Tratto da “Calamandrei:
oggi perfino lui sarebbe un anti-sistema” di Peter Gomez, pubblicato su “il
Fatto Quotidiano” del 19 di aprile dell’anno 2018: “Bisogna ricominciare a
distinguere che altro è il lavoro professionale redditizio e altro l’ufficio
politico gratuito, e che chi mescola le proprie cariche politiche con i propri
affari personali, inquinando nello stesso tempo la vita privata e la vita pubblica,
le ragioni della politica e quelle della scienza e dell’arte, non è un grande
politico, né un grande scienziato, ma è semplicemente un miserabile cialtrone”.
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
venerdì 19 aprile 2019
giovedì 18 aprile 2019
Riletture. 84 La «sindrome di Collier» ed «il richiamo delle pulizie di Pasqua».
Tratto da “L'arte
americana di liberarsi dai cattivi ricordi” di Vittorio Zucconi, pubblicato
sul settimanale “D” del 18 di aprile dell’anno 2015: Fu nel 1947, 68 anni or sono, che
la forma più estrema di quel disturbo mentale che affligge tanti di noi ebbe il
primo nome, quello dei fratelli Homer e Langley Collier. Nel primo giorno di
primavera, il 21 marzo, la polizia sfondò la porta del loro appartamento ad
Harlem, richiamata dai miasmi che si sprigionavano dall'abitazione.
mercoledì 17 aprile 2019
Lalinguabatte. 77 «Rimorso di incoscienza».
Discetta Marshall McLuhan, in un Suo
inedito dell’anno 1963 – tempo lontano assai e non sospetto ancora –, inedito che
di seguito in parte trascrivo e dal quale ho preso a prestito il titolo per
questo post, inedito dato alle stampe in un numero della rivista - di un decennio
addietro almeno (del gennaio dell’anno 2009?) - “Lettera Internazionale”, discetta il grande McLuhan di un sapere umano
legato alla dimensione della “visione” e di un sapere, o meglio di una
conoscenza, legata alla dimensione “dell’udire”. Sostiene sempre il grande McLuhan
appartenere il primo alla sfera ed all’arte della scrittura, appartenere il
secondo alla sfera dei moderni mezzi di comunicazione, che a Suo dire – detto
nell’anno del signore 1963 – sembra abbiano soppiantato l’arte antica della
scrittura come forma di comunicazione o di memoria collettiva. Non posseggo
strumenti scientifici o cognitivi se non per apprezzare, nella mia limitatezza,
l’arguto e dottissimo Suo argomentare. Ma una questione oggigiorno mi pongo e la
pongo: che i moderni mezzi di comunicazione di massa non abbiano determinato
irreversibili processi di annientamento della coscienza privata, del singolo o
di un gruppo sociale, di quel gruppo detto ceto medio che soleva auto-aggettivarsi
“riflessivo”?
Che non abbiano quei mezzi determinato un annichilimento dello spirito critico
ed abbiano in pari tempo consentito lo sviluppo di uno “spirito di asservimento a prescindere” riguardo a tutto ciò che i
sistemi di comunicazione elettronici ci propinano? Sono convinto, senza
strumenti idonei per sostenere la fondatezza di tale mia convinzione, che nelle
menti di tantissimi esseri umani si sia come cristallizzata una “coscienza civica nuova e collettivizzata”
che uniforma ed omologa i comportamenti dei singoli su scala planetaria. Ho
letto analisi di importanti opinionisti basiti e smarriti assai di fronte
all’altissimo consenso politico-sociale mantenuto nel bel paese dall’egoarca di
Arcore – al secolo Silvio B. – che si riverbera anche nella attuale situazione
di crisi profonda che attraversa il Paese, una crisi profonda e dagli esiti
imprevedibili alla quale il nostro ha contrapposto a suo tempo, tra le decisioni
governative, ridicole ed imprudenti dichiarazioni – cosa dire dell’invito a
spendere ciò che non sia posseduto per riavviare un clima di scialacquamento di
risorse – dichiarazioni che avrebbero distrutto di certo qualsiasi altra fortuna
politica che non fosse sostenuta dalle ingenti sue risorse e dal controllo suo spietato
dei moderni mezzi elettronici di captazione del consenso collettivo. Sostiene
sempre McLuhan che il trionfo smodato ed al momento incontrastato dei mezzi
elettronici di comunicazione e di asservimento collettivo ha prodotto un
effetto straordinario: una “tribalizzazione sociale” senza precedenti, con un
ritorno delle tecnologiche avanzate nelle società odierne “alla dimensione unificata delle
antiche culture orali, alla coesione tribale e a schemi di pensiero
preindividualistici”. I conti tornano: ritornare ad una società che
affida la propria memoria all’oralità e non alla scrittura consente agli
oligarchi del tempo corrente di dire e negare, al modo superbo dell’egoarca di
Arcore, sommo maestro in tale indecorosa arte. È proprio vero: le vie della
mente umana sono infinite ed imperscrutabili assai e sono sempre da temersi
sommamente le imprevedibili sue tortuosità. Ha scritto Marshall McLuhan:
lunedì 15 aprile 2019
Sullaprimaoggi. 75 Toia&Zinga, alla prova dei fatti.
