"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 13 aprile 2015

Cosecosì. 94 “L’Io confessionale e l’Isis”.



“Ecce homo”, come da canone. È che la lunga stagione quaresimale e della passione sembra come aver prosciugato la linfa profonda del pensiero. Il cosiddetto “blocco” dello scrivano ha preso impietosamente il sopravvento. Quell’”ecce homo”, di una tragedia bi-millenaria, permane nella sua crudezza anche per le coscienze senza confessione religiosa alcuna. Poiché essa, quella tragedia dell’uomo nazareno, sembra fare da contrappasso alle tragedie dei giorni nostri. Una tragedia che, nella sua continuità, non ha mai avuto un istante solo di tregua. Ma non è dell’uomo nazareno che mi vien di parlare. Capita che attorno alle pasquali tavole imbandite per ricordare, ma non tanto, quella tragedia bi-millenaria ci si ritrovi a parlare dei fatti correnti, delle tragedie correnti. Nell’occasione neanche le “cuddure” nella solatia terra sicula, artisticamente elaborate dalle esperte massaie, per come la tradizione vuole ed impone, e con quell’infinità di uova in esse immerse, hanno alleviato la cupezza di quella tragedia che si rinnova nei giorni presenti. Il colloquiare è stato stanco, quasi di cortesia. Ma la tenzone era dietro l’angolo. È bastato un nulla. “Ecce homo”. Dichiara la sua confessionalità. Dichiara, con ostentato orgoglio, la passata sua militanza politica che a quella sua confessionalità si era ispirata tradendone in verità lo spirito e l’essenza. E con volo iperbolico sorprende gli astanti – esterrefatti - confessando la sua incondizionata ammirazione per i tagliatori di teste d’oggigiorno che a suo parere dimostrano la pienezza della loro fede, una forza grande, quella pienezza e quella forza che non si mostrano essere più in dote alle confessioni dell’Occidente.
Donde ne consegue, a suo dire, della forza morale di quei moderni tagliatori di teste e della pavidità e debolezza delle confessioni religiose dell’Occidente. Sublime pensiero! “Ecce homo”. Sicuramente nostalgico di quando a menar le genti per le armi erano le falangi cristiane lanciate non solamente contro gli invisi “mori” ma contro tutte quelle genti che ostinatamente rifiutavano una catechizzazione imposta dalle armi. Ha scritto il professor Umberto Galimberti sul settimanale “D” del 13 di dicembre dell’anno 2014 – “È inutile parlare di fede con chi non ha mai dubbi” -: Karl Jasper amava distinguere: "i credenti" dai "militanti della fede", ai quali rimproverava la loro "minacciosa sicurezza". I credenti "buoni", quelli che non disprezzano i miscredenti e quindi non entrano in contraddizione con la loro fede che chiede anche carità e comprensione del prossimo, leggono i non credenti come persone che vorrebbero credere, ma non ce la fanno, e questo perché o non sono abbastanza informati, o perché hanno una mente "naturale" e non "spirituale" che non consente loro di intendere quei contenuti di fede che, per la mente naturale è pazzia. Insomma, per coloro che non credono non c'è scampo, in base al presupposto, comune a tutti i credenti, che si dà verità solo nella fede. Ora, a quell’uomo del terzo millennio si è cercato faticosamente, se non inutilmente, di far capire quanto e per come i percorsi storico-politici siano stati diversi per le genti dell’Oriente e dell’Occidente del mondo e che la “debolezza” dell’Occidente evidenziata e denunciata dal suo dire fosse in verità ben altra cosa, ovvero la faticosa conquista di quella laicizzazione che hanno condotto le società occidentali, fortunosamente, a  sottrarsi a quegli imperativi che oggigiorno guidano la mano dei moderni tagliatori di teste. E così stancamente, come in verità si era avviato, il colloquiare si è spento lasciando per un certo tempo aleggiare per l’aria quella macabra ammirazione per la “forza” religiosa di quelle bande armate sterminatrici d’innocenti. Ha scritto ancora il professor Galimberti: Ora tutti sappiamo che la fede "non sa" e perciò "crede". Io non credo che due più due fa quattro perché lo so, mentre credo in Dio perché, pur non avendo prove circa la sua esistenza dal momento che non l'ho mai visto ma ne ho solo sentito parlare, ne sento il bisogno, e per la stessa ragione credo anche che Dio sia buono. E questo anche se Isaia (45,7) dice: «Dio è colui che fa il bene e crea il male». Qui non si salva neppure la religione cristiana che attribuisce il male alla tentazione del diavolo, perché inevitabile sorge la domanda: chi ha creato il diavolo se non Dio? E donde entrò in lui quella volontà maligna che lo rese diavolo dopo essere stato creato interamente angelo da un Creatore buono? In Dio c'è anche un lato oscuro come a più riprese ci ricorda Jung, ma anche il teologo Dietrich