“Al gran bar sport d’Italia” non
accenna a zittirsi l’incontenibile, indecoroso, inutile chiacchiericcio
generato dalla disfatta dei cosiddetti “azzurri”. Un chiacchiericcio
insulso, vomitevole, che la dice lunga sull’impronta antropologica del
cosiddetto bel paese. Che la dice lunga anche su quella che è stata ed è la sua
Storia. Non basta sostituire le cariatidi – nel senso di “Persona che sta in silenzio,
muta, indifferente; estens. retrogrado, passatista” per come recita il
dizionario Sabatini-Coletti – che hanno per sì lungo tempo occupato gli scranni
alti del potere con le giovani e meno giovani acerbe menti della politica. Non
basta tutto ciò. L’occupazione del potere continua nello stile che sia più
consono a quell’impronta antropologica sulla quale hanno discettato in tanti,
sempre malamente sopportati ed inascoltati. Scriveva l’indimenticato,
sopportato, inascoltato Paolo Sylos Labini nel Suo “Diario di un cittadino indignato”: “La cultura è l’elemento
unificante di una società e nella cultura rientra l’arte. (…). Ma, per la
società, non meno importante è l’onestà civile della gente di ogni livello; è
l’onestà civile diffusa che rende vivibile una società. L’autostima a livello
popolare e la stima degli altri paesi sono la base dell’amor di patria e
dell’orgoglio di appartenere ad una comunità. Esortazioni, gare sportive e
festeggiamenti non sono inutili, ma senza quella base sono addirittura dannosi,
perché pongono in risalto il contrasto fra l’apparire e l’essere, e l’amor di
patria, quando c’è ipocrisia, invece di crescere diminuisce ulteriormente”.
Non basta sostituire le cariatidi al potere, ché le nuove non hanno nulla di
diverso nell’approccio mass-media/politica, intendendo le sopravvenute cariatidi
i mass-media quali strumenti indispensabili di “distrazione di massa” e
di “scarnificazione
del pensiero collettivo”. Poiché, senza un pensiero che sia articolato
e compiuto, senza una cultura che sia presupposto per un qualsivoglia paese,
avviene che le… “gare sportive e festeggiamenti non sono inutili, ma senza quella base
sono addirittura dannosi, perché pongono in risalto il contrasto fra l’apparire
e l’essere, e l’amor di patria, quando c’è ipocrisia, invece di crescere
diminuisce ulteriormente”. Come non cogliere la profondità di quel
pensiero che contrasta e stride con le superficialità, le banalità dell’oggi?
Un grande viaggiatore inglese innamorato del bel paese - George Gissing, 1857/1928
- giunto “Sulle rive dello Jonio” - che
è il titolo del Suo diario di viaggio pubblicato nell’anno 1901- ebbe a
scrivere: “Tutte le colpe degli italiani sono perdonate appena la loro musica
risuona sotto il loro cielo. Ci si ricorda di tutto quello che hanno sofferto e
di tutto quello che sono riusciti a fare malgrado i torti ricevuti. Razze brute
si sono gettate, una dopo l’altra, su questa terra dolce e gloriosa; la
sottomissione e la schiavitù sono state, attraverso i secoli, il destino di
questo popolo. Dovunque si cammini, si calpesta
sempre terreno che è stato inzuppato di sangue. Un dolore immemorabile
risuona anche attraverso le eccitanti note della vivacità italiana. È un paese
stanco e pieno di rimpianti, che guarda sempre indietro, verso le cose del
passato; banale nella vita presente e incapace di sperare sinceramente nel
futuro. (…). È legittimo condannare i dirigenti dell’Italia, quelli che
s’incaricano di plasmare la sua vita politica e sconsideratamente la caricano
di pesi insopportabili”. È che con l’impronta antropologica che ci si
ritrova è assai ben difficile maturare comportamenti personali e collettivi che
si confacciano con le democrazie avanzate. Dello scombiccherato “prima
del mondiale” ne ha fatto un prezioso spicilegio Marco Travaglio – “Per favore, non mordermi sul collo” -
su “il Fatto Quotidiano” del 26 di giugno. Di seguito trascrivo l’antefatto di
quella disfatta. Per il “durante il mondiale” e per il “dopo
il mondiale” rimando ad altra parte del layout di questo blog:
Prima… (…). Pronti, via. “Siamo pronti a sorprendere.
