"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 25 novembre 2014

Oltrelenews. 12 “Austerità”.



Da “Se volete l’euro, volete la recessione” di Alberto Bagnai, su “il Fatto Quotidiano” del 7 di agosto 2014: (…). Nel 4° trimestre 2013 il Pil italiano era aumentato dello 0,13% rispetto al terzo trimestre, portando il risultato annuo a un “esaltante” -1.85%. Questo aumento, dopo nove diminuzioni consecutive, era il raggio di luce in fondo al tunnel che scacciava i gufi. Poi il primo trimestre 2014 era stato negativo, ora sappiamo che lo è stato anche il secondo: siamo nuovamente in recessione, e non una qualsiasi. Negli ultimi tre anni il Pil è cresciuto in un solo trimestre. Una cosa simile non si è mai verificata nella storia dell’Italia unitaria, escludendo i periodi bellici. (…).

lunedì 24 novembre 2014

Storiedallitalia. 67 “Il voto e la sovranità”.



Sono uno soltanto di quel 43,8% che ha votato ieri, domenica 23 di novembre, nella solatia Calabria. Nella brumosa regione dei tortellini, del lambrusco e della mortadella quelli che hanno pensato di raggiungere un seggio elettorale sono stati solamente il 37,7%. Tutto regolare? Si evince che nella Calabria solatia il 56,2% ha disertato le urne. E nella brumosa Emilia-Romagna il 62,3% ha disertato le urne. Tutto regolare? A chi interessa? Da un occhiello di un quotidiano ho letto che Renzi Matteo ha esultato. Di cosa? Ma quell’esultare la dice lunga. Il nuovo che quell’uomo avrebbe la pretesa di rappresentare è più vecchio di quanto lo si possa immaginare. Quell’esultanza non nasconde affatto le mire di potere della “casta” sopravvenuta. Sarà come per i candidati alle urne che si vuole pervicacemente designati dai vertici dei partiti affinché siano ligi e fedeli a chi li ha inseriti nelle liste elettorali ed ai posti giusti. La mira oggigiorno si conferma ma su di un orizzonte più largo: l’elettorato tutto. Avverrà che di questo passo ad eleggere gli “eletti” – nel senso di prescelti o unti - sarà una minoranza di cittadini. Ovvero, non importando a nessuno il massiccio abbandono da parte degli elettori aventi diritto – il dovere è naufragato -, si costituirà ed anzi si incoraggerà affinché si formi un nerbo elettorale, fedele ai partiti ed espressione degli stessi, che si incaricherà di partecipare alle elezioni e di eleggere gli “eletti”, nel senso di cui sopra. “Eletti” dai padroni dei partiti e dai loro manutengoli.

sabato 22 novembre 2014

Sfogliature. 33 “A miracolo avvenuto…”.



Il 26 di novembre dell’anno 2004, giorno di venerdì, anno quello decimo dalla famigerata “discesa in campo”, scrivevo un post che ha per titolo “A miracolo avvenuto…”, che “Sfogliature” si fa carico di riproporre nella sua interezza. Dalla data del post sono scivolati via altri dieci anni e ci si ritrova ignudi come allora e più disperati e disorientati che mai. Sembra che il tempo si sia magicamente o tragicamente fermato, a seconda dei personali punti di vista. Un imbonitore al tempo del post riproposto, un imbonitore nella stagione novembrina presente che si è aperta come sempre con la tristissima stagione dei morti. E che morti lo si sia in un senso più esteso è un dato inconfutabile poiché, mentre il mondo corre per il suo verso, giusto o sbagliato che sia, in questo disastrato paese è sempre un ripetersi di una pantomima vista e rivista ma sempre assurda. Scriveva nel Suo “diario” il conte Henry d’Ideville alla data del 26 di aprile dell’anno 1865:

venerdì 21 novembre 2014

Storiedallitalia. 66 “Un 14 di novembre a Milano”.



