"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 4 novembre 2017

Terzapagina. 02 “Trump ed il peggio che deve ancora venire”.



Da “Il peggio deve venire" di Naomi Klein, tratto da “Shock Politics – L’incubo Trump e il futuro della democrazia” – Feltrinelli editore (2017), pagg. 288 euro 18 – riportato sul settimanale “L’Espresso” del 29 di ottobre 2017: (…). L’esecutivo di Trump, zeppo di miliardari e multimilionari, ci spiega tante cose sulle mete occulte dell’amministrazione. ExxonMobil come segretario di Stato. General Dynamics e Boeing come ministro della Difesa. E i ragazzi di Goldman Sachs per quasi tutto quel che rimane. I vari politici di carriera piazzati alla testa delle diverse agenzie sembrano essere stati scelti o perché non credono nella missione centrale dell’ente oppure perché non ritengono che la suddetta agenzia debba esistere. Steve Bannon, lo stratega capo di Trump apparentemente esautorato, è stato molto chiaro a questo proposito. Parlando a un pubblico conservatore nel febbraio 2017 ha dichiarato che l’obiettivo è «la decostruzione dello stato amministrativo» (termine con il quale intende le regole imposte dallo stato e le agenzie incaricate di proteggere la gente e i suoi diritti). E «se guardate le persone scelte dal gabinetto, sono state scelte per un motivo ben preciso, ed è la decostruzione». Quanto accaduto a Washington non è il solito passaggio di consegne tra partiti ma una vera e propria acquisizione aziendale, in fieri da decenni. A quanto pare, i potentati economici che hanno da tempo comprato entrambi i partiti maggiori piegandoli al proprio volere hanno deciso che si sono stancati del giochino. Evidentemente tutte quelle bevute e tutte quelle cene offerte a funzionari eletti, tutte quelle eleganti bustarelle e blandizie, erano un’offesa alla loro convinzione di essere unti dal Signore. E così adesso stanno tagliando fuori l’intermediario – quegli avidi politici che dovrebbero in teoria proteggere il pubblico interesse – e agiscono come ogni maschio alfa quando vuole qualcosa fatto bene: lo fanno con le proprie mani. Pertanto le domande serie sui conflitti d’interessi e sulle infrazioni all’etica ricevono a stento una risposta. Così come faceva melina per non diffondere le sue dichiarazioni dei redditi, Trump si è categoricamente rifiutato di vendere il suo impero, o almeno smettere di incassarne i profitti. Questa decisione, data la dipendenza della Trump Organization dai governi stranieri per ottenere preziose licenze e permessi, potrebbe scontrarsi con la Costituzione degli Stati Uniti che proibisce ai presidenti di ricevere doni o qualsiasi “emolumento” dai governi esteri. Ma i Trump non sembrano preoccupati. La sensazione quasi inossidabile di impunità, di essere superiori alle normali regole e leggi è un aspetto peculiare di questa amministrazione. Chiunque rappresenti una minaccia alla suddetta impunità è licenziato in tronco: basta chiedere all’ex direttore dell’Fbi James Comey. Fino a oggi nella politica statunitense i servi dello stato delle multinazionali insediati alla Casa Bianca portavano una specie di maschera: la faccia da attore sorridente di Ronald Reagan o il falso cowboy George W. Bush (con Dick Cheney/Halliburton in agguato sullo sfondo). Ora la maschera è caduta. E nessuno prova anche soltanto a fingere che non sia successo. Analizzando l’inestricabile rapporto di Trump con il suo marchio commerciale e le sue implicazioni sul futuro della politica, ho iniziato a capire come mai tanti attacchi contro di lui non hanno fatto presa, e come possiamo trovare modi più efficaci di resistergli. Il fatto che livelli così offensivi di arricchimento grazie alle cariche pubbliche possano avvenire alla luce del sole è abbastanza scandaloso. Così come tanti atti di Trump nel suo primo anno in carica. Ma la storia ci dimostra che, anche se oggi la situazione è disastrosa, la dottrina dello shock implica che potrebbe andare molto peggio. I principali pilastri del progetto politico ed economico di Trump sono: la decostruzione dello stato regolatore; un attacco a testa bassa al welfare e ai servizi sociali (in parte giustificato facendo ricorso a un bellicoso allarmismo razziale e infierendo sulle donne che esercitano i loro diritti); lo scatenamento di una corsa interna ai combustibili fossili (che necessita l’eliminazione della scienza del clima e l’imbavagliamento di vasti settori della burocrazia pubblica); e una guerra di civiltà contro gli immigrati e il “terrorismo radicale islamico” (con teatri bellici esterni e interni in continua espansione). Oltre alle evidenti minacce che l’intero progetto pone a chi è già tra i più vulnerabili, c’è anche una filosofia che sicuramente scatenerà un’ondata dopo l’altra di crisi e shock. Shock economici, quando scoppiano le bolle nei mercati, gonfiate grazie alla deregulation; shock della sicurezza quando si pagano le conseguenze delle politiche antimusulmane e delle aggressioni all’estero; shock ambientali con la ulteriore destabilizzazione del clima; e shock industriali appena gli oleodotti cedono e le piattaforme collassano, cosa a cui tendono quando vengono tagliati i regolamenti di sicurezza e ambientali che prevengono il caos. Tutto questo è pericoloso.

