Colpo di spugna. È finita. Cosa?
L’estate. E dove va? Si dissolve. Svapora? E non esiste un deposito, un hangar
dove i venti dell’autunno ammucchino ombrelloni e sdraio, asciugamano e
abbronzanti, spruzzini per l’acqua, coni per gelato impilati come archi di
trionfo? E sparsa ovunque, fragranza, speranza, misto di paranza, profumo di
Provenza…e riposta in bauli azzurri, leggera la brezza e oltre la polvere e
l’asfalto, l’area delle palette e dei secchielli, delle formine, dei rastrelli?
E poi il reparto delle urla dei bambini, dei primi bagnettini, le ciambelle, le
paperelle e le merende con i piedi in acqua? Tutto è deserto e dove sono le
persone? In questo finire dell’estate ho incontrato la “bella
gente” della quale ne scrive, interrogandosi, nel Suo splendido pezzo
che sa di mare e di forte sapore salmastro portato dal vento, Andrea Satta,
pezzo pubblicato sul quotidiano l’Unità del 25 di settembre dell’anno 2011 col
titolo “A proposito di colpi di spugna:
è finita l’estate”. Nella città di Ducezio – Ducezio re dei Siculi dal 460 a.C. al 450 a.C (Nea o Mene, 488 a.C.; Kalè Aktè, 440 a.C.) - ho incontrato la “bella
gente”. Peraltro giovine. Pensavo che con il finire dell’estate il poco
turismo rimasto fosse costituito dalle signore e dai signori della nostra età.
Mi sbagliavo. Nella città di Ducezio ho incontrato la “bella gente”, peraltro
giovine. Niente tatuaggi. Niente piercing. Niente vili monili sui lobi delle
orecchie. “Bella gente”, giovine. Venendo nella città di Ducezio avevo ancora
negli occhi le immagini di ben altra gente incontrata nel caldo torrido di
questa estate. Tatuata sui polpacci, sul dorso, sulle braccia, ovunque un lembo
di pelle lo permettesse. È stata l’estate più “cafona” vissuta in quel
di ******. Niente di tutto questo nella città di Ducezio. Ho incontrato la “bella
gente” nella confortevole atmosfera del B&B “Macrìna” nella città di
Ducezio, ove a preservarne il confort abbiamo trovato la vigile, discreta, sempre
attiva presenza del Sig. G.M.. Ho incontrato inaspettatamente la “bella
gente”, giovine, che non schiamazza, che cerca di non dare nell’occhio,
che parla sommessamente, che saluta con cordialità, che ama conversare e che
consente così di riconciliarsi con il “prossimo” dopo averne patito la
cafonaggine giovanile, e non solo, nella ancora non spenta torrida estate. È
che, nella città di Ducezio, tutto invoglia alla misura, alla pacatezza, alla
contemplazione ed al rispetto del bello e del misterioso che sembra essere stato,
come d’incanto, imprigionato nelle grandi e piccole pietre dei palazzi rese
luminose dalla stupenda luminosità del luogo. E si è rapiti come per un
incantamento improvviso, come in una sospensione del tempo che ricaccia in un
tempo che è stato e del quale si avverte la necessità di conoscerne la storia.
Ed in questo finire dell’estate la poetica scrittura di Andrea Satta si
interroga sulla “bella gente” offrendo uno spaccato antropologico che riporta, impietosamente,
agli affanni che ritornano del vivere: Cosa diventa un bagnino dopo il
solleone? Dopo l’estate in cosa si trasforma? Lo ritroverò cameriere? Sarà
stato un ingegnere che lavorava per farsi la stagione al mare? Un cantante, uno
scrittore, un portiere di calcio, uno che sa mettere mano al carburatore?
Quello dei cocomeri venderà castagne e olive? Forse monterà le luminarie nelle
fiere? Accenderà al Camposanto le lampade votive? E il gelataio scivolerà sui
gusti invernali, nocciola, castagna e noce, invece di melone e pesca gelata?
Vorrei non perdermi le foto, ora che esodo e controesodo sono silenziati, ora
che il traffico, dalla mia finestra sulla tangenziale, è sempre uguale e
migliaia di persone, sempre diverse, vanno a dare il culo tutte nello stesso
posto, con la stessa faccia e lo stesso umore. (…). Colpo di spugna, è finita
l’estate. E la leggerezza? E l’idea pazza? Il sorriso, il colore sul viso? E il
desiderio del sale e dell’amore? Lo cerco nelle auto in fuga, rovisto negli
abitacoli lontani mille mari. Meglio dimenticare, sepolti dalla coltre di
particolato e dalla cenere nucleare. Ho voglia di piazzarmi qua, con
l’ombrellone e i miei due bambini, nell’aiuola spartitraffico, proprio sotto il
semaforo che angoscia, a giocare in un metro quadro di sabbia, con costume,
paletta, secchiello e immaginare. Vorrei che l’energia si trasformasse, vorrei
che agli ordini di scuderia non ci si rassegnasse … Ora divertiti, ora basta,
ora lavora, ora gioca, ora mangia, ora smetti, ora innamorati, ora guarda: il
mare, la luna, una cometa. Ora guarda c’è una stella cadente. Ora basta, è
suonata la campanella. Ho incontrato la “bella gente” nella città
di Ducezio.
Nessun commento:
Posta un commento