Sostiene l’antropologa Amalia Signorelli nell’intervista concessa ad Antonello Caporale – “il Fatto Quotidiano” del 19 di novembre, “La diseguaglianza oltre i limiti porta violenze” -: - Crateri improvvisi di povertà si aprono davanti a noi, proprio come le buche dei marciapiedi di Roma, tutti così dissestati da darci pensiero, da obbligarci alla fatidica domanda: ma siamo divenuti così? -. In questo post, che posso considerare un mio breve diario di viaggio, quanto sostenuto dall’illustre studiosa non può non trovare un doloroso riscontro. In quel di Milano mi è toccato constatare quanto, quella che un tempo veniva definita la “capitale morale” e la “capitale economica” del bel paese, si sia trasformata in un immenso “lazzaretto” di manzoniana memoria. E parlo di una Milano vista nei luoghi bene, ché non posso minimamente immaginare lo stato delle periferie. Ebbene, quella parte bene della grande metropoli è letteralmente invasa ed occupata da una moltitudine questuante, che ad ogni pie’ sospinto invoca aiuto.

giovedì 20 novembre 2014

Oltrelenews. 11 “Renzinomics”.



Da “In cerca di alternative alla Renzinomics” di Mario Seminerio, su “il Fatto Quotidiano” del 19 di novembre 2014: Era partito come uno schiacciasassi, Matteo Renzi. Un programma da cento giorni con venature miracolistiche, l’Italia trasformata da carrozzone dilaniato da particolarismi e burocrazia a fuoriserie in esemplare unico. E soprattutto, il premier aveva realizzato un vero e proprio capolavoro di comunicazione politica, una sorta di programmazione neuro linguistica ad uso di elettori angosciati da una crisi che ormai è depressione conclamata. Il capo scout è un grande motivatore, sa toccare i tasti e le corde giuste. Come la furba ed un po’ stralunata polemica contro la “tecnocrazia” europea, che invece è pura politica degli interessi nazionali. Poi, lentamente ma inesorabilmente, la realtà ha ripreso il comando delle operazioni.

mercoledì 19 novembre 2014

Oltrelenews. 10 “Capitalismo”.



Da “Il capitalismo senza idee che vede solo i dividendi” di Federico Fubini, sul settimanale “Affari&Finanza” del 17 di novembre 2014: A guardarli così, sembra di vivere in un altro Paese. La scorsa settimana ha portato un’infornata di relazioni trimestrali delle società quotate ma, scorrendo i numeri, non emergono molte tracce dell’Italia che ci circonda. Quest’ultima è la sola economia che non ha mai smesso di contrarsi dalla primavera del 2011: da allora Palazzo Chigi ha cambiato quattro presidenti del Consiglio, Mario Balotelli ha cambiato tre squadre e l’Irlanda è passata dalla richiesta di aiuto alla troika a una crescita che a metà di quest’anno superava quella della Cina. In Italia invece la recessione è rimasta tale, ma si fatica a crederlo quando si guarda ai dati delle ultime trimestrali.

martedì 11 novembre 2014

Strettamentepersonale. 16 “L’eguaglianza non è più la virtù”.



Carissimo Ninì, salto tutti i convenevoli ed in questo nostro secondo incontro – un rendez-vous terra terra – vengo subito alla tua graditissima email. Lasciamelo dire: caspitina che piglio che hai! Scrivi nella email: L’aumento dei salari e degli stipendi e la diminuzione delle tasse indurrebbero più tranquillità nell’italiano medio che ancora ha un reddito, convincendolo a consumare senza restrizione alcuna: i consumi interni subirebbero un immediato incremento, che produrrebbe commesse e vendite per le aziende italiane ed estere. L’incremento delle vendite produrrebbe più occupazione e più posti lavoro e quindi farebbe sì che le aziende ricominciassero con serenità ad assumere a tempo indeterminato. Cosa si oppone a questa semplice formula? Il Capitale! (…).  Scopro in questo passaggio della tua email il lungo, forse faticoso cammino che ti ha portato a tanto sostenere, da individuare nel “Capitale” la causa prima della “crisi” che sta impoverendo le nostre vite e distruggendo l’avvenire dei nostri figli e perché no forse dei nostri nipoti. E dire che questa tua acquisizione qualcuno la classificherebbe come cultura passatista ed oggigiorno senza valore alcuno. Forse ti sarà sfuggita la mia posizione su quel tuo auspicio che hai sintetizzato laddove scrivi che sarebbe opportuno tornare “a consumare senza restrizione alcuna”. E qui caro Ninì non ci siamo proprio.

domenica 9 novembre 2014

Oltrelenews. 9 “Deflazione”.



