"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 15 aprile 2015

Oltrelenews. 37 “Factchecking”.



Da “Il fact checking è passato di moda: la cazzata (meglio se in tv) è libera” di Alessandro Robecchi, su “il Fatto Quotidiano” del 4 di febbraio 2015: (…). …capita che un ministro – la ministra delle riforme Boschi – vada in tivù, ospite di una popolare trasmissione (L’Arena, Raiuno) e, nel difendere una contestata norma prima approvata dal Consiglio dei Ministri e poi ritirata con imbarazzo, citi una legge francese. Insomma, è il succo, qui si fa tanto casino per uno sconto con soglia del tre per cento a chi froda il fisco, mentre in Francia quella soglia è del dieci per cento. Spettatori: tra i tre e mezzo e i quattro milioni di persone. Ecco. Verifica fatti. Fact cheking. Uno si aspetta, il giorno dopo, elaborate infografiche sui giornali, sapienti schemini che mettano a confronto la legge francese con quella italiana. Un lavoro di verifica che riveli alcune cose come, per esempio, che la legge francese dice ben altro, che riguarda l’evasione per errore (per carità, può capitare) ma non la frode, che la soglia è fissata in una manciata di euro (153 per la precisione), che riguarda singole voci dell’imponibile e non, come si è proposto qui, l’intero utile lordo (l’imponibile) di un’azienda, che è una bella differenza. Invece niente, con l’eccezione di questo giornale, qualche sito particolarmente attento e qualche tweet spiritosello.
Ecco. Non è che interessi più di tanto qui dirimere la questione dello sconto fiscale, o tracciare una differenza tra chi sbaglia la dichiarazione dei redditi e chi invece tira a fregare. E nemmeno riflettere su come e se e quando (il 20 febbraio) verrà riproposta, magari riveduta e corretta, la norma. Ci fermiamo un passo prima, e cioè su come e se e quando si possa intervenire con una “verifica fatti” su vere e proprie bugie conclamate, insomma se la moda del fact checking sia una cosa che resiste ai tempi e al fascino di chi mente o se sia uno di quei capi che si tengono nell’armadio e si indossano solo ogni tanto, quando fa comodo. Se così fosse, allora liberi tutti. Sapete cosa fanno in Nuova Zelanda a chi guida contromano? Gli offrono un gelato. E sapete in Polonia cosa accade a chi caccia di frodo? Niente cinema per due anni. Vale tutto, tutto è buono e tutto passa, scorre via come acqua nei tubi e più ampia è la platea che si è abbeverata ai rubinetti della bugia e più sembrano patetici e innocui i puntini rimessi sulle i da pochi volenterosi e tignosi “verificatori di fatti”. Tutto qui: si discute molto di premi di maggioranza nelle leggi elettorali, passate e future, e si pensa poco ai premi di maggioranza concessi alle bugie di chi comanda. Lo sapete che in Scozia se frodi il fisco ti regalano una cornamusa? Ah, non è vero? E vabbé, pazienza.

Da “Renzi e Berlusconi, vite parallele si festeggiano” di Furio Colombo, su “il Fatto Quotidiano”, del 5 di aprile 2015: (…). Inevitabile ritornare con la memoria ad un articolo dedicato a Berlusconi il 21 agosto 2008 dal settimanale Newsweek, intitolato “Miracolo in 100 giorni, come Berlusconi ha messo in ordine la caotica Italia e che cosa verrà dopo”. Ecco l’inizio: “Nei primi cento giorni da primo ministro Berlusconi ha fatto ciò che è impossibile fare: a un livello che non ha precedenti nella storia del Paese, lui ha preso in mano il controllo di una nazione che appariva ingovernabile. Le opposizioni si lamentano, e intanto Berlusconi, primo ministro per la terza volta, ha un sostegno popolare del 55 per cento. (…). Berlusconi, facendo buon uso di una legge elettorale del 2005 (si riferisce al Porcellum, legge di Calderoli, preparata per Berlusconi, ndr) ha ottenuto una vittoria da cui l’opposizione deve ancora riprendersi (…) e ha perso poco tempo nel consolidare la vittoria. Una delle sue prime leggi dà immunità contro ogni procedura giudiziaria alle quattro più alte autorità dello Stato, incluso il primo ministro. Ci sarebbe la questione del conflitto di interessi, ma gli italiani sono troppo poveri per interessarsi di queste cose. Essi chiedono sicurezza, non solo finanziaria. E Berlusconi risponde, con pugno di ferro in guanto di velluto. (…). Già all’inizio di agosto ha inviato truppe in varie località d’Italia per ripulire Napoli (sono i giorni in cui comincia a esistere la Terra de fuochi, ndr), per tenere a bada l’immigrazione (per questo serve il trattato di amicizia perenne con la Libia, ndr), per combattere il crimine (i grandi processi saga per corruzione devono ancora cominciare, ndr)”. La firma era di Jacopo Barigazzi, una firma allora ignota, in rete, che sembrava finta, date le affermazioni stupefacenti e perché appariva una celebrazione eccessiva persino per una pubblicazione di casa Berlusconi. Invece era tutto vero. Non la storia di Berlusconi che controlla e domina l’Italia, l’immondizia e la criminalità con le truppe. Ma la riproduzione, per conto di Berlusconi, di un tipo di celebrazione identica alla narrazione, che Berlusconi imponeva di se stesso. Forse il Barigazzi, personaggio che è sembrato comprensibilmente improbabile, data la distanza dai fatti veri, ha un po’ esagerato, spostando la sua celebrazione verso il grottesco, verso una involontaria presa in giro, accolta con scrosci di applausi solo dai dipendenti di Berlusconi. (…).

