"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 28 dicembre 2025

CosedalMondo. 95 Aya Ashour: «Forse il mondo non è mai stato pronto a proteggerci. Ma continueremo a proteggere la nostra memoria, trasformando il dolore in Storia che nessun tiranno o fascista potrà cancellare dalla coscienza dell'umanità».

Sopra. "Holy Mothers of Gaza" - collage 2025, vico Costantinopoli, Napoli - di Eduardo Castaldo.

La "Madonna col Bambino": non c'è forse altro soggetto, se non il "Cristo crocifisso", altrettanto capace di tenere insieme l'arte più alta e la devozione più popolare. Da Cimabue a Giotto, da Donatello a Giovanni Bellini, da Michelangelo a Leonardo, a tutto il Barocco, è una serie prodigiosa di variazioni sul tema, che mai come a Natale torna sotto i nostri occhi: nelle edicole viarie, nei quadri a capo del letto nelle case dei vecchi, nei santini che affollano i portafogli degli italiani. (…). A Napoli, da qualche mese, un artista vero che è anche un grande fotografo, Eduardo Castaldo, ha saputo ribaltare la situazione, rendendo proprio la Madonna col Bambino un soggetto di dirompente attualità, e restituendo a quel tema iconografico la tragicità che spesso non avvertiamo più: perché nell'abbraccio tenerissimo di Maria al piccolo Gesù è sempre implicito il suo pianto su quello stesso corpo straziato dalla croce, trentatré anni dopo. Castaldo ha preso (finora) sedici immagini classiche della Vergