Da “Impresentabili.
E mezza Italia fugge dalle urne” di Silvia Truzzi, intervista a Enzo
Bianchi priore di Bose su “il Fatto Quotidiano” del 2 di giugno 2015: (…). Diceva
Bertrand Russell che “senza moralità civile le comunità periscono; senza
moralità privata la lorosopravvivenza è priva di valore”. (…). Padre Bianchi
che cosa pensa del fatto che in questo turno elettorale abbia scelto di votare
un cittadino su due? - Nella nostra società c’è crisi di fiducia e questa
incapacità a porre fiducia negli altri, nella polis e in una convergenza
politica si aggrava nei confronti dei politici perché questi oggi risultano
sovente inaffidabili: ogni giorno veniamo a conoscenza di accuse di corruzione
e di illegalità… Sovente, poi, anche quando i politici non sono corrotti,
risultano cattivi maestri per il loro stile: anziché essere esemplari, non
aiutano né la qualità della convivenza né la formazione di un consenso
politico. Ci sono cattivi maestri che disprezzano le istituzioni, delegittimano
gli avversari politici, appaiono arroganti nel linguaggio e nei comportamenti,
non sopportano le critiche e agiscono da capi di una corte da loro stessi
creata, fino a gestire il potere in modo egocentrico. Quando i politici
chiedono atti di fede nella loro persona senza mostrare un progetto elaborato
dall’insieme delle istanze sociali e con un’alta qualità di socialità, allora
risultano inaffidabili. Sono veramente pochi i politici che nel tempo mostrano
di meritare il potere che esercitano -. Quali sono secondo lei le circostanze e
gli atteggiamenti che più separano il popolo dalla politica? - Ormai la
distanza dal popolo è enorme, perché la classe politica si mostra incapace di
ascoltare i bisogni più profondi delle persone, di pensare al futuro del Paese
e di interpretare il potere in modo coerente con una democrazia matura e
plasmato da un autentico servizio alla polis. Sempre più autoreferenziali,
sempre più caratterizzati da un comportamento ostentato proprio di chi ritiene
di non dover rendere conto ai cittadini, di fatto alimentano una separazione e una lontananza nei loro
confronti.Quando dei politici mostrano di non aver vergogna e di non voler
rispondere alla giustizia, quando sono incapaci di mantenere una postura
irreprensibile secondo la nostra Costituzione e le leggi dello Stato, allora
non meritano la fiducia. Così sono sempre più numerosi i cittadini che, turbati
e scandalizzati, ricorrono al voto di protesta o trascurano le loro
responsabilità civili oppure smettono di interessarsi della cosa pubblica -. Qualche
speranza che la situazione cambi? - Già da anni lamentavo di come stessimo
andando verso una deriva, verso una barbarie sempre più profonda. Mi pare che
non ci siamo ancora arrestati su questo cammino: si ripetono gli stessi errori,
le stesse persone più volte condannate vengono presentate ugualmente al voto
dei cittadini.Così questi, piuttosto che dare un assenso a persone di cui
diffidano perché prive di qualità morale, nella loro impotenza disertano le
urne. Oggi è prassi diffusa sfuggire alle responsabilità della vita sociale e
pubblica: dominauna rinuncia sistematica alle risposte che ciascuno è chiamato
a dare, ma se manca la responsabilità, allora la polis viene corrosa e non ci
sono più legami sociali. Ci potrà essere speranza solo se si inizia a metter
fiducia nella communitas della quale si fa parte e se si sa rinnovare
quotidianamente questo atto di fiducia. Ma per questo occorrerebbero anche
progetti sociali, politiche e visioni tesi non all’interesse contingente e
particolare. I cittadini devono poter scegliere i propri rappresentanti tra
persone oneste, preparate e capaci di esemplarità civile -.