Tratto da “Ladri
in salute” di Marco Travaglio, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 14 di
aprile 2019: (…). Era il gennaio 1995 quando una giornalista del Corriere,
Elisabetta Rosaspina, chiamò una sua fonte in Regione Lombardia per avere
notizie sulle nomine alle Asl. La fonte rispose di non poter parlare, perché
impegnata nella riunione decisiva sui nuovi direttori generali e sanitari delle
aziende ospedaliere. Ma, pensando di metter giù la cornetta, premette per
sbaglio il pulsante “vivavoce”. Così la cronista ascoltò in diretta il mercato
delle vacche trasversale, senza riuscire a distinguere le voci dei
“progressisti” del Ppi e del Pds e da quelle dei leghisti (alleati nella strana
giunta del bossiano Arrigoni). “Noi vi lasciamo Magenta e ci portiamo a casa
Vimercate”. “Molla Cernusco e facciamo un discorso su Garbagnate”. “A Lecco
mandate chi volete, ma non un pidiessino, sennò Cristofori ci resta di merda”.
“Se non mi date il Gaetano Pini, mi dimetto e fate la giunta con il Pds”. “Se
Piazza va a Lecco e Berger al posto di Grotti, mettiamo Arduini a Milano 2, ma
Riboldi resta fuori”. “A Cernusco sono d’accordo di mettere un Pds e Grotti su
Milano 6”. “Posso chiedere ai pidiessini di spostarsi da Cernusco a Garbagnate”.
Alla fine due voci tirarono le somme: “Dunque, a Milano, su 17 Usl e 8
ospedali, il Ppi ha 5 Usl e 2 ospedali, mi pare ragionevole”. “Voi chiudete con
2 ospedali, San Carlo e Fatebene, e 3 Usl, noi con 3 ospedali e 5 Usl, la Lega
con un ospedale e 6 Usl, il Pds 2 più 2”. La cronaca politica diventò presto
cronaca giudiziaria: quasi tutta la giunta finì rinviata a giudizio. Ma il 1°
luglio 1997, prima delle sentenze, il Parlamento a maggioranza centrosinistra
ma anche coi voti del centrodestra, provvide a salvare tutti depenalizzando
l’abuso d’ufficio non patrimoniale. Al giudice non restò che prosciogliere
tutti gli imputati perché il reato non c’era più: se il pubblico ufficiale
commette un atto contrario ai suoi doveri d’ufficio, ma non si riesce a
dimostrare che ne abbia avuto un vantaggio quantificabile in denaro, non
rischia più nulla. Legalizzati i favoritismi, le lottizzazioni, i nepotismi, i
concorsi truccati. È la tipica reazione della politica agli scandali. Anziché
rimuovere gli indagati, riformare le norme e le prassi che li inducono in
tentazione, rendere più difficile commettere illeciti e più facile scoprirli,
si aboliscono i reati e tutto continua come prima. Fra i miracolati dalla
controriforma del ’97 c’era l’ex assessora lombarda alla Sanità, Patrizia Toia,
47 anni, ex Dc passata al Ppi.
domenica 14 aprile 2019
Terzapagina. 78 «La libertà non sa che farsene degli imbelli».
