Gennaio. I mendicanti vendono
rose rosse. Frettolosi viandanti li schivano. Se fosse una scena già scritta
sarebbe Brecht, Testori. C'è un senso di sconfitta negli uomini e nei fiori.
Non so come si annoveri (forse tra i nuovi poveri?) quello che twitta
"Ciao, sono in coda alla Caritas". Nella stagione arida (come spiega
la Fao) quando gira la ruota rischi la pancia vuota.
Febbraio. Fuori nevica. Sciatori
di Pechino salgono in teleferica sul dorso del Cervino. Dicendo cin ciun cen
acquistano in contanti tutti e quattro i versanti. Non sono molto zen. Guardano
indecifrabili quel diedro bellissimo ma raggiungibilissimo da strade
carrozzabili. Tutto sarà asfaltato. Cominciano domani. Nemmeno i valdostani ci
avevano pensato.
Marzo. La crisi offende anche i
ceti protetti. Manager con le agende vuote, come le aziende che hanno appena
svuotato: logica di mercato. Compro-oro costretti a comprare l'argento e giù,
per slittamento, ecco che i comprargento vanno a rubare il rame. Moda quasi
alla fame. Gli stilisti rammendano gli scampoli, purtroppo. Sperando che si
vendano firmano ogni rattoppo.
Aprile. Dopo Stàmina nuove cure
salvifiche! Senza alcuna disamina e inutili notifiche degli scienziati (casta!)
per promuoverle basta che piacciano alla gente. C'è l'oncorepellente estratto
dalle vongole i fanghi di Plutone l'ipnosi con le bombole le flebo di carbone
la gomma di cammella che cancella ogni male e il metodo Di Bella rifatto in
digitale.
Maggio. È maggio e Casaleggio
aggiorna i suoi pronostici. Il web, sotto il maneggio dei regimi più ostici
sarà perseguitato fino al duemilaeventi. Ma poi, transustanziato in divine
sementi feconderà il pianeta: non questo, quello nuovo che predisse il profeta
fatto a forma di uovo. Dai siti neosinfonici vulcani col pennacchio eruttano
sintonici il suono del pernacchio.
Giugno. Napolitano sgrida chi
alza la voce chi alle riforme nuoce chi veste in modo strano chi beve il
cappuccino facendo vrush. Chi tiene i piedi sul cuscino chi non saluta bene chi
gioca coi fiammiferi chi mangia troppo agliato chi accende i caloriferi nei
giorni che è vietato chi si presenta senza i pantaloni in piega e questa sua
indecenza nemmeno te la spiega.
Luglio. Di nuovo in piazza
protestano i forconi. Ma quante le scissioni! Se ne va la ramazza. Si sfilano i
picconi. I rocchetti e i ditali fanno i blocchi stradali ma i camion con
rimorchio li spianano. Spettrali la trebbiatrice e il torchio sfilano nella
notte. La ruspa e l'autobotte chiedono meste l'obolo. Sfilano per le vie mille
consorterie. Però non fanno un popolo.
Agosto. Ferie liquide: lo
spiegano i sociologi. Due giorni tra le rapide pagaiando fortissimo o un
week-end con gli enologi nel maso isolatissimo. Una nottata a Rimini ballando
al Carmencita o anche una bella gita sulle strade del vimini. A Ibiza o
Formentera per una sola sera c'è una mono-movida per chi tira la cinghia. Mai
uno che decida di non fare una minchia.
Settembre. I democratici che han
fatto punto e a capo danno consigli pratici a Renzi, il loro capo. Le tappe: il
segretario diventa commissario dell'Unione Mondiale. Poi presidente aggiunto
dell'Internazionale (nuova sede a Sagunto). Margravio. Gran Visir. Sire dei
Turcomanni. Principe del Pamir. Sindaco di Parigi. Infine, a ottantun anni
andrà a Palazzo Chigi.
