"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 29 dicembre 2025

MadreTerra. 62 “Le ultime preziose gocce del mondo”.


Cara terra, ti scrivo questa lettera a fine anno per restituirti qualcosa di ciò che mi dai.  Ti calpestiamo senza pensarci, appoggiamo sopra di te le nostre case e le strutture, mettiamo in te i semi che speriamo germineranno e saranno il nostro cibo, entriamo nelle tue viscere per estrarre quello che custodisci da millenni e che vogliamo usare. Atti di servizio, protezione, nutrimento, accesso i tuoi: è ciò che si fa per chi si ama. Robin Wall Kimmerer, scrittrice e scienziata statunitense, sostiene che la terra ci ami, evidentemente non ricambiata, e di più, ci interroga: "Come cambierebbe il nostro modo di stare al mondo se avessimo contezza di quanto la terra ci ama?". Lo scorso 16 dicembre è stato presentato il nono pacchetto omnibus dalla Commissione Ue in cui è contenuta quella che è stata descritta come una necessaria "semplificazione" per i prodotti di biocontrollo, ma che assomiglia molto a un escamotage a favore della chimica di sintesi: autorizzazioni a tempo indeterminato per numerosi pesticidi, estensione dei periodi di tolleranza per i residui delle sostanze vietate e un preoccupante indebolimento di uno dei pilastri della normativa europea: il principio di precauzione. Continueremmo a contaminarti e impoverirti se sapessimo che da te, terra, siamo amati? Nel suo ultimo rapporto Ispra ha evidenziato che nel 2024 il consumo di suolo è cresciuto del 15,6%: il peggior saldo degli ultimi 12 anni. Stiamo abusando di te, ti invadiamo senza ritegno, ti copriamo di inerti, ti trattiamo come fonte di profitto. Eppure tu, terra, tuteli e generi biodiversità, conservi enormi quantità di carbonio, regoli il ciclo dell'acqua, e poi ci circondi di bellezza, offri riparo e sostegno, ci permetti di attingere alle preziose risorse che conservi, sei capace di nutrirci con prosperità e abbondanza. Eugenio in Via Di Gioia ti dedica una canzone che porta il tuo nome e ti descrive "Tu così naturale, perfetta e essenziale / Non cerchi clamore, sei musica senza parole". E io, che non so comporre musica, voglio dichiararmi a te: cara terra, madre e casa comune indispensabile alla sopravvivenza, anche io ti amo. Ti ho osservato, non ti conosco completamente, ma capisco ciò che fai per me e so che a te devo tutto. Vorrei, a partire da te, in questa nostra reciprocità amorevole, costruire "un'altra idea di mondo". Barbara Nappini Presidente SlowFood Italia (La “Lettera alla Terra” di Barbara Nappini è stata riportata su “il Fatto Quotidiano” di oggi, lunedì 29 di dicembre 2025).

“Le ultime preziose gocce del mondo”, testo dello scrittore Dario Tonani riportato sul periodico “Green&Blue” del quotidiano “la Repubblica” del 3 di dicembre 2025: La Banca Mondiale dell'Acqua stava andando a fuoco.  L'intera ala sud era avvolta da un drappo di fiamme alte una ventina di metri. Barcollai fuori dal fumo e mi sfilai il casco ignifugo boccheggiando in cerca d'aria. Quasi alla cieca afferrai il braccio che mi trascinò lontano, attraverso un labirinto di fogliame avvizzito e vegetazione bruciata. Tossii. Avevo l'impressione di bollire a fuoco lento, ero in un bagno di sudore, tremavo. Crollai sulle ginocchia. Alle mie spalle Micheal si affrettò a togliermi la bombola di respirazione dalla schiena e a slacciarmi la tuta. Mi sciolse i capelli, li accarezzò e dopo avermi sfilato i guanti studiò le scottature che avevo sulle mani. «Devo medicarti» disse porgendomi la borraccia. «Dimmi delle porte tagliafuoco.» «Quelle della Sala Pacifico e della Sezione Mari sono roventi. Le serrature refrigerate non reggeranno a lungo.» Sopra di noi, un elicottero eseguì una virata stretta, rimase qualche secondo in hovering sulle fiamme e rilasciò una cascata d'acqua sul tetto della struttura. Il primo drone aveva centrato il bersaglio, il secondo era stato intercettato in volo. Non era la prima volta che il complesso subiva attacchi e atti di sabotaggio da parte dei negazionisti climatici. All'interno, in milioni di urne pressoché indistruttibili, erano conservati i campioni di ogni specchio d'acqua del pianeta, ciascuno con tanto di data e coordinate del prelievo. L'espansione termica, assieme allo scioglimento dei ghiacci e delle calotte polari causato dal cambiamento climatico, era responsabile dell'aumento sempre più rapido del livello degli oceani così come della conseguente erosione dei litorali e dei danni irreparabili all'equilibrio degli ecosistemi non solo costieri. La Banca Mondiale dell'Acqua, di cui esistevano due piccole succursali - una orbitante e l'altra sulla luna era stata costruita con l'obiettivo di custodire a futura memoria una campionatura della biodiversità microbica che stava alla base della vita organica. Era una sorta di biblioteca protetta e inaccessibile nella giungla del Borneo, una mappatura liquida del nostro mondo quale andava perdendosi giorno dopo giorno. «Io torno dentro!» dissi alzandomi di scatto. Michael sollevò gli occhi. «Scordatelo, Erina.» Trangugiai l'ultimo sorso dalla borraccia. «Devo prendere una cosa, prima che tutto vada perso per sempre. Me lo devi, Mike». «Non ti reggi in piedi.» Mi fissò per un lungo istante. «Okay, verrò con te.» Michael era un attivista della prima ora e un ex militare delle forze speciali che aveva gettato alle ortiche la divisa per votarsi alla salvaguardia dell'ambiente. Quanto a me, avevo lavorato per dieci anni come addetta alla sicurezza su una piattaforma offshore al largo della mia Sicilia, affiancando a un amore viscerale per il mare una crescente disillusione nei confronti dell'universo maschile. Non so quale fortuna ci fossimo meritati, ma riuscimmo nel fumo a imboccare il corridoio giusto dell'ala nord. Una volta aperta la porta blindata della Sezione Mari ci ritrovammo in un dedalo di scaffalature alte fino al soffitto. Dovevamo fare in fretta o il fuoco non ci avrebbe dato scampo. Avevo studiato a memoria la planimetria della struttura, per cui puntai diritto al caveau 5, corridoio 9. Feci scorrere la scala di metallo fino a metà parete. Lì, a quattro metri d'altezza c'era quello che cercavo. Michael rimase giù a farmi luce con la torcia. Afferrai l'urna a due mani, me la strinsi al petto e scesi adagio all'indietro, un piolo dopo l'altro. Una volta a terra, vidi i suoi occhi arrossati dietro la visiera del casco. Diresse la luce sull'iscrizione incisa a fuoco sul guscio di titanio. Una data, la sfilza di cifre delle coordinate geografiche e 12 lettere in stampatello: ME D I TE R RA N E O.