Da “Expo, precari e tasse sulla casa, è in arrivo l’Ufficio Promesse” di Alessandro Robecchi, su “il Fatto Quotidiano” dell’8 di aprile 2015: Tra le tante riforme avviate, annunciate, in via di votazione, aggiustate strada facendo, riviste, corrette, ne manca una essenziale: la creazione di un piccolo Ufficio-promesse. Basta una stanzetta, un computer e un funzionario. Chissà perché, me lo immagino come quei travet dei grandi romanzi russi, grigi e aridi, ma puntigliosi e precisi fino alla pignoleria. Uno, insomma, che controlli lo stato delle promesse, anche e soprattutto quando queste hanno forma di impegni scritti, timbrati e sottoscritti. Il caso più recente è il famoso pareggio in bilancio nella Costituzione. Non una bella cosa, anzi una specie di imbragatura da alpinista che impedisce politiche keynesiane o investimenti strategici. Doveva scattare nel 2015, è stato rinviato al 2016 dicendo che era una eccezione, ora si chiede di rinviarlo al 2017. Un caso di promessa molto rigida (si è addirittura modificata la Costituzione) diventata molto elastica alla bisogna. Ora che comincia il balletto sul Def se ne sentirà parlare. L’omino dell’Ufficio-promesse avrà un bel daffare, e gli servirà parecchio bianchetto per cancellare tutti quei bei discorsi sul pareggio di bilancio inserito nella Costituzione perché “ce lo chiede l’Europa”. Altra cosa di cui si sentirà parlare, un grande classico, sono le tasse sulla casa. Ora, a pochissima distanza dalla creazione della Babele di sigle inventate per sostituire l’Imu (fu Ici), si parla di una tassa unica. Ma per questa faccenda il piccolo travet dell’Ufficio-promesse si troverà alle prese con un groviglio inestricabile. Berlusconi voleva abolire l’Imu. Abolita l’Imu (sulle prime case) si disse che bisognava aumentare l’Iva per compensare. Aumentata l’Iva si “ridisegnò” la politica fiscale sulle case. Risultato di tre anni (2011-2014) di indefesso lavoro: l’Iva che doveva sostituire l’Imu è aumentata e la tassazione sulle case è aumentata anche lei, del 178 per cento (fonte: Confedilizia). Insomma all’Ufficio promesse il computer glielo darei bello grosso, e forse dovrebbe anche aumentare il personale. (…). E comunque, se esistesse un ufficio promesse, dovrebbe aumentare l’organico per occuparsi dell’Expo. Fermi tutti, non parliamo qui di costi, né di ritardi, né di malversazioni, corruzione e porcate, ma proprio delle promesse. Quelle messe nero su bianco ai tempi della candidatura di Milano e presentate al Bie (Bureau International des Expositions). Milano (regnante sua maestà lady Moratti) si impegnò a fare: la Biblioteca europea, la Città dello sport, la Città della giustizia, la Città del gusto , il Centro europeo di ricerca biomedica, 70 chilometri di vie perdonali e ciclabili, venti chilometri di canali, nonché di piantare 50 mila nuovi alberi in città. Non una di queste solenni promesse è stata mantenuta. Ora che si litiga sulle opere “fruibili” ma non “finite”, su ritardi e gufi, quelle promesse sono totalmente dimenticate, e un buon funzionario dell’Ufficio promesse dovrebbe perfezionare questa amnesia. Oppure, in alternativa, così come si secretano i lavori di Expo, manco si fosse in un’economia di guerra, si secretino dopo un certo tempo anche le promesse, con apposito avviso: “Attenzione, questa promessa si autodistruggerà tra sei mesi”. Promesso.

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