Bonhoeffer, giustiziato nel campo di concentramento di Flossenbürg all'alba del 9 aprile 1945. E più recentemente il teologo Paolo De Benedetti, docente presso la Facoltà Teologica dell'Italia settentrionale, il quale, commentando l'invocazione di Gesù nell'orto del Getsemani («Padre, se vuoi, allontana da me questo calice») osserva che Gesù non dubita dell'onnipotenza di Dio, ma della sua volontà, infatti non dice «se puoi», ma «se vuoi». Gesù dunque conosce il lato oscuro di Dio e perciò chiede (ma invano) che il suo lato destro vinca sul suo lato sinistro. (…). …un dialogo tra credenti e non credenti è possibile solo se i credenti non credono di possedere la verità assoluta, perché in questo caso ogni dialogo è precluso prima ancora che incominci. Infatti solo se la (…) fede è accompagnata dal dubbio, e non è difensivamente arroccata in una presunta verità assoluta, come peraltro in diverse occasioni ci ricordava il Cardinal Martini, allora si può incominciare a parlare. (…). Ma la complessità dei fatti della Storia, che si sottrae al miracolismo invocato dai “credenti” a prescindere, è conquista che solamente la libertà del pensiero assicura in una forma più o meno compiuta. Ha scritto Adam Gopnik il 14 di febbraio 2015 sul quotidiano la Repubblica – “La lezione delle Crociate per capire gli orrori dell’Is” -: (…). …è vero che la storia semplifica tutto e la trappola, insidiosa, è che ripristinare la complessità non sempre rende le cose più chiare. Faccio questa riflessione dopo una recente dichiarazione del Presidente Obama, in occasione della National Prayer Breakfast, in merito alle orrende uccisioni di prigionieri inermi da parte dell’Is. Il suo commento era apparentemente ovvio e inconfutabile: che nella loro storia, quasi tutte le religioni (a parte forse alcune forme di Buddismo, Giainismo e simili), compresa la sua religione cristiana, siano state la concausa di orrendità. «Ai tempi delle Crociate e dell’Inquisizione, si commettevano atti terribili in nome di Cristo », ha osservato, dicendo una verità che solo un seminfermo di mente metterebbe in discussione. (…). L’Inquisizione? In realtà, non bruciava le persone vive; diceva alle autorità statali che gli eretici erano irrecuperabili e ed erano queste ultime a metterli al rogo. (…). Le Crociate erano molto più complicate che un attacco a saraceni innocenti da parte di cristiani sanguinari. Ma i fatti di base rimangono gli stessi: un grande numero di persone inermi, dagli ebrei dell’Europa centrale ai greci-bizantini di Costantinopoli, furono torturati e uccisi in nome della religione. (…). Le ideologie sono astratte, ma gli atti che producono sono reali. Potete neutralizzare qualunque ideologia, quantunque vile, insistendo a dire che nessuno è responsabile di quello che realmente fa. Potete riabilitare qualunque dottrina nella storia, continuando a dire che è responsabile solo delle sue conseguenze positive e attribuendo il resto a equivoci ed errori. (…). I misfatti delle Crociate, come quelli della schiavitù, sono successi. I fanatici che agiscono in nome della religione hanno assassinato migliaia di persone inermi. Il punto non è che nessun altro sia stato migliore; è proprio il problema. È il motivo per cui ora sentiamo che tutti i fanatismi e le ideologie predominanti in quel periodo erano altrettanto orribili, e per cui ringraziamo le nostre stelle, oltre ai nostri antenati illuminati, per averli (in gran parte) eliminati. Il male può nascere dal bene: la religione non può mai essere il nemico; il fanatismo lo è sempre. Ma la religione è sempre stata il terreno fertile del fanatismo. Per questo, quando gli uomini commettono atti di orribile crudeltà, diciamo che hanno fatto una religione della loro politica, o che sono prigionieri di un folle dogma ideologico. Il fanatismo è la convinzione che un’unica religione o ideologia contenga tutta la verità del mondo, e che le altre religioni debbano essere, al massimo, tollerate. (…). …nessun gruppo può, né mai potrà, assurgere a storico paladino morale. Ma non perché non esista una vetta morale, ma perché ci stiamo ancora arrampicando. È quanto a ridosso della “resurrezione” dell’uomo nazareno, avvenuta vincendo la morte e annullando le regole inflessibili della Natura. Un mito o una fede sulla quale risulta essere inutile qualsivoglia confronto. “Ecce homo”. Che a ben pensare sia da ritenersi esponente e simbolo di quelle migliaia e migliaia di occidentali cristianizzati che, orfani delle gloriose, sanguinarie imprese all’ombra della croce, ritengono il loro mondo occidentale e cristianizzato avere calato le “braghe” – testuale – di fronte ai “mori” mozzatori di teste.

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