convinzione
di essere unti dal Signore. E così adesso stanno tagliando fuori
l’intermediario – quegli avidi politici che dovrebbero in teoria proteggere il
pubblico interesse – e agiscono come ogni maschio alfa quando vuole qualcosa
fatto bene: lo fanno con le proprie mani. Pertanto le domande serie sui
conflitti d’interessi e sulle infrazioni all’etica ricevono a stento una risposta.
Così come faceva melina per non diffondere le sue dichiarazioni dei redditi,
Trump si è categoricamente rifiutato di vendere il suo impero, o almeno
smettere di incassarne i profitti. Questa decisione, data la dipendenza della
Trump Organization dai governi stranieri per ottenere preziose licenze e
permessi, potrebbe scontrarsi con la Costituzione degli Stati Uniti che
proibisce ai presidenti di ricevere doni o qualsiasi “emolumento” dai governi
esteri. Ma i Trump non sembrano preoccupati. La sensazione quasi inossidabile
di impunità, di essere superiori alle normali regole e leggi è un aspetto
peculiare di questa amministrazione. Chiunque rappresenti una minaccia alla
suddetta impunità è licenziato in tronco: basta chiedere all’ex direttore dell’Fbi
James Comey. Fino a oggi nella politica statunitense i servi dello stato delle
multinazionali insediati alla Casa Bianca portavano una specie di maschera: la
faccia da attore sorridente di Ronald Reagan o il falso cowboy George W. Bush
(con Dick Cheney/Halliburton in agguato sullo sfondo). Ora la maschera è
caduta. E nessuno prova anche soltanto a fingere che non sia successo. Analizzando
l’inestricabile rapporto di Trump con il suo marchio commerciale e le sue
implicazioni sul futuro della politica, ho iniziato a capire come mai tanti
attacchi contro di lui non hanno fatto presa, e come possiamo trovare modi più
efficaci di resistergli. Il fatto che livelli così offensivi di arricchimento
grazie alle cariche pubbliche possano avvenire alla luce del sole è abbastanza
scandaloso. Così come tanti atti di Trump nel suo primo anno in carica. Ma la
storia ci dimostra che, anche se oggi la situazione è disastrosa, la dottrina
dello shock implica che potrebbe andare molto peggio. I principali pilastri del
progetto politico ed economico di Trump sono: la decostruzione dello stato
regolatore; un attacco a testa bassa al welfare e ai servizi sociali (in parte
giustificato facendo ricorso a un bellicoso allarmismo razziale e infierendo
sulle donne che esercitano i loro diritti); lo scatenamento di una corsa
interna ai combustibili fossili (che necessita l’eliminazione della scienza del
clima e l’imbavagliamento di vasti settori della burocrazia pubblica); e una
guerra di civiltà contro gli immigrati e il “terrorismo radicale islamico” (con
teatri bellici esterni e interni in continua espansione). Oltre alle evidenti
minacce che l’intero progetto pone a chi è già tra i più vulnerabili, c’è anche
una filosofia che sicuramente scatenerà un’ondata dopo l’altra di crisi e
shock. Shock economici, quando scoppiano le bolle nei mercati, gonfiate grazie
alla deregulation; shock della sicurezza quando si pagano le conseguenze delle
politiche antimusulmane e delle aggressioni all’estero; shock ambientali con la
ulteriore destabilizzazione del clima; e shock industriali appena gli oleodotti
cedono e le piattaforme collassano, cosa a cui tendono quando vengono tagliati
i regolamenti di sicurezza e ambientali che prevengono il caos. Tutto questo è
pericoloso.
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".
sabato 4 novembre 2017
giovedì 2 novembre 2017
Lalinguabatte. 42 “E per iniziare si spenga la tv”.