Da "Il modello Renzi è un partito gassoso, ridotto a una pura corrente d'opinione" di Tommaso Ciriaco, intervista al professor Massimo Cacciari sul quotidiano la Repubblica del 2 di giugno 2015: "Cos'è il Pd, oggi? È solo il partito di Renzi. Dietro non c'è nient'altro". (…). "La Lega rappresenta qualcosa di reale, il Pd nulla. È solo una grande corrente d'opinione renziana". Professore, qualcuno aveva detto: "Sarà un referendum su Renzi". Se è davvero così, il premier l'ha perso? "Ma quale referendum su Renzi? Lui ha fatto campagna elettorale solo il minimo indispensabile. Quindi non è stato un referendum su di lui. Le considerazioni da fare sono altre". Proviamoci. Partendo naturalmente dal Pd, per molti osservatori il grande sconfitto di questo voto regionale. "Primo dato: dove non c'è Renzi a correre in prima persona, il Pd è un partito allo stato gassoso. Neanche liquido, proprio gassoso. Non ha una struttura organizzata, manca di un radicamento territoriale. (…)". Non è impietoso? In fondo il Pd resta il primo partito. "Il Pd dovrebbe riflettere. Ha raccolto percentuali forse peggiori di quelle di Fassino, Veltroni, Bersani e compagnia". Cosa ha sbagliato Renzi? "Non è che Renzi ha sbagliato qualcosa: questa è la sua cultura. Il partito è una corte di fedeli che lui paracaduta una volta in Veneto, un'altra in Liguria. Questo è Renzi". E non può fare nulla per cambiare? "O Renzi cambia strategia, oppure auguriamoci che riesca ancora a vincere da solo...". Ma ha vinto in cinque regioni. Questo non conta? "Dove vince, vincono ras locali come Emiliano e De Luca, che c'entrano con Renzi come c'entro io con la Mongolia esterna. E d'altra parte perché stupirsi? Questo modello di partito è nella filosofia di Renzi, corrisponde alla sua concezione dei partiti e dei sindacati. Ecco, chi semina vento raccoglie tempesta". Eppure per molti i dem rappresentano l'unico partito nazionale. Ancora senza alternative. Condivide? " Per ragioni storiche Renzi si limita a convogliare su di sé una grande corrente d'opinione pubblica. Ci sono industriali, giornali e persone ragionevoli che dicono: che devo fare, c'è Renzi, chi c... voto altrimenti? Ma è un ragionamento di bassissima real politik". Almeno nelle Regioni rosse ha vinto. "Dove vince, vince con il cavallo di Caligola perché dall'altra parte non c'era nulla. Ma la questione settentrionale riesplode prepotentemente, con la Lega che in Toscana è al 16% e sopra il 10% nelle altre regioni centrali. La prospettiva è drammatica. E i grillini tengono bene, rispetto alle ultime tornate". Nel suo Veneto la Lega ha raggiunto vette stratosferiche e il Pd è precipitato. Sorpreso? "Il dato del Veneto è epocale. Strepitoso. Con la somma dei voti della Lega, della lista Zaia e di Tosi, l'area leghista è al 60%. E il Pd, invece? Ricordo che il Pci non era mai andato così male. Anche quando aveva di fronte la grande balena bianca veneta, quella di Rumor, raccoglieva il 15 o 16%. E qualitativamente non c'era paragone, rappresentava settori importanti della classe operaia. Oggi invece c'è solo un generico voto d'opinione che non rappresenta nulla. C'è gente come me che vota Pd solo perché lo vota da una vita". (…). Professore, nel Pd sarà scissione? E il governo rischia? "Guardi, la sinistra non c'è. La lista Tsipras è sparita. Se Pastorino avesse preso il 20%, allora sarebbe stato un altro discorso, con la prospettiva che ipotizzava. Ma così no, cosa vuole che possa succedere? Assolutamente nulla".
