“Age of pisces (?) / L'era dei pesci (?)” (2012) di LucaViapiana. Oil, Acrylic on
Thermal Paper applied on Canvas. Cm 54x120.
Il lunedì 18 di giugno dell’anno
2007 postavo il quarantaquattresimo post di una serie che aveva per titolo “Memorie
del tempo”. Titolo di quel lontanissimo post: “Buoni e cattivi” che
ripropongo per questa “sfogliatura”. Vuole rappresentare
questo modestissimo post la prova di una immutabilità antropologica nonché
culturale di quello che viene definito il bel paese. Bello, perché? Da quel
tempo oramai lontano abbiamo navigato a vista, sopravvivendo malconci al “berlusconismo”
per approdare al tempo attuale rappresentato da quel “cambiareverso” che è un
non senso assoluto. A quel tempo tutti i mali che affliggevano il bel paese
venivano fatti risalire all’imperante dominio di quella che veniva definita la “televisione
commerciale”. Orbene, di quella televisione ne ha usufruito il “berlusconismo”
tout-court così come oggigiorno ne usufruisce la nuova vulgata. E la differenza
dove sta? Rileggendo il post di quel tempo andato…
“Buoni e cattivi” è la brillante ultima corrispondenza
dall’Italia di Trisha Thomas,
giornalista della tv statunitense Aptn. Trisha Thomas è nata a Boston ma vive e lavora a Roma dal
1993. La sua corrispondenza – apparsa su Internazionale.it - rende a pieno
l’immagine di un paese rissoso, senza una spina dorsale che si dica tale,
approssimativo nella vita quotidiana come nelle scelte di campo, dettate il più
delle volte - le scelte anche le più importanti per il paese - dalle
convenienze temporali e da una teatralità di costume da non avere rivali al mondo.
È pur vero che accanto ad una moltitudine siffatta il bel paese ha pure
prodotto figure nobili e con convincimenti di ben altro spessore. Ma quelle tali nobili figure restano come mosche
bianche, senza un seguito e senza una memoria che informi ed orienti il vivere
civile e politico del bel paese. Triste storia assai, invero! E gli strepiti di
questi giorni che accomunano tutto l’arco costituzionale avverso un nemico ben
individuato ma ancora non dichiarato pubblicamente è una prova ulteriore dello
sfascio morale e civile che affonda radici lontane. Ne ha scritto di recente
Eugenio Scalfari in questi termini: “ (…)
La devastazione delle coscienze, della cultura, dei comportamenti e dei modi di
sentire e di pensare prodotta dalla televisione commerciale in tutti i paesi a
cominciare dal nostro, è stata immensa e difficilmente reversibile. Ha
desertificato la morale, l’autonomia del giudizio, la sobrietà del costume, la
privatezza dei sentimenti, il garbo, l’eleganza. Ha soppresso il silenzio. Ha
confiscato il tempo libero. Ha imbarbarito il linguaggio. Le nuove invasioni
barbariche hanno sede e forse addirittura origine nella televisione. Ciascuno
di noi denuncia questo stato di cose e nel contempo ne è servo. C’è dunque un
barbaro in ciascuno di noi? Ecco una questione politica – sì, politica – che
andrà prima o poi posta senza reticenze perché riguarda, al fondo, la nostra
libertà”. Per l’appunto, la politica, quella vera, e la libertà del
cittadino, bene imbrigliata in una pantomima che tutto edulcora e svapora. Con
il concorso dei professionisti della politica, adusi a ricompattarsi allo
spuntare di un improbabile nemico. E se l’origine di ogni male fosse proprio in
quel che ha scritto l’autorevole giornalista? Attenderemo gli sviluppi futuri,
trepidanti come sempre. Trascrivo la brillante corrispondenza annunciata: Ci sono genitori che aspettano con ansia il
momento in cui i figli gli chiederanno con tono innocente: - Come nascono i
bambini? -. Ognuno ha la sua risposta, dalla cicogna alle uova della mamma e al
