Da «Il guaio
è che abbiamo smesso di pensare alla rivoluzione», intervista di Stefano
Feltri al professor Paolo Prodi pubblicata su “il Fatto Quotidiano” del 10 di
agosto dell’anno 2015: «Se non c'è passato non c'è nemmeno futuro.
E questo si traduce in una crisi visibile delle istituzioni democratiche: manca
l'idea di progetto, il mutamento rimasto è quello delle tecnologie. Ma si
cambia senza sapere dove si va».
Professor Prodi, cos'è una rivoluzione? - I
colpi di Stato non sono mai mancati, la lotta di chi non ha potere contro chi
ha potere esiste dalle civiltà mesopotamiche. Ma non è la rivoluzione. Quello
che ha distinto l'Occidente dalle altre civiltà è la capacità di progettare un
modello sociale nuovo. Spesso con gli aspetti tragici della sommossa, certo, ma
all'interno di una visione di sviluppo -.
Perché questo è avvenuto soltanto in
Occidente? - La rivoluzione francese e l'illuminismo sono il culmine di un
processo secolare che ha distinto il potere politico da quello economico e da
quello sacro. Nelle antiche civiltà il palazzo e il tempio tendevano a
coincidere. Con il cristianesimo si sviluppa il dualismo del “date a cesare
quel che è di cesare e a Dio quel che è di Dio” che nel medioevo diventa lotta
tra papato e impero, con la nascita del potere economico come un potere di tipo
nuovo, non legato al possesso della terra -.
Perché lei parla della distinzione tra
profezia e utopia come una svolta decisiva? - Nell'Antico testamento si
sviluppa l'idea di profezia come espressione di una volontà di un dio super
partes. Non identificato col potere, ma che si mette in dialettica con esso e
ne condanna gli abusi. È questa l'idea che mette le sue radici anche nel
cristianesimo. La Chiesa diventa profezia istituzionalizzata: il profeta non è
più isolato, ma diventa una comunità. Che non si identifica con il potere,
anche se spesso finisce per entrarvi in combutta. Non voglio dire che la
teocrazia non è esistita, anzi. Ha messo la testa fuori in Occidente in ogni
generazione, il potere sacro ha sempre cercato di impadronirsi di quello
politico ed economico, ma in Occidente non si sono mai identificati l'uno con
l'altro. Questo ha prodotto una fibrillazione, una tensione continua, che ha
portato allo sviluppo dell'idea di rivoluzione. E si arriva alla decapitazione
di Carlo I nel 1648 -.
E l’utopia? - La prima utopia è quella di
Thomas More. È la progettazione di una società “felice”. Che riempie il
contenuto rivoluzionario di un nuovo potenziale. Non si parla più di profezia
legata alla “fine dei tempi”, la profezia si storicizza e diventa utopia. La
storia della salvezza diventa “progresso”, movimento -.