"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 4 settembre 2012

Cosecosì. 26 Sulla fiducia.


È sempre interessante incontrare la cosiddetta “borghesia”. La “borghesia” faccendiera. La “borghesia” delle arti e dei mestieri. Un tempo si sarebbe detto delle arti e delle professioni liberali. È interessante incontrarla per capirne gli “animal spirits” del momento. Io l’ho incontrata stamane nel negozio del mio solito acconciatore per signori in quel di ******. Un cinquantenne, brizzolato, dall’incarnato abbondantemente abbronzato. L’ho incontrata, la “borghesia” intendo dire, che se ne stava tranquillamente accomodata su di una poltrona del mio solito acconciatore per signori intenta a parlare al telefonino con un, presumo dall’idioma che mi perveniva, lontano interlocutore. Parlava e parlava, incurante della mia presenza e della mia attesa paziente. La “borghesia” incontrata stamane parlava di forniture e di contratti, di collaborazioni al minimo e di quant’altro afferente agli affari di quella classe sociale. Ne ha parlato, la “borghesia” incontrata stamane, per un bel pezzo, mentre il paziente acconciatore per signori, reso nel frattempo inoperoso, attendeva la fine della conversazione. Terminata la quale il rampante rappresentante di quella cafona “borghesia” portava via la sua maleducazione e la sua protervia di classe. L’appartenenza alla quale, alla classe intendo dire, segna vita, psiche e cultura delle persone. Ho saputo poi, dal sempre mite acconciatore per signori, divenuto nel frattempo visibilmente insofferente, che ancor prima del mio arrivo la comunicazione aveva avuto inizio da almeno un quarto d’ora abbondante. È sempre interessante incontrare la cosiddetta “borghesia”. Per conoscerne i pensieri più profondi, sol che ne abbia, aldilà di forniture, contratti e remunerazioni al ribasso delle collaborazioni. È sempre interessante incontrare la cosiddetta “borghesia”, poiché risulta importante verificare la tenuta ed il grado della “fiducia” sociale che possa intercorrere, nella crisi globale che stiamo vivendo, tra quella classe e le rimanenti. A me è capitato, fortunosamente e fortunatamente per la mia curiosità, di verificarne lo stato. Ho potuto coglierne la cifra più intima e significativa. Laddove, in un occasionale incontro con la cosiddetta “borghesia” benpensante, a fronte delle anche asperrime contrapposizioni tra le diverse scuole di pensiero su come bisognasse affrontare la crisi economico-finanziaria in corso – reinventarsi una qualsivoglia spesa pubblica che alimentasse la ripresa? Richiamare dall’oltretomba il genio del barone di Tilton, al secolo John Maynard Keynes? – gli “animal spirits” dominanti di quella classe hanno preso il largo invocando, per bocca di quelle persone, l’uscita dall’euro e, sentite, sentite, l’incoraggiamento e la tolleranza della evasione fiscale della “borghesia” che intraprende che da sola, l’evasione fiscale intendo dire, consentirebbe la circolazione della ricchezza, la ripresa dei consumi ed il ritorno al bengodi pre-“crisi”. A loro dire, tutte le altre cose sono stoltezze e perdita di tempo. E sì che la rapina di quella classe, nella distribuzione della ricchezza creata dal mondo del lavoro, da tutto il mondo del lavoro, maestranze ed imprenditori, con le conseguenti disuguaglianze sociali ingigantite, è oramai divenuta una certezza, fattuale e non teorica, che solo la stoltezza di una certa “borghesia” si ostina a non voler vedere e ad affrontare. È quanto, su una certa idea della “borghesia” e sullo stato della “fiducia” sociale, dalla quale “fiducia” dipende fortissimamente la pace sociale. Che succede “quando gli uomini si comportano in maniera palesemente egoistica?”. Bella domanda. Quale la risposta? Ne ha scritto, sul quotidiano la Repubblica, Roberto Esposito – recensendo l’interessante ultimo lavoro editoriale del filosofo Michela Marzano “Avere fiducia”, Mondadori (2012), pagg. 219 € 17,50 - in un “pezzo” pregiato che di seguito propongo in parte. Titolo del pezzo: “Sulla fiducia”. Per l’appunto.

(…). …inizia ad aprirsi quella frattura antropologica che oggi minaccia di diventare una vera e propria voragine: come conservare la fiducia nella solvibilità degli individui, delle banche o degli stessi Stati che le garantiscono, quando gli uomini si comportano in maniera palesemente egoistica? È come se tutto il castello dell’economia moderna poggiasse su un fondamento di carta destinato a strapparsi al primo urto. La storia delle molteplici crisi finanziarie, dalla bancarotta del 1720 in Francia a quella dei nostri giorni, al di là delle ovvie differenze di tempo e di contesto, rimanda a questo vuoto originario, a partire dal quale la sfiducia tende sempre più rapidamente a sfondare le fragili pareti della fiducia: come scriveva Duclos nelle sue Memorie segrete, “la fiducia si ispira per gradi, ma basta un istante per distruggerla, e, allora è in qualche modo impossibile ristabilirla”. Senza una credibilità diffusa, l’intero sistema economico minaccia di crollare, ma per crearla occorre che da qualche parte si dia prova di meritarla. È il cortocircuito in cui la speculazione finanziaria ha trascinato prima l’economia americana e poi il resto del mondo: il mancato pagamento dei subprimes ha portato alla caduta del prezzo degli alloggi ipotecati senza copertura. Ciò, a sua volta, ha determinato una generale crisi del credito e una conseguente perdita di fiducia nei confronti dell’intero sistema finanziario. Tutto ciò è ben noto agli economisti. Che però tendono a restare chiusi all’interno del loro orizzonte, impedendosi così di vedere quella faglia che lo sottende, (…). Quando il senso comune diventa quello efficacemente stilizzato nel film di Ridley Scott Nessuna verità (2008) “Non fidarti di nessuno. Inganna tutti”, la soglia di guardia è abbondantemente superata. La fiducia, ridotta a credito economico, o a contratto giuridico, non è che l’ombra deformata della diffidenza. A quel punto, rotti gli argini etici che tengono insieme gli uomini, nulla può più arrestare la valanga. Quando, già nel 1937, Franklin D. Roosevelt affermava che l’egoismo è cattivo non solo moralmente, ma anche economicamente, coglieva l’anello decisivo della catena di crisi economiche che avrebbero squassato il sistema capitalistico. Ad uscirne non bastano i - pur necessari - provvedimenti economici. E neanche solamente quelli politici. Serve un sommovimento generale delle coscienze che liberi l’idea, e la pratica, della fiducia dalla sua sudditanza all’ideologia dell’interesse. Alla sua base non vi può essere solo la fiducia in se stessi predicata dai nuovi addestratori di manager e trader, quanto il coraggio di fare la prima mossa – credere negli altri prima ancora che questi credano in te. Con tutto il rischio che tale opzione comporta. (…). …l’eccesso di protezione immunitaria contro il possibile pericolo conduce non solo alla rottura del legame sociale, ma anche al rischio mortale di una malattia autoimmune.

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