Da “Quel fantasma della deflazione” di Marcello De Cecco, sul settimanale “Affari&Finanza” del 7 di aprile 2014: (…). Gli economisti monetaristi, che hanno tenuto banco negli anni 70-80 quando imperversava l'inflazione a due cifre, hanno contribuito non poco a confondere le idee alla gente e in particolare a politici e banchieri, affermando che i due processi, inflazione e deflazione, sono entrambi conseguenza diretta dell'aumento della massa monetaria il primo e della sua diminuzione il secondo. Innanzitutto non è certo che i movimenti dei prezzi siano conseguenza di movimenti nella massa monetaria nello stesso senso. La supposta simmetria tra i due processi è fallace. Nell'ultimo decennio, a fronte di aumenti massicci della massa monetaria, i prezzi non si sono mossi nella stessa direzione: hanno invece iniziato un rallentamento inesorabile. (…). Così l'aumento di massa monetaria è andato a gonfiare a dismisura i prezzi delle attività finanziarie e le dimensioni dell'intero sistema finanziario mondiale. In concomitanza con aumenti continui e massicci della massa monetaria, il livello generale dei prezzi è aumentato prima di poco. In anni più recenti, l'incremento ha cominciato a decelerare e nei tempi recentissimi quasi a fermarsi e a trasformarsi in una diminuzione, come è accaduto già in Grecia e Spagna. Negli Stati Uniti se non si sono ancora raggiunti valori negativi, gli aumenti dei prezzi sono di poco superiori allo zero. Eppure è proprio lì che la massa monetaria è stata fatta crescere più massicciamente.

venerdì 7 novembre 2014

Oltrelenews. 8 “Obama”.



Da “Il dio nero già in declino” di Federico Rampini, sul settimanale “D” del 20 di agosto dell’anno 2011: “(…). …- Ma perché Obama ci ha tradito? Che delusione tremenda -. I progressisti europei lo avevano eletto presidente del mondo, Oslo gli aveva dato il Nobel della pace, e lui ricambia in questo modo? Una volta, questo lo chiamavamo culto della personalità. è una malattia di cui la sinistra ha sofferto fin da bambina: Lenin, Mao, Ho Chi Minh, Che Guevara... Per generazioni la sinistra ha trasformato i suoi leader in semidei, santi laici. Non bastava glorificare le loro idee, bisognava che fossero dei superuomini. Forse la parola giusta è demiurgo. Da Wikipedia: in Platone il demiurgo è una forza ordinatrice, plasmatrice, che trasforma e forma. Dal dizionario Sabatini: Chi, in forza della propria personalità, riesce a modellare gli eventi secondo il proprio volere. Della mia gioventù militante conservo però la memoria di una sinistra che aveva sviluppato degli anticorpi per immunizzarsi dal culto della personalità. Non tutta la sinistra, naturalmente. Ricordo all'università i primi cortei cui partecipai a Milano, negli anni Settanta, col Movimento studentesco che intonava evviva il compagno Stalin, e mi venivano i brividi. Ma nello stesso periodo Enrico Berlinguer e Luciano Lama erano anti-eroi per eccellenza. Anche nella sinistra giovanile, movimentista ed extra-parlamentare, c'era almeno un principio valido: la diffidenza verso la delega. Per cambiare la società non ci si poteva affidare solo ai propri rappresentanti, bisognava agire in proprio. In alcune frange estremiste purtroppo questo degenerava nella sfiducia verso la democrazia parlamentare, l'avversione allo Stato di diritto, la tentazione della forza armata. Ma in tanti di noi, radicali e pacifisti, utopisti e arrabbiati, l'avversione alla delega era un principio sano: l'impegno politico e sociale non si può esaurire mettendo una scheda nell'urna, la qualità del mondo in cui viviamo la si costruisce giorno per giorno, l'ingiustizia va contrastata continuamente. C'era anche l'idea, un po' cattolica e un po' ingenua, che una persona sinceramente progressista si riconosce perfino dal modo in cui vive: nei rapporti umani, nelle scelte di consumo, nel tempo libero, nei mestieri a cui aspiravamo, bisognava distinguersi, riconoscersi. Questo poteva sconfinare nell'integralismo, nel fanatismo, ma non era sbagliata l'idea che le idee politiche e la caratura morale facessero tutt'uno. Obama ha commesso la sua brava dose di errori, ma nella rapidità con cui si è passati dall'adorazione del "Dio nero" alla delusione c'è il segno di una sinistra pigra, volubile, capricciosa, in cerca di scorciatoie, in attesa di miracoli venuti dall'alto.”

giovedì 6 novembre 2014

Capitalismoedemocrazia. 52 “Chi aspira oggi a diventare operaio?”.