giovedì 2 novembre 2017

Lalinguabatte. 42 “E per iniziare si spenga la tv”.



(…). Un tempo i bambini venivano mandati a letto dopo Carosello. Fu guardando quel programma che gli italiani scoprirono che anche la pubblicità poteva essere divertente, le merci erano abbondanti e raggiungibili e il mondo un grande mercato. Ma si trattava ancora di uno spazio quotidiano delimitato, che bisognava scegliere di vedere, anche se era già costruito per piacere ai bambini in modo che, con la benedizione degli adulti, imparassero subito a commisurare il divertimento in termini di potere d'acquisto. Con l'avvento della tv commerciale, Carosello esplose e gli antichi sketch con Ernesto Calindri, Tino Scotti e il Quartetto Cetra si frantumarono in migliaia di film sempre più brevi e veloci. Fu un martellamento - nacquero le televendite - ma i consigli per gli acquisti ti lasciavano ancora una scelta. Spesso venivano annunciati. Potevi sempre alzarti e andare a fare pipì. Gli spot tv interrompono un'emozione, ma non la impediscono. Non si installano tra i nostri occhi e ciò che vogliamo vedere. Non sono interstiziali come i banner di internet. La storia della pubblicità è la storia di un'invasione progressiva e silenziosa degli interstizi della nostra vita. (…). La pubblicità è il filtro tra noi e ciò che vogliamo vedere, o è diventata invisibile per trasformare in dati e statistiche le nostre abitudini ed esistenze in modo da rivenderle a chi crede di avere qualcosa da farci comprare. Il messaggio, ancora una volta, è niente è gratis, neppure vivere, che per tutto si deve lasciare una traccia o accettare di essere distratti. Dovrebbe essere istituita una tassa sull'occupazione di pubblica attenzione. Dovremmo inventare un metro per misurarla e sapere quanto vale ogni giorno ciò che non possiamo godere perché siamo circondati da qualcuno che vuole venderci qualcosa. (…). “Carosello” è il titolo di una delle sempre interessanti “divagazioni” che Giacomo Papi settimanalmente proponeva – ahimè non più - sul supplemento “D” del quotidiano “la Repubblica”. Nell’occasione l’ho trascritta in parte. Ove si parla, anzi si scrive, di quella che fu la televisione “ingenua” dei miei anni della fanciullezza e della preadolescenza. Gli anni dell’apparizione del piccolo mostro casalingo. Prima che lo stesso divenisse l’idra a tante teste che tutto fagocita senza scampo alcuno. Vidi per la prima volta il piccolo mostro dietro la vetrina poco illuminata di un emporio in una strada della grande Milano. Sfavillava nel buio e non si era ancora avvezzi al labiale: le immagini rimandavano delle persone che facevano pensare al “boccheggiare” vuoto dei pesci in un acquario. Ne ascoltai il sonoro in un ristorante: il piccolo mostro trasmetteva l’allora “lascia e raddoppia”. Ebbi presto il mio piccolo mostro casalingo. Accoglievo in casa, alle cinque del pomeriggio, i ragazzi della mia età che non avevano in casa il piccolo mostro. Era, il mio, un privilegio riservato ancora a pochi, anzi pochissimi. Era ancora il tempo della televisione “ingenua”. Era la televisione delle “cinque della sera”; per “carosello” bisognava attendere l’ora più tarda della cena. Poi, tutti a nanna. Era migliore quella televisione? Se dicessi di sì avrei poco credito. Susciterei, forse, una sghignazzata generale. Ma era la “mia” televisione “ingenua”. Era la televisione di “Rintintin” e di “Ivanhoe”; ma anche dei “Promessi sposi” e del “Mulino del Po”; della “Cittadella” e del grande Edoardo; di Gilberto Govi e del maestro Alberto Manzi con il Suo “Non è mai troppo tardi”; dei “Fratelli Karamazov” e del teatro al venerdì; del “Musichiere” e, perché no, anche del “Lascia e raddoppia” del grande Mike. Era la televisione “ingenua” di “Canne la vento” di Grazia Deledda, piccolo mostro che aveva l’accortezza di riservare e custodire un suo angolino per proporre i suoi “consigli d’acquisto”: la “brillantina” per tenere a posto la capigliatura di un certo commissario di polizia calvo; il “digestivo” a base di carciofi; il caffè della dolce “Carmencita”; i pelati di una certa ditta da acquistare a scatola chiusa; ovvero, tutto un mondo che aveva il pregio di non invadere e soggiogare l’attenzione e le menti. Ché siano state meno soggiogate quelle menti rispetto a quelle attuali? Non saprei rispondere. Non ricordo un film, un’opera di teatro, una trasposizione letteraria sul piccolo schermo, un telefilm, che abbiano subito l’orrenda, rivoltante intrusione della pubblicità della televisione non più “ingenua”. È quanto mi sento di dire a proposito di quella televisione. Della televisione d’oggi non salverei quasi nulla. Una catastrofe. Ricercata e voluta. Era quella la televisione “ingenua”; era il tempo in cui “i bambini venivano mandati a letto dopo Carosello”. Non era l’eldorado quel tempo, ma non era certo la “suburra” dei nostri giorni vuoti.  Su di un “pezzetto” di anonimo foglio di quotidiano di recente ho ri-letto una interessante “provocazione” di Goffredo Fofi. Titolo della “provocazione”: “E per iniziare si spenga la tv”. Invito che faccio mio con gioia:

