Da “Basta
con le banche, il destino dell’Unione lo scelgano i popoli” di Jürgen
Habermas, sul quotidiano la Repubblica del 23 di giugno 2015: (…). L’unione
monetaria resterà instabile finché non sarà integrata da un’unione bancaria,
economica e fiscale. In altri termini, se non vogliamo che la democrazia sia
palesemente ridotta a puro elemento decorativo, dobbiamo arrivare ad un’unione
politica. (…). L’esito elettorale greco è quello di una nazione la cui netta
maggioranza insorge contro l’opprimente e avvilente miseria sociale imposta al
paese dall’austerità. In quel voto non c’è nulla da interpretare: la
popolazione rifiuta la prosecuzione di una politica di cui subisce il
fallimento sulla propria pelle. Sorretto da questa legittimazione democratica,
il governo greco sta tentando di ottenere un cambio di politica nell’Eurozona;
ma a Bruxelles si scontra coi rappresentanti di altri 18 paesi che giustificano
il loro rifiuto adducendo con freddezza il proprio mandato democratico. Il velo
su questo deficit istituzionale non è ancora del tutto strappato. Le elezioni
greche hanno gettato sabbia negli ingranaggi di Bruxelles, dato che in questo
caso gli stessi cittadini hanno deciso su un’alternativa di politica europea
subita dolorosamente sulla propria pelle. Altrove i rappresentanti dei governi
prendono le decisioni in separata sede, a livelli tecnocratici, al riparo
dell’opinione pubblica, tenuta a bada con inquietanti diversivi. Le trattative
per la ricerca di un compromesso a Bruxelles sono in stallo, soprattutto perché
da entrambi i lati si tende a incolpare gli interlocutori del mancato esito nei
negoziati, piuttosto che imputarlo ai difetti strutturali delle istituzioni e
delle procedure. Certo, nel caso di specie siamo di fronte all’attaccamento
cieco ostinato a una politica di austerità giudicata negativamente dalla
maggior parte degli studiosi a livello internazionale.
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".
giovedì 25 giugno 2015
mercoledì 17 giugno 2015
Lamemoriadeigiornipassati. 14 “Tsunami silenzioso”.
Ora che lo “tsunami silenzioso” – inteso come gigantesca
“ondata” di esseri umani che da una sponda all’altra dell’antico Mare tentano
di ri-conquistare una speranza di vita nuova – si abbatte sulle nostre coste sollecitando
nei nostri nativi gli atteggiamenti peggiori in fatto di rapporti umani, trovo
necessario e giusto proporre un lavoro dello scrittore-giornalista Ettore
Masina, ovvero una Sua “Lettera” – la numero 104, per come
abitualmente le catalogava – che risale al mese di gennaio dell’anno 2005, lettera
che è espunta delle notazioni personali, pur pregevolissime, e di altre parti,
per renderne più spedita la lettura, e senza nulla togliere, lo spero,
all’essenza di un messaggio Suo affinché “famiglie, scuole, comunità di fede,
associazioni culturali ma anche legami d'amore o d'amicizia, reti di libera
informazione, gruppi di solidarietà devono
diventare i luoghi di una speranza difficile ma testarda: la quale
scopre nel suo cammino che la vita è bella quando si apre a essere dono”.
Traggo quindi dalla “Lettera104” del gennaio 2005:
martedì 16 giugno 2015
Oltrelenews. 48 “Clima&Petrolio”.