Ha scritto Nadia Urbinati, come sempre pregevolemente, sul quotidiano la Repubblica del 4 di novembre 2014 – “Chi aspira oggi a diventare operaio?” -: (…). La dimensione globale dei mercati e la decadenza del valore sociale del lavoro stanno insieme e si riflettono nella diaspora e trasformazione della sinistra. (…). È su questo punto che i sedicenti uomini della cosiddetta sinistra del secolo ventunesimo falliscono nella loro impresa; non riescono, poiché non possono, arrestare quella “decadenza del valore sociale del lavoro” che è un connotato del capitalismo non più manifatturiero ma dedito completamente alla speculazione finanziaria. Dobbiamo partire in verità da lontano, da un’analisi che oggi potrebbe apparire fuori tempo e che il “Moro di Treviri” elaborò nell’oramai remoto 1844, in quegli scritti che oggigiorno sono riconosciuti come i “Manoscritti economico-filosofici” di quel grande.

martedì 4 novembre 2014

Oltrelenews. 7 “Giustizia”.



Da “Non è successo nulla” di Concita De Gregorio, sul quotidiano la Repubblica dell’1 di novembre 2014: Quello che rende la storia di Stefano Cucchi la storia di tutti è nelle semplicissime parole di sua madre: c'era un giovane uomo di 31 anni e non c'è più, era nelle mani dei custodi della Legge lo hanno ammazzato ma non è stato nessuno dunque non è successo niente. Vada a casa signora, ci dispiace. Suo figlio è morto mentre era nelle strutture dello Stato, una caserma poi un'altra, una cella di sicurezza poi un'altra, un ospedale poi un altro. È stato picchiato, è vero. Aveva le vertebre rotte gli occhi tumefatti: lo sappiamo, le perizie lo confermano, non potremmo d'altra parte certo negarlo. Le sue foto avete deciso un giorno di renderle pubbliche e da allora le vediamo ogni volta, anche oggi qui, ingigantite, in tribunale. Un ragazzo picchiato a morte. Ma chi sia stato, tra le decine e decine di carabinieri e agenti, pubblici ufficiali e dirigenti, medici infermieri e portantini che in quei sei giorni hanno disposto del suo corpo noi non lo sappiamo. Dalle carte non risulta. Nessuno, diremmo. Anzi lo diciamo: nessuno. Dunque vada a casa, è andata così. Dimentichi, si dia pace. (…). Quella che se non paghi una multa ti pignorano casa, ed è giusto, se dimentichi una scadenza sei fuori dalle graduatorie, ed è giusto, se commetti un'imprudenza o violi una norma sei sottoposto a giudizio, ed è naturalmente giusto. Bisogna però essere certissimi, ma proprio certissimi, che non esista un'omertà di Stato per cui se è chi veste una divisa o ricopre un pubblico ufficio, a violare le norme, nessuno saprà mai come sono andate le cose perché si coprono fra loro nascondendo le carte e le colpe. (…). Disorienta e mina le fondamenta del vivere in comunità, una sentenza così. Servirebbe un gesto forte e simbolico, comprensibile a tutti. Ci sono giorni che chiamano all'appello l'umanità e l'intelligenza di chi, sovrano, incarna le istituzioni. Questo è uno.

sabato 1 novembre 2014

Oltrelenews. 6 “Lavoro”.



«L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.»

Da “Jobs act” di Giacomo Pisani, sulla rivista online “alfabeta2” del 15 di ottobre 2014: Ha ancora senso, in Italia, parlare di lavoro? Col Jobs act renziano sembra rimasto ben poco dell’impianto teorico su cui si è retto questo principio fondamentale nella storia moderna, costruito a suon di lotte e conquiste, anche a livello costituzionale. Il lavoro è il fattore peculiare di realizzazione della persona, è la tensione essenziale che lo connette al mondo. È col lavoro che l’uomo dà forma al mondo realizzandosi e progettandosi dentro la frizione continua che le cose fuori di noi esercitano sulle nostre decisioni, esponendoci ai processi sociali e alla storia. L’uomo fa la storia per mezzo del lavoro, per questo le grandi rivoluzioni della modernità sono state determinate dalla volontà di liberare il lavoro dal ricatto e dallo sfruttamento.