(…). Un tempo i bambini venivano
mandati a letto dopo Carosello. Fu guardando quel programma che gli italiani
scoprirono che anche la pubblicità poteva essere divertente, le merci erano
abbondanti e raggiungibili e il mondo un grande mercato. Ma si trattava ancora
di uno spazio quotidiano delimitato, che bisognava scegliere di vedere, anche
se era già costruito per piacere ai bambini in modo che, con la benedizione
degli adulti, imparassero subito a commisurare il divertimento in termini di
potere d'acquisto. Con l'avvento della tv commerciale, Carosello esplose e gli
antichi sketch con Ernesto Calindri, Tino Scotti e il Quartetto Cetra si
frantumarono in migliaia di film sempre più brevi e veloci. Fu un martellamento
- nacquero le televendite - ma i consigli per gli acquisti ti lasciavano ancora
una scelta. Spesso venivano annunciati. Potevi sempre alzarti e andare a fare
pipì. Gli spot tv interrompono un'emozione, ma non la impediscono. Non si
installano tra i nostri occhi e ciò che vogliamo vedere. Non sono interstiziali
come i banner di internet. La storia della pubblicità è la storia di
un'invasione progressiva e silenziosa degli interstizi della nostra vita. (…).
La pubblicità è il filtro tra noi e ciò che vogliamo vedere, o è diventata
invisibile per trasformare in dati e statistiche le nostre abitudini ed
esistenze in modo da rivenderle a chi crede di avere qualcosa da farci
comprare. Il messaggio, ancora una volta, è niente è gratis, neppure vivere, che
per tutto si deve lasciare una traccia o accettare di essere distratti.
Dovrebbe essere istituita una tassa sull'occupazione di pubblica attenzione.
Dovremmo inventare un metro per misurarla e sapere quanto vale ogni giorno ciò
che non possiamo godere perché siamo circondati da qualcuno che vuole venderci
qualcosa. (…). “Carosello” è il titolo di una delle sempre interessanti
“divagazioni” che Giacomo Papi settimanalmente proponeva – ahimè non più - sul
supplemento “D” del quotidiano “la Repubblica”. Nell’occasione l’ho trascritta
in parte. Ove si parla, anzi si scrive, di quella che fu la televisione “ingenua”
dei miei anni della fanciullezza e della preadolescenza. Gli anni
dell’apparizione del piccolo mostro casalingo. Prima che lo stesso divenisse l’idra
a tante teste che tutto fagocita senza scampo alcuno. Vidi per la prima volta
il piccolo mostro dietro la vetrina poco illuminata di un emporio in una strada
della grande Milano. Sfavillava nel buio e non si era ancora avvezzi al
labiale: le immagini rimandavano delle persone che facevano pensare al “boccheggiare”
vuoto dei pesci in un acquario. Ne ascoltai il sonoro in un ristorante: il
piccolo mostro trasmetteva l’allora “lascia e raddoppia”. Ebbi presto il
mio piccolo mostro casalingo. Accoglievo in casa, alle cinque del pomeriggio, i
ragazzi della mia età che non avevano in casa il piccolo mostro. Era, il mio,
un privilegio riservato ancora a pochi, anzi pochissimi. Era ancora il tempo
della televisione “ingenua”. Era la televisione delle “cinque della sera”; per “carosello”
bisognava attendere l’ora più tarda della cena. Poi, tutti a nanna. Era
migliore quella televisione? Se dicessi di sì avrei poco credito. Susciterei,
forse, una sghignazzata generale. Ma era la “mia” televisione “ingenua”.
Era la televisione di “Rintintin” e di “Ivanhoe”;
ma anche dei “Promessi sposi” e del “Mulino del Po”; della “Cittadella”
e del grande Edoardo; di Gilberto Govi e del maestro Alberto Manzi con il Suo “Non
è mai troppo tardi”; dei “Fratelli Karamazov” e del teatro al
venerdì; del “Musichiere” e, perché no, anche del “Lascia e raddoppia” del
grande Mike. Era la televisione “ingenua” di “Canne la vento” di Grazia
Deledda, piccolo mostro che aveva l’accortezza di riservare e custodire un suo
angolino per proporre i suoi “consigli d’acquisto”: la
“brillantina” per tenere a posto la capigliatura di un certo commissario di
polizia calvo; il “digestivo” a base di carciofi; il caffè della dolce “Carmencita”;
i pelati di una certa ditta da acquistare a scatola chiusa; ovvero, tutto un
mondo che aveva il pregio di non invadere e soggiogare l’attenzione e le menti.
