"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 9 ottobre 2013

Uominiedio. 10 “Il soffio di una spiritualità morta”.



È divenuto un quotidiano scambiarsi messaggi epistolari. Ne intasano la carta stampata. La qual cosa non disturba il buon, civico senso ma il gusto della misura certamente sì. Scienziati e fini teologi – duellanti Ratzinger/Odifreddi -, giornalisti di chiara fama prossimi alla pensione ed eminentissimi esponenti di quella che è la curia della chiesa di Roma si son messi di buzzo buono per un cosiddetto confronto a tutto campo tra chi crede e chi non crede. O magari che vorrebbe credere ma non può. A ben ragione. Sol che la ragione resista alle sirene del tempo. Ma gli “Ulisse” dell’oggi non hanno tempra forte e buona. E di contorno a questo fitto scambio epistolare l’agitarsi dei numerosissimi turiboli che atei devoti e nuovi sedicenti aspiranti adepti non si stancano di agitare con forza per diffonderne il benefico olezzo. Come sempre si saluta qualche appena annunciata ed abbozzata novità con il sigillo di “rivoluzione”. Succede quando le parole hanno perso di senso. C’è stato un tempo in cui si è dibattuto del binomio “struttura/sovrastruttura” e tanto il moro di Treviri quanto l’Uomo della nuragica Ales hanno a quel binomio dedicato pensieri e vita. Forse inutilmente, se queste sono le risultanze dell’oggi. Donde ne deriva un interrogativo: perché tanto entusiasmo attorno a quegli scambi epistolari? Ha scritto Guido Ceronetti sul quotidiano la Repubblica del 18 di settembre ultimo – “Ma io diffido dell’amore universale” -: Di applausi tutti ne ricevono troppi. Mi dissuade dall’applaudire l’eccessiva reciproca tolleranza. Il Contrasto (Pólemos) non è “padre di tutte le cose”? Una parola moderna è ancora più forte: “Il combattimento spirituale è altrettanto brutale della battaglia d’uomini” (Arthur Rimbaud). Sulle questioni ultime, bisogna soffrire e far soffrire con le parole. Manca il dramma, nel dialogo Papa-Scalfari. Ciascuno, nel proprio dogma, si sente al sicuro. Dubito sia così, tra persone di elevata intelligenza, nel loro interno, ma non c’è rumore, nel loro scambio, di spade incrociate all’ultimo sangue. Entrambi gli interlocutori hanno in comune il soffio di una spiritualità morta, perciò il combattimento che impegnano è orfano della brutalità rimbaldiana. Poiché è fuori da qualsivoglia dubbio che tra i due che si scambiano epistole lunghe, lunghissime non potrà che realizzarsi, al massimo, una benevola, cortese, civile “reciproca tolleranza”, pratica che le società dell’Occidente hanno potuto mettere in atto essendo state benedette – e salvate di conseguenza, ma con quanto spargimento di sangue! - da quei trambusti che sono stati la rivoluzione francese e l’Illuminismo, ed un pensiero laicamente forte che ha sortito l’effetto di parlare tanto ed a lungo, per l’appunto, di quel binomio dimenticato. Con tutto ciò che ne è derivato. Ha scritto Maria Gabriella Gatti – neonatologa e psicoterapeuta – sul settimanale Left (39) del 5 di ottobre ultimo – “Noli me tangere” -: Se la scienza moderna avesse dato ascolto alla Chiesa che pretendeva di derivare la verità dalle scritture, ancor oggi avremmo una visione dell’universo con una forma a tabernacolo, le autopsie sui cadaveri o i parti cesarei sarebbero empie profanazioni, i malati di mente verrebbero rinchiusi e puniti in quanto peccatori, quando non bruciati in innumerevoli roghi se isterici come le streghe. Verità immarcescibili su scenari storici di non lontanissima memoria. E che ritroviamo intangibili oggigiorno – a mo’ di feticcio – laddove i trambusti prima accennati non abbiano diffuso i loro benefici effetti. Ebbene, l’incessante e voluminoso rapporto epistolare tra quei volenterosi pensatori di quanto sposterà dalle rispettive posizioni di principio gli infaticabili, moderni amanuensi? Mi pare di poter dire che tutto si risolverà in un “tanto rumore per nulla”, di shakespeariana ispirazione. Intanto i media ci avranno sguazzato a loro compiacimento. Ed i gonzi a stare lì, a bocca aperta per le meraviglie offerte dal tempo. È pur vero che il vescovo di Roma si è messo di buzzo buono a rimettere a posto lo stuolo numeroso che lo circonda in curia; un lavoro che riguarda la “struttura”, per l’appunto, ma che lascia del tutto inalterata quella che quegli uomini d’alto ingegno e pensiero hanno ascritto alla “sovrastruttura”. E che la “struttura” della chiesa di Roma avesse bisogno di una “messa in riga” è cosa