domenica 14 giugno 2015
Oltrelenews. 47 “Salvinichi?”.
Da “Renzi ha
finito le metafore, aiuto” di Daniela Ranieri, su “il Fatto Quotidiano” del
29 di novembre dell’anno 2014: (…). Ma adesso qualcuno comincia a
sospettare che l’abuso di metafore sia un’abile strategia per mascherare la
mancanza di strategie. Matteo ha unito un naturale istinto affabulatorio a un
uso bellico, di sfondamento, della supercazzola di Monicelli. Nativo televisivo
coi riflessi da Ruota della fortuna, ha mostrato la sua marcia in più rispetto
al più grande inventore di sineddochi e di racconti paralleli al vero della storia
italiana (quello de “i ristoranti sono tutti pieni”) portando alla ribalta un
linguaggio inaudito, fresco, tutto giochi di parole e rime spassose.
Intelligenza rapida, talento da battutista, propensione alla vanagloria: gli
ingredienti c’erano tutti per fare di uno scalatore da sezione di provincia il
narratore di una nuova nazione, fuori dalla gora della crisi e dei tecnicismi
fallimentari. Ed è nato Matteo Renzi: a metà tra il cazzaro da Bar dello Sport
e il grande statista, lui stesso metafora vivente (ultima spiaggia,
rottamatore), Matteo ha pescato nei simboli più potenti dell’immaginario
nazionale una caterva di metafore efficaci, mediaticamente pro-attive,
familiari e gagliarde, per forma e lunghezza destinate a finire nei titoli dei
giornali e nei 140 caratteri di Twitter. E ha funzionato, finora. Dài Matteo,
facce ’n’altra metafora. (…).
giovedì 11 giugno 2015
Cosecosì. 98 “I tecnici”.
“I tecnici”, “esperti”
ma non troppo. Oggi sarebbe il caso che non si parlasse di loro. Ché ben altri
affanni stanno ad assediare ed insidiare le nostre già magre esistenze.
Parliamo allora degli “esperti”. Non capisco perché oggi
li si voglia nomare “tecnici”. Forse per il fatto che la tecnica abbia invaso così
prepotentemente, stravolgendole, le nostre esistenze? Bisogna pur riconoscere
che essa, la tecnica intendo dire, ha reso un tantino più semplice la nostra
vita. È che è stata la politica ad avere decretato l’abbandono del termine “esperti”
per rifugiarsi in quell’equivalente oggigiorno di gran moda. Ma forse dietro
l’ambiguità della scelta si nasconde l’imbroglio. E l’imbroglio sta nel fatto che
quelli della “casta” – copyright di quel grande che è Gian Antonio Stella; e
maledizione torniamo a parlare di quelli! –, che risultano non essere esperti
in nulla, hanno trovato molto meglio definire
“tecnici” i momentanei soccorritori alle loro deficienze, termine
che lascia tutto nel vago in un malandato paese nel quale di “tecnici”
se ne ritrovano a milioni, basti pensare a tutti i “tecnici” che dal lunedì
al sabato sera disquisiscono di tattiche,
moduli e quant’altro afferisce al disincantato, corrotto mondo del
calcio. Cosicché utilizzando a piene mani come “fonema” il termine “tecnici”
si dice e non si dice di un qualcuno chiamato all’ardua impresa, e tutto resta
nell’ambiguo, stante proprio quella moltitudine di “tecnici” che albergano spensierati
nelle ridenti contrade del bel paese. Che in più quel “tecnici” ha il pregio di
poter essere appiccicato a chicchessia. Tanto è vero che, in quelle ridenti e
verdi contrade, sia potuto accadere che i “tecnici” abbiano mutato in un sol
giro di danza la loro pelle e siano divenuti arditamente di quelli della “casta”
mostrandone le insufficienze, le megalomanie e la spaventevole sfrontatezza.
Una piroetta di quei voltagabbana dei “tecnici” che non abbisogna di
esempi per essere confermata, tanti ce ne sono stati nei decenni passati, di
esempi intendo dire, che pur volendone scacciare il ricordo pessimo che hanno
dato nel loro operare una traccia indelebile rimarrà nell’immaginario
collettivo per l’eternità.
lunedì 8 giugno 2015
Oltrelenews. 46 “Vae victis”.

sabato 6 giugno 2015
Oltrelenews. 45 “Finanza vs economia”.

venerdì 5 giugno 2015
Cronachebarbare. 35 “Trilaterale e democrazia decisionista”.
Càspita se non capita in questi giorni liquidi. Capita
che all’improvviso veda il viso e lo sguardo dell’interlocutore cambiare quella
espressione assorta e pensosa che avevano
assunto all’inizio del discorrere. Ché dell’esercizio della dialettica “quellichelasinistra”
ne avevano fatto un segno distintivo, unico nel panorama della cosiddetta “buona
politica”, monopolizzandolo quasi quel segno, vessillo da esibire con
grandissimo orgoglio in contrapposizione alle altre pubbliche rappresentazioni della
politica che della dialettica se ne facevano beffa se non altro ancora. E si scorga
su quel viso ed in quello sguardo farsi largo una espressione non più assorta e
pensosa, bensì ilare, di finta considerazione e comprensione del ragionare dell’interlocutore,
di commiserazione, espressione che è ad un passo dal compatimento dell’altro con
quell’atteggiamento tipico di quelli che non menano un passo se non per dire
che “così va il mondo”. E poiché esistono ancora nel buon lessico di “quellichelasinistra”
parole e termini che erano in un tempo andato - per “quellichelasinistra”
- verità incrollabili e che nel tempo
liquido presente sono capaci invece, più di ogni altra cosa al mondo, di
indurre quell’insana ilare commiserazione, ecco come un riflesso pavloviano
comparire, con sopracciglio aggrottato, quello sguardo di compatimento al solo
accennare a quello straordinario “1789” ed a quell’anelito di libertà
che ne venne dalla Francia liberata da un “feudalesimo” ancora imperante. E così
pure nel ricordare e nominare quell’incredibile “1848” che vide la comparsa
di quel “Manifesto” – “spettro” nell’Europa del tempo - redatto
a quattro mani dal “moro” di Treviri. E quel riflesso ancora quando si va a
ricordare l’anno “1948”, ovvero l’anno che diede alla luce qualcosa di veramente
straordinario, quella che è stata definita la “Dichiarazione universale dei
diritti umani”. Accade così di citare – maldestramente – la Nadia
Urbinati che sul quotidiano la Repubblica del 22 di maggio scorso ha scritto in
“I rischi di chi decide senza deliberare”:
giovedì 4 giugno 2015
Oltrelenews. 44 “Rimettianoiinostridebiti”.

mercoledì 3 giugno 2015
Oltrelenews. 43 “Ripresa-ripresina”.

martedì 2 giugno 2015
Capitalismoedemocrazia. 53 “Lupi a Wall Street”.
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