Ché siano state meno soggiogate quelle menti rispetto a quelle attuali? Non
saprei rispondere. Non ricordo un film, un’opera di teatro, una trasposizione
letteraria sul piccolo schermo, un telefilm, che abbiano subito l’orrenda,
rivoltante intrusione della pubblicità della televisione non più “ingenua”.
È quanto mi sento di dire a proposito di quella televisione. Della televisione
d’oggi non salverei quasi nulla. Una catastrofe. Ricercata e voluta. Era quella
la televisione “ingenua”; era il tempo in cui “i bambini venivano mandati a
letto dopo Carosello”. Non era l’eldorado quel tempo, ma non era certo
la “suburra”
dei nostri giorni vuoti. Su di un
“pezzetto” di anonimo foglio di quotidiano di recente ho ri-letto una
interessante “provocazione” di Goffredo Fofi. Titolo della “provocazione”:
“E per iniziare si spenga la tv”.
Invito che faccio mio con gioia:
mercoledì 1 novembre 2017
Quodlibet. 27 “Lettera di un fiore di crisantemo”.
Da “Lettera
di un fiore di crisantemo” di Guido Ceronetti, pubblicato sul quotidiano la
Repubblica del primo di novembre dell’anno 2014: “(…). Gentile
Untore, mi rivolgo a te per un aiuto urgente o almeno una parola di solidarietà
affettuosa. Non sono che un povero fiore di Crisantemo che ad ogni avvicinarsi
del giorno consacrato ai Morti vibra sul suo bel gambo, agita dal disgusto la
sua corolla profumata e si lamenta con voce che nessuno potrebbe percepire di
essere stato condannato dagli italiani ad appassire e a marcire in un cimitero.
Il fiore che presso i popoli d’Estremo Oriente è il più amato, il più glorioso,
il più curato nelle case dei vivi, in Italia è distribuito per convenzione e
per obbligo superstizioso - e in modo spregiosissimo per i loro quietati
abitatori - nelle necropoli. Si saranno passati la voce, che il mio splendore
debba sfiorire in un cimitero murato e cancellato bene? Ma da chi, e da quale
mente in discreta decomposizione è stata diffusa l’oscena calunnia che io,
fiore da principesse, additò alla Falce che mi riceve in dono? I vostri vecchi
ricordano sicuramente che nei tardi autunni i salotti delle case borghesi, (ci
fossero nelle loro librerie Platone o romanzi di Pitigrilli) ospitavano nelle
nozze e nei compleanni, per le lauree e le promozioni militari, grandi mazzi di
crisantemi sui tavoli rotondi e i pianoforti ammutoliti. Fino a quando? Non li
si consegnava, con bigliettino augurale, nelle portinerie degli stabili con
ascensore? E oggi - per “prevalenza del cretino”, azzeccato titolo di Carlo
Fruttero - spazzatura! Cesso! Malocchio! Oltraggio agli avanzi dei pudori!
Avvertimento mafioso! Maledizione verdiana! Ma, essendo annunciatissimo un mai
visto Cambiamento di questa ineffabile Penisola, sarà eccessivo per me sperare
in una Inversione-di-Tendenza? In una riabilitazione d’innocenza del povero
crisantemo, che proclami emanare da me un’onda d’intensa vita, e che il reietto
delle tombe inconsolabili è fiore dei vivi per i vivi, per case abitate da
vivi? Aiutami, prezioso Untore, felicemente curvato sotto un cumulo di cause
disperate! Scriverai sul tuo influente giornale che - sui morti la pace - il
mio posto è tra i più vivi dei vivi? Che nelle mie frante corolle un Dio si è
compiaciuto, che sono fatto per essere dono di amanti, che la Bellezza (detta
dal sapiente principe Myskin “salvezza del mondo”) mi ha eletto suo messaggero
e santuario, e la Vita suo predestinato segno? Ciao. Ti benedico e ti saluto. Un
crisantemo anonimo”.
Iscriviti a:
Post (Atom)