mercoledì 1 novembre 2017

Quodlibet. 27 “Lettera di un fiore di crisantemo”.



Da “Lettera di un fiore di crisantemo” di Guido Ceronetti, pubblicato sul quotidiano la Repubblica del primo di novembre dell’anno 2014: “(…). Gentile Untore, mi rivolgo a te per un aiuto urgente o almeno una parola di solidarietà affettuosa. Non sono che un povero fiore di Crisantemo che ad ogni avvicinarsi del giorno consacrato ai Morti vibra sul suo bel gambo, agita dal disgusto la sua corolla profumata e si lamenta con voce che nessuno potrebbe percepire di essere stato condannato dagli italiani ad appassire e a marcire in un cimitero. Il fiore che presso i popoli d’Estremo Oriente è il più amato, il più glorioso, il più curato nelle case dei vivi, in Italia è distribuito per convenzione e per obbligo superstizioso - e in modo spregiosissimo per i loro quietati abitatori - nelle necropoli. Si saranno passati la voce, che il mio splendore debba sfiorire in un cimitero murato e cancellato bene? Ma da chi, e da quale mente in discreta decomposizione è stata diffusa l’oscena calunnia che io, fiore da principesse, additò alla Falce che mi riceve in dono? I vostri vecchi ricordano sicuramente che nei tardi autunni i salotti delle case borghesi, (ci fossero nelle loro librerie Platone o romanzi di Pitigrilli) ospitavano nelle nozze e nei compleanni, per le lauree e le promozioni militari, grandi mazzi di crisantemi sui tavoli rotondi e i pianoforti ammutoliti. Fino a quando? Non li si consegnava, con bigliettino augurale, nelle portinerie degli stabili con ascensore? E oggi - per “prevalenza del cretino”, azzeccato titolo di Carlo Fruttero - spazzatura! Cesso! Malocchio! Oltraggio agli avanzi dei pudori! Avvertimento mafioso! Maledizione verdiana! Ma, essendo annunciatissimo un mai visto Cambiamento di questa ineffabile Penisola, sarà eccessivo per me sperare in una Inversione-di-Tendenza? In una riabilitazione d’innocenza del povero crisantemo, che proclami emanare da me un’onda d’intensa vita, e che il reietto delle tombe inconsolabili è fiore dei vivi per i vivi, per case abitate da vivi? Aiutami, prezioso Untore, felicemente curvato sotto un cumulo di cause disperate! Scriverai sul tuo influente giornale che - sui morti la pace - il mio posto è tra i più vivi dei vivi? Che nelle mie frante corolle un Dio si è compiaciuto, che sono fatto per essere dono di amanti, che la Bellezza (detta dal sapiente principe Myskin “salvezza del mondo”) mi ha eletto suo messaggero e santuario, e la Vita suo predestinato segno? Ciao. Ti benedico e ti saluto. Un crisantemo anonimo”.