Da “Per chi suonano le due campane” di Ezio Mauro, sul quotidiano la
Repubblica del 2 di giugno 2015: Dietro la mappa rossa dell'Italia che lascia
tre sole Regioni alla destra, e dietro la vittoria numerica di domenica per 5 a
2, c'è una sconfitta politica per il Pd di Matteo Renzi. Prima di tutto perché
una destra scompaginata e divisa è riuscita comunque a mantenere le posizioni
di cinque anni fa, con due successi netti e un profilo fortemente competitivo
in Campania e persino in Umbria, segnalando che anche le Regioni rosse possono
diventare contendibili. Poi perché il trionfo di Zaia sulla Moretti in Veneto e
la conquista della Liguria da parte di Toti segnalano che l'innamoramento del
Nord per il centrosinistra alle elezioni europee in realtà era solo un flirt. (…).
Quelle elezioni europee del 40 per cento sembrano molto lontane. Il deperimento
nei numeri e nelle percentuali del Pd lo rende oggi un vincitore barcollante e
incerto, con le cifre di un'astensione selvaggia che evidenziano la crepa
aperta tra il Pd, Renzi e la pubblica opinione. (…). …il crinale che divide la
retorica della rottamazione dalla predicazione dell'antipolitica è sempre stato
molto stretto, e coltivando la prima si rischia di annaffiare la seconda. Così,
specialmente al Sud, le vittorie del Pd portano il volto di due leader della
sinistra populista come Emiliano e De Luca, super-sceriffi abili e diversamente
disinvolti, insediati dal voto come potenze sempre più autonome da tutto, dalle
regole, dalla distinzione tra destra e sinistra, dal Pd e naturalmente da
Renzi. Ce n'è abbastanza per ballare politicamente, altro che fotografarsi
davanti alla Playstation dopo la lettura dei risultati, per trasmettere agli
elettori un segnale di tranquillità da oratorio, che è invece un segnale del
nulla, senza significato e dunque inquietante come tutte le false sicurezze.
Bisognava forse pensare, l'altra sera, che c'era un popolo disperso che davanti
ai siti e alle tv si interrogava sul destino di questo Paese alla fine di una
transizione eterna, e persino sul destino della sinistra, ritenendola lo
strumento politico più adatto a gestire la fuoruscita dalla crisi, coniugando
opportunità e equità. Qui sta il nodo che tiene insieme lo stop elettorale per
Renzi e le chance per il futuro. (…). …Renzi in questi mesi ha diffidato più
della sua sinistra interna che della destra berlusconiana, dimenticando che
quella è una cultura e una classe dirigente fondatrice del Pd, dunque
indispensabile alla sua storia, alle sue ragioni e al suo futuro. In realtà a
ben guardare si contrappongono due logiche fortemente minoritarie: quella di
una sinistra che fa gioco di interdizione invece di pensare in grande, nel
campo aperto, parlando al Paese attraverso il Pd e aiutando-sfidando il premier
con la forza delle idee del riformismo occidentale, non con il rimpiattino che
trasforma ogni proposta del governo in una trincea d'opposizione; e quella del
segretario del più grande partito italiano che incredibilmente si riduce a
guidare solo la sua metà di stretta osservanza e si accontenta di comandarlo
invece di rappresentarlo. Con il risultato di pensare a vincere più che a
cambiare il Pd, soprattutto nel Mezzogiorno, dove si è lasciata marcire una
situazione inconcepibile dal punto di vista della legittimità del capolista e
della legalità di molti candidati impresentabili: (…). Se (…) il partito della
nazione è il partito della sostituzione, con un trapianto centrista che
soppianta i rami nati e cresciuti a sinistra, allora diventa un'altra cosa, e
lascia sguarnita una parte rilevante e indispensabile del campo e di
conseguenza del corpo elettorale, cambiando la natura dell'insieme. Le responsabilità
del voto di domenica e della notte elettorale agitata del Pd sono di tutta una
classe dirigente non all'altezza delle occasioni che la fase offriva, e che
forse sono già svanite. (…).
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