domenica 28 dicembre 2025

CosedalMondo. 95 Aya Ashour: «Forse il mondo non è mai stato pronto a proteggerci. Ma continueremo a proteggere la nostra memoria, trasformando il dolore in Storia che nessun tiranno o fascista potrà cancellare dalla coscienza dell'umanità».

Sopra. "Holy Mothers of Gaza" - collage 2025, vico Costantinopoli, Napoli - di Eduardo Castaldo.

La "Madonna col Bambino": non c'è forse altro soggetto, se non il "Cristo crocifisso", altrettanto capace di tenere insieme l'arte più alta e la devozione più popolare. Da Cimabue a Giotto, da Donatello a Giovanni Bellini, da Michelangelo a Leonardo, a tutto il Barocco, è una serie prodigiosa di variazioni sul tema, che mai come a Natale torna sotto i nostri occhi: nelle edicole viarie, nei quadri a capo del letto nelle case dei vecchi, nei santini che affollano i portafogli degli italiani. (…). A Napoli, da qualche mese, un artista vero che è anche un grande fotografo, Eduardo Castaldo, ha saputo ribaltare la situazione, rendendo proprio la Madonna col Bambino un soggetto di dirompente attualità, e restituendo a quel tema iconografico la tragicità che spesso non avvertiamo più: perché nell'abbraccio tenerissimo di Maria al piccolo Gesù è sempre implicito il suo pianto su quello stesso corpo straziato dalla croce, trentatré anni dopo. Castaldo ha preso (finora) sedici immagini classiche della Vergine - quella che vedete è un diffusissimo tipo orante, inventato da Giovan Battista Salvi, detto il Sassoferrato (1609-1685) -, le ha fotografate e ne ha incollato parzialmente la stampa sopra la stampa di una fotografia di una madre di Gaza con in braccio il figlio, morto, ferito o disperato, (immagini scattate dai meravigliosi fotografi della Striscia, che spesso hanno pagato con la vita la loro muta denuncia): poi, con un gesto demiurgico, ha tagliato la parte non incollata della foto del quadro, facendo emergere quella sottostante, che si compone con la prima in un risultato scioccante. Le Holy Mothers of Gaza di Castaldo hanno riempito i tabernacoli delle strade di Napoli, e ora una -che regge il figlio avvolto in un sudario - è stata accolta su un altare della Basilica di San Giovanni Maggiore. E hanno riempito anche i nostri telefoni, perché il profilo Instagram di Castaldo mostra il momento in cui la Madonna rivela la Madre di Gaza: restituendo così tutta intera l'immagine di Maria di Nazareth – questa madre di Palestina cui il potere assassinò il Figlio, questa donna ebrea, cristiana, venerata dall'Islam, che lodò Dio perché rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili, che sfama gli affamati e priva i ricchi di ogni bene. Maria di Nazareth, Maria di Gaza. (Tratto da “La Madonna col bambino rovescia i potenti” di Tomaso Montanari pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 27 di dicembre 2025).