Ci siamo preparati bene fisicamente e mentalmente. Le prime partite non sono
decisive, ma vincere dà una forza straordinaria” (Cesare Prandelli alla vigilia
di Italia-Inghilterra, Repubblica, 14-6).
Da Maracanà a Oronzo Canà. “Pirlo all’ultimo
show: ‘Prima la finale al Maracanà poi lascio la Nazionale’” (La Stampa, 12-6).
La perfida Albione. “Fa piacere mandare a
fare… gli inglesi, boriosi e coglioni” (Maurizio Gasparri, Twitter dopo il 2-1
con l’Inghilterra, 15-6).
Cesare e i Britanni. “Quella con l’Inghilterra
è stata una partita epica, la ricorderemo per tutta la vita” (Cesare Prandelli
dopo la prima e unica vittoria al Mondiale contro gli inglesi, 15-6).
Brrr che fresco. “La dieta anti-calore.
Papaia e frutta secca. L’Italia vince a tavola” (Libero, 18-6). Che tesori. “Il
tesoretto. Prandelli cambia, ecco un’Italia più esperta. Buffon si tuffa, è
l’ora di Abate e Bonucci”(Corriere, 19-6).
Panettone Motta. “Il momento di Thiago
Motta, la stella che preferì l’Italia: ‘Io non mi sento brasiliano’” (Repubblica,
19-6). “Motta a centrocampo, Cesare lancia il brasiliano che servirebbe a
Scolari” (Libero, 19-6). “Thiago vuol dire sicurezza: ‘Se tocca a me io sono
pronto’” (Corriere, 19-6).
Palpami il popò. “Bonolis, non vada via
senza essersi fatto dare una palpatina al popò, che porta bene” (Marco
Mazzocchi, Notti Mondiali, Rai1, 19-6).
Baciami il Balo. “Se battiamo la Costa Rica
voglio un bacio, ovviamente sulla guancia, dalla regina d’Inghilterra” (Mario
Balotelli, Twitter, 20-6)
Sogno o son desto. “Riprovaci, Italia. Col
Costa Rica voglia di sognare” (Repubblica, 20-6).
In o a fondo? “Non voglio essere una star,
ma un Campione del mondo. In Brasile è scattato qualcosa in me. Guardo le altre
gare per divertirmi, non mi interessa chi può andare in fondo: conta solo che
in finale ci sia l’Italia” (Mario Balotelli, Repubblica, 20-6).
Ha scritto il professor Maurizio Viroli nella
“premessa” al Suo Volume “La libertà dei
servi” – pag. XI, Laterza editore (2010), pagg. 144 € 15 -: “Ritengo
(…) che l’Italia sia un paese libero, nel senso che c’è sì la libertà, ma
quella dei servi, non quella dei cittadini. La libertà dei servi o dei sudditi
consiste nel non essere ostacolati nel perseguimento dei nostri fini. La
libertà del cittadino consiste invece nel non essere sottoposti al potere
arbitrario o enorme di un uomo o di alcuni uomini. Poiché in Italia si è
affermato un potere enorme, siamo – per il solo fatto che tale potere esiste –
nelle condizioni dei servi”. 113 anni dopo rimane sempre valida la
geniale intuizione di quel grande viaggiatore e scrittore per il quale “è legittimo
condannare i dirigenti dell’Italia, quelli che s’incaricano di plasmare la sua
vita politica e sconsideratamente la caricano di pesi insopportabili”. Ieri
come oggi.
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