Ottobre. Grillo calcola il costo
di ogni briciola che cade dalla tavola. Son quindici centesimi al dì, ma se non
lesini è un attimo che salgono a sedici. Che valgono almeno ventisette delle
vecchie lirette. La colpa è di Bruxél (salgono i decibél) insieme al pidiél e
al pidimenoél troia di tua sorél! Ridurrebbe gli sprechi calcolarli in copechi.
Novembre. Che sorpresa! la legge
elettorale! Si raggiunge un'intesa sull'urna romboidale. Il resto è a
discrezione del singolo elettore: data dell'elezione scheda di che colore in
quale seggio, al mare con l'uninominale o ai monti, dove pare valga il
proporzionale. Puoi votare col vecchio sistema manuale o dirlo in un orecchio
al presidente. Vale.
Dicembre. C'è un segnale di
ripresa industriale. Si vendono più corde per impiccarsi. Sorde alle voci
malevole le volontà politiche rendono più scorrevole il nodo della crisi. Poche
coscienze eretiche affiggono gli avvisi "chiuso per sempre". Vanno
dove nemmeno sanno come Cristo sull'asino prima che glieli brasino con la
storiella greve della ripresa a breve.
*L’almanacco è tratto,
integralmente, da “Duemilaquattordici” di
Michele Serra, pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 31 di dicembre 2013.
Lascio alla Vostra pazienza, alla
Vostra comprensione ed alla Vostra riflessione di navigatori della rete, nel
primo giorno di gennaio dell’anno 2014, un pensiero di Barbara Spinelli tratto
da “I sonnambuli dell’Europa”
pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 31 di dicembre 2013: (…).
L’accenno ai baratri, sempre miracolosamente sventati, è divenuto un trucco di
governanti impotenti, inetti, che usano il linguaggio apocalittico e le paure
dei popoli immiseriti «al solo scopo di restare titolari della gestione della
crisi». Lo dice l’ultimo rapporto del Censis: non è «con continue chiamate
all’affanno», né con la «coazione alla stabilità», che si ricostruirà una
classe dirigente. Impossibile ridivenire padroni del proprio destino se gli
Stati fingono sovranità già perdute e si consolano facilmente, come in Cocteau:
«Visto che questi misteri ci oltrepassano, fingiamo di esserne gli
organizzatori». (…). Ora siamo (…) in piena discrepanza tra parole e azioni, e
tutti partecipano alla regressione: compresi gli sfiduciati, i delusi pronti a
disfarsi di un’Europa che non è all’altezza della crisi. È diffuso l’anelito a
sovranità comunque inesistenti, e il sonnambulismo riappare con il suo corteo
di irresponsabilità, ignoranza, patriottismi chiamati difensivi. (…). Ecco la
modernità brutale del 1914, scrive Clark. Anche i popoli — spogliati di
diritti, disinformati — barcollano sperduti fantasticando recinti nazionali
eretti contro l’economia-mondo. Credono di contestare i governi. Sono in realtà
complici, quando non esigono un’altra Europa: forte e solidale anziché serva dei
mercati. Il pericolo, tutti lo sentono per finta. Dice (…) Broch: «Solo chi ha
uno scopo teme il pericolo, perché teme per lo scopo». Da anni siamo abituati a
dire che l’Europa federale ha perso senso, col finire delle guerre tra europei.
Ne siamo sicuri? La povertà patita da tanti paesi dell’Unione sveglia
risentimenti bellicosi. E la mondializzazione non garantisce pace, come
ammoniva già nel 1910 Norman Angell, nel libro La grande illusione.
L’internazionalizzazione dell’economia rendeva «futili le guerre territoriali»,
questo sì. Ma intanto ciascuno correva al riarmo. (…). La forza fisica che
Angell giudicava futile, e però letale, è quella dello Stato-nazione che
s’illude di fare da sé, piccolo o grande che sia. La lezione del ‘14 non è
stata ancora imparata.
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