notoria e che avrebbe menato scandalo non affrontarla con il dovuto piglio. I problemi di “valore” – o dei “valori” - sono ben altri. E Maria Gabriella Gatti ne propone uno – uno dei tanti in verità - sull’ultimo numero della rivista citata: «Ogni bambino non nato, ma condannato ingiustamente ad essere abortito, ha il volto del Signore che, prima ancora di nascere, e poi appena nato ha sperimentato il rifiuto del mondo». (…). Parafrasando il celebre Dai a Cesare ciò che è di Cesare, si potrebbe dire lascia ai medici ciò che è dei medici e dai a Dio ciò che è di Dio. Noi invece assistiamo, con papa Francesco, all’ennesima ingerenza delle gerarchie clericali che “pontificano” sulla vita umana, sull’embriologia e sulla neonatologia. Si confonde sistematicamente la realtà del bambino con quella dell’embrione e del feto che dal punto di vista strettamente biologico e scientifico, come è ampiamente accertato, hanno caratteristiche completamente diverse. Se è corretto attribuire al neonato la vita umana non è affatto legittimo pensare che quest’ultima sia presente nel feto né tanto meno nell’embrione. (…). Rispetto ad interventi precedenti dei suoi predecessori su temi analoghi Bergoglio compie un passo ulteriore sovrapponendo la figura del Cristo al feto e all’embrione. Forse la didascalia più adatta a questa sovrapposizione fra il sacro ed il profano, potrebbe essere “Noli me tangere” del Vangelo di Giovanni, esortazione a non indagare su ciò che appartiene alla sfera del sovrannaturale. (…). La Chiesa quindi si mobilita e reclama un ruolo subalterno della biologia rispetto alla dottrina che stabilisce che lo zigote è “persona” in virtù di un dogma in contrasto con le conoscenza della genetica e dell’embriologia. Mentre papa Francesco accetta la medicina che allevia le sofferenze del corpo, nega le conseguenze logiche che derivano da nuove scoperte. Prima della 23/24 settimane il feto, se nasce, non ha nessuna possibilità di vita in quanto le connessioni cerebrali fra organi sensoriali e corteccia non sono formate. Nell’aborto pertanto non c’è nessuno scarto di una vita umana ma solo l’interruzione di un processo puramente biologico: è completamente assurdo equiparare il rifiuto del bambino, dell’anziano, del disabile e del malato a quella dell’embrione come se tutti avessero la stessa implicazione morale, psicologica e giuridica di quest’ultimo. (…). Papa Francesco e il suo doppio: dietro Bergoglio rispunta inquietante l’ombra di Ratzinger, l’uomo dell’intransigenza che dava ragione all’inquisizione contro Galileo. (…). La biologia staccata dalla mente è materia inerte che, secondo la dottrina, si illumina solo se ricettacolo della creatività divina. L’apertura verso il nuovo non esiste: la Chiesa lenirà le ferite delle anime lacerate dal peccato originale fino alla fine dei tempi. Assistenza e confessione: la sofferenza deriverebbe dalla presenza metafisica del male e non da una malattia mentale che è possibile curare ed eliminare. La storia sarebbe già scritta e il destino umano, già segnato, è l’imitazione di Cristo. Sino a qual punto la chiesa di Roma sarà disponibile a contenere oggigiorno la sua “egemonia culturale” – categoria di gramsciana memoria - che travalica l’atto di fede per divenire dominio culturale e di direzione intellettuale e morale e che, per dirla tutta con le parole scritte nei Suoi diari dal carcere fascista, «sia in grado di imporre ad altri gruppi, attraverso pratiche quotidiane e credenze condivise, i propri punti di vista fino alla loro interiorizzazione, creando i presupposti per un complesso sistema di controllo»? La “sovrastruttura”, per l’appunto, del grande martire della tirannide fascista. Scrive ancora Maria Gabriella Gatti: Il pericolo un tempo rappresentato dalla fisica e dalla cosmologia di Copernico oggi è rappresentato dalla biologia e dalla psichiatria che ha rivelato il segreto della nascita umana e dell’origine del pensiero. L’embriologia e la neonatologia attuali costituiscono un pericolo mortale per la Chiesa cattolica: queste discipline forniscono interpretazioni, laiche ed immanenti, dell’origine del pensiero. Esse hanno confermato le ricerche dello psichiatra Massimo Fagioli sull’importanza della trasformazione della nascita e l’emergenza dell’attività psichica, senza la quale non c’è vita umana, dalla realtà biologica che ormai sono presenti nella scena culturale e scientifica da più di quarant’anni.

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