seme nuotatore del papà, facendo salti mortali per evitare di parlare
dell'atto. Ma abitando in Italia spiegare il sesso ai miei figli non era la mia
prima preoccupazione. Sapevo che avrei dovuto affrontare un discorso molto più
delicato: comunisti e fascisti. È successo l'altro giorno mentre camminavo in
piazza del Campo, a Siena. Stavo mangiando un gelato con mio figlio di 12 anni,
che aveva appena visto il film “Mio fratello è figlio unico”, quando
all'improvviso mi ha chiesto: - Mamma, ma Marx era buono o cattivo? -. - Marx…
dunque, era buono direi. Aveva delle idee molto interessanti. Quello che gli
altri ci hanno fatto è un altro discorso -. Un attimo di silenzio. - E Stalin,
mamma? -. - Ah, facile amore: lui era molto cattivo, ha ammazzato un sacco di
gente -. - E Lenin? -. - Be', lui ha fatto una rivoluzione comunista… È
complicato, non credo che fosse tanto buono, ma meno cattivo di Stalin. E
amore, ti prego, ora non chiedermi di Mao -. Abbiamo finito il gelato in
silenzio. Meno male che a scuola stava studiando Alessandro Magno. Comunisti e
fascisti. Crescendo negli Stati Uniti non mi ero mai posta il problema: erano
tutti cattivi. Ma in Italia queste due parole hanno un peso storico e delle
sfumature basate su esperienze personali che solo gli italiani possono capire.
Sono parole che accendono facilmente rabbia e passioni. Mi ricordo che una
volta, appena arrivata in Italia, ero in una profumeria quando scoppiò una lite
tra un uomo e una donna, due sessantenni, perché uno di loro aveva parcheggiato
in doppia fila, bloccando l'altro. La discussione andava avanti da dieci minuti
e a un certo punto la donna ha urlato: - Lei è un fascista! -. - Ecco, lo
sapevo -, ha risposto lui. - Lei è una comunista! -. Io ero perplessa: che
c'entrano comunismo e fascismo con il parcheggio in doppia fila? Qualche giorno
dopo la conversazione a Siena, ero in macchina con mio figlio e un suo amico
che aveva tutte le risposte. Il suo amico ci annuncia: - Il comunismo è una
cosa buona, solo che i politici non sapevano farlo e hanno fatto un macello.
Tipo: Che Guevara era buono ma Fidel Castro ha fatto un macello -. Abbiamo
parlato un po' di Cuba, poi gli ho chiesto: - E i fascisti come sono? -. -
Cattivi! -. - Ma dicono che a molti Mussolini piaceva -, ha aggiunto mio
figlio. - Chi l'ha detto? -, ho chiesto. - Ho visto un documentario in tv -.
Allora ho preso coraggio: -Quindi il comunismo è buono, il fascismo è cattivo.
E che pensate del capitalismo?. L'amico di mio figlio, che ha il vantaggio di
avere un fratello più grande, non ha esitato un secondo: - Buono! Il
capitalismo è buono, io sono capitalista, io abito in un paese capitalista, il
capitalismo è buono-. - Ah, ma non c'è niente che non va?-, ho chiesto. -
Secondo alcuni il sistema capitalista fa i ricchi più ricchi e i poveri più
poveri-. – No -, ha risposto il ragazzo, sicuro di sé. - Il problema del
capitalismo è la globalizzazione. Io sono noglobal-. A quel punto ho mollato.
Ho notato che stavolta era mio figlio che sembrava perplesso. Quella sera ho
pensato a mia madre. Quando ero adolescente, mi diede un libro sul sesso che
spiegava tutti i dettagli che lei non voleva raccontare. Lo nascosi in camera
come se fosse un libro porno e ogni tanto lo tiravo fuori, quando ero da sola,
per studiarlo incuriosita. Riuscii solo a sentirmi più confusa. Volevo comprare
a mio figlio qualche libro di storia per adolescenti che spiegasse con dettagli
e figure la storia dell'ultimo secolo in Europa e in Italia. Ma forse non
basta, serve l'esperienza di vita.
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