Tratto da “Disobbedire
è una virtù repubblicana” di Gustavo Zagrebelsky, pubblicato sul quotidiano
la Repubblica del 12 di aprile 2019: Appellarsi alla legge è, di norma, la difesa
contro l'arbitrio, la violenza e la paura. Le leggi, dicevano gli antichi, sono
mura che proteggono la città. Perciò, alle leggi si deve ubbidire. Lo dice,
come cosa ovvia, anche l'articolo sempre si discute del rapporto tra 54 della
Costituzione. Ubbidire sempre? Anche quando la legge legalizza arbitri,
violenza e paura?
sabato 13 aprile 2019
Lalinguabatte. 76 «Il mondo accade perché lo si comunica, e il mondo comunicato è l'unico che abitiamo».
“La tv che ruba l'anima” è il titolo di una corrispondenza di Umberto Galimberti pubblicata qualche
tempo addietro - il 12 di luglio dell'anno 2008 - su di un supplemento del quotidiano “la Repubblica”. In e con essa
l’illustre Autore compiva un’analisi molto approfondita degli aspetti più
pervasivi dei moderni mezzi della
comunicazione di massa – televisione ed internet soprattutto – e delineava i
pericoli che le democrazie del terzo millennio corrono allorquando quegli
stessi mezzi siano utilizzati opportunisticamente a favore di ristretti gruppi
sociali o addirittura di esigue caste politiche od economiche.
venerdì 12 aprile 2019
Sullaprimaoggi. 74 Zanda&Zinga, il nuovo che avanza.
Zanda. Tratto da “Nuovi diserbanti: Zanda” di Marco Travaglio, pubblicato su “il
Fatto Quotidiano” del 30 di marzo 2019: (…). Nato
a Cagliari nel 1942, il tenero virgulto ha lavorato ai vertici del Mose di
Venezia, del Viminale con Cossiga, del gruppo Espresso, di Lottomatica, del
Giubileo con Rutelli, del Palaexpo, della Rai, della Dc, del Ppi, della
Margherita, del Pd veltroniano, franceschiniano, bersaniano, lettiano,
renziano, gentiloniano e zingarettiano.
giovedì 11 aprile 2019
Terzapagina. 77 «Questo ‘oltreuomo’ transumanista».
Tratto da “Transumanisti:
un click li seppellirà” di Massimo Fini, pubblicato su “il Fatto Quotidiano”
del 9 di aprile 2019: (…). Grazie alle straordinarie scoperte e
realizzazioni scientifico-tecnologiche degli ultimi decenni (rigenerazione
cellulare, impianti cibernetici sottopelle, mutazioni genetiche controllate,
ibridi macchina-animale e uomo-macchina, sospensione crionica, mind uploading,
nanotecnologie, superintelligenze artificiali, robosapiens) si pensa a una
fusione completa fra l’uomo e la macchina, a un uomo che va oltre l’uomo, che
non è più un uomo come oggi lo conosciamo, ma un impasto fra tecnologia e ciò
che ancora resterà della sua parte biologico-antropologica, naturale, destinata
comunque, in questa visione, a cedere nel tempo sempre più spazio alla prima
fino a scomparire. I ‘transumanisti’ (il Transumanesimo, le cui fondamenta sono
state poste nel 1957 da Julien Huxley che esalta “le possibilità aperte dalle
nuove frontiere della scienza e della tecnica che porterebbero l’uomo a superare
i propri limiti biologici”), forse per salvarsi un po’ la coscienza, non si
considerano però degli anti-umanisti, in contrasto, per intenderci, con
l’umanesimo rinascimentale, ma piuttosto dei suoi continuatori, un’evoluzione
necessaria dell’uomo che altrimenti sarebbe destinato a scomparire (“Mutare o
perire”). Questo ‘oltreuomo’ transumanista non va confuso col “Superuomo” di
Nietzsche che postula una fase superiore dell’umanità (“l’uomo è un arco teso
fra la scimmia e il superuomo”), e che quindi non ha nulla a che fare con un’individuale
‘bestia bionda’ come lo interpretarono, a loro uso e consumo, i nazisti,
‘superumanità’ cui si arriva attraverso una sofferta ricerca interiore
(Nietzsche, ritenuto il padre del nichilismo, in realtà non sfugge, nemmen lui,
al suo secolo, l’Ottocento, e resta perciò un ottimista). Nel Transumanesimo,
al contrario, non è l’uomo a governare la propria evoluzione, ma è la macchina
a determinarla. Io sono sull’altra sponda. Sto con Eraclito che riteneva che
l’umanità fosse destinata a degenerare, dal punto di vista etico,
progressivamente e costantemente. Se guardiamo la Storia dall’alto degli anni
Duemila mi sembra difficile dargli torto. Sto con Lao-Tse che sottolinea che
quando si passa dall’indifferenziato al differenziato (e qui la tecnica c’entra
solo fino a un certo punto o non c’entra affatto) cioè, per intenderci, dal
clan e la comunità a una forma di società apparentemente più progredita,
nascono le classi sociali con i conflitti interni che si portano dietro,insieme
alle conseguenti frustrazioni, alle invidie, agli odii.
martedì 9 aprile 2019
Riletture. 83 «L’Italia è al collasso».
Tratto da “Dalla politica alla Chiesa l’Italia è al collasso”, intervista di
Antonello Caporale a Bill Emmott – già direttore dell’Economist – pubblicata su
“il Fatto Quotidiano” del 9 di aprile dell’anno 2013: “Se state annegando in una crisi
che definite senza precedenti è perchè gli argini della società civile non
hanno retto. In Italia si è verificato un collasso di tutti gli organi vitali
della comunità: prima la politica certo. Ma poi la Chiesa, poi la famiglia,
infine l’informazione. Un birillo caduto sull’altro, un effetto domino
disastroso. Non c’è istituzione salva, integra, degna. Alla fine, del vostro
Paese resta il corpo scheletrito, ridotto alla fame. Lo scuoti ma non ricevi
segnali di vita. Lo osservi e lo trovi immobile, insensibile a qualunque
sollecitazione. Il voto a Beppe Grillo non è altro che un sussulto, un rantolo
di fine corsa, un moto di rabbia e impotenza insieme”.
lunedì 8 aprile 2019
Sullaprimaoggi. 73 Tutti pazzi per Greta Thunberg.
Tratto da “Ambiente,
tra utopia e bambinocrazia” di Daniela Ranieri, pubblicato su “il Fatto
Quotidiano” del 16 di marzo 2019: (…). Dal mito, al rito: Zingaretti le ha
dedicato la vittoria alle primarie (un’afasia selettiva impedì al neosegretario
di manifestare la sua ecosensibilità quando l’allora leader del suo partito, il
capomastro dello Sblocca Italia, invitava a non votare al referendum sulle
trivelle), e ci sono già ovviamente una Greta italiana, Alice, della quale si
riportano gli aforismi come fossero perle del Dalai Lama, e una Greta inglese,
Emily, che durante il consiglio della sua cittadina ha detto: “Ho sei anni (!,
ndr), date anche a me l’opportunità di cambiare il mondo”.
domenica 7 aprile 2019
Sullaprimaoggi. 72 «Le crisi ci hanno quasi sempre consegnato a figure di demagoghi spregiudicati».
Tratto da “Questa
Italia ha sdoganato la sua ferocia”, intervista di Simonetta Fiori al
sociologo Marco Revelli, pubblicata sul quotidiano la Repubblica del 3 di
aprile 2019: (…). Lei condivide l’analogia tra fascismo storico e il populismo di
destra espresso da Salvini? «La mia è una risposta ambivalente, nel senso che
riconosco elementi di analogia ma anche di forte novità». Dove vede la
somiglianza? «Salvini sta pienamente dentro quella che Piero Gobetti nel 1922
aveva definito “autobiografia della nazione”, riferendosi alla fragilità
politica degli italiani. Sia il fascismo che le cadute successive rivelano la tendenza
degli italiani a consegnarsi di volta in volta a un salvatore della patria. Una
prova di immaturità politica ricorrente. Con indubbie analogie tra Mussolini e
Salvini sul piano dello stile».
sabato 6 aprile 2019
Riletture. 82 «L’apertura globale dei mercati e la decadenza del valore sociale del lavoro».
Da “Da
emancipazione a fatica la metamorfosi del lavoro” di Nadia Urbinati, pubblicato
sul quotidiano la Repubblica del 6 di aprile dell’anno 2016: Il
declino del riformismo sociale, (…), è il segnale di una crisi ben più vasta
che coinvolge lo stato democratico. Un declino che ha coinciso con l’emergere
di fattori di mutamento profondi per la trasformazione dei rapporti politici
connessi al lavoro: il declino del compromesso tra capitalismo e democrazia
(per la trasformazione del primo da industriale a finanziario) e l’apertura dei
confini simbolizzata dalla fine della Guerra fredda. Le frontiere hanno
consentito il riformismo sociale e la costruzione delle democrazie.
venerdì 5 aprile 2019
Riletture. 81 «Dove “vero” diventa “reale”. Io lo chiamo “realismo demenziale”».
Tratto da “Il
delirio di essere reali e il metodo del tenente Colombo” di Beppe Grillo (e
il suo neurologo), pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 5 di aprile dell’anno
2016: (…). Sai forse qual è l'elemento distintivo di questo periodo storico e
culturale? Il fatto che non è più possibile dare per scontato nulla. Ci sono
molti pregiudizi sull'atteggiamento mentale che ha una persona quando dà
qualcosa per scontato. Eppure si tratta di uno dei meccanismi mentali più intriganti,
dal momento che poggia sia sull'interiorità sia sul senso sociale. Se io do
qualcosa per scontato significa che immagino in modo automatico che
l'esperienza sia condivisa in modo talmente “scontato” che non sia necessario
dirlo. (…).
mercoledì 3 aprile 2019
Riletture. 80 Ricordando Giovanni Sartori «contro la politica degli analfabeti».
Tratto da “Contro
la politica degli analfabeti” di Gianfranco Pasquino, pubblicato su “il
Fatto Quotidiano” del 3 di aprile dell’anno 2018: (…). …Giovanni Sartori (Firenze,
13 di maggio 1924-Roma, primo di aprile 2017 n.d.r.) affermava senza mezzi termini
che la cultura politica italiana soffriva di "analfabetismo
politologico". I suoi bersagli erano chiari: democristiani e comunisti, e
lo sarebbero rimasti fino alla loro ingloriosa scomparsa. I democristiani
irritavano Sartori per la loro accertata incapacità di andare oltre una cultura
giuridica alquanto formalistica e per l'incomprensione dei meccanismi della
politica, a cominciare, già allora, dai sistemi elettorali.
martedì 2 aprile 2019
Lalinguabatte. 75 «La politica della diceria».
(…). Ché il sospetto sopito
dell'unzioni s'era intanto ridestato, più generale e più furioso di prima.
S'era visto di nuovo, o questa volta era parso di vedere, unte muraglie, porte
d'edifizi pubblici, usci di case, martelli. Le nuove di tali scoperte volavan
di bocca in bocca; e, come accade più che mai, quando gli animi son
preoccupati, il sentire faceva l'effetto del vedere.
lunedì 1 aprile 2019
Terzapagina. 76 «Tempo di paure, tempo di autoritarismi».
Tratto da “Come
salvare la democrazia dalla paura” di Gustavo Zagrebelsky, pubblicato sul
quotidiano la Repubblica del 28 di marzo 2019: (…). Le istituzioni che abbiamo
creato, a incominciare dallo Stato, sono figlie della paura, non certo della
fiducia. Nello Stato c'è qualcosa di paradossale e contraddittorio: ha le sue
radici nella paura e si propone di combatterla. La sicurezza è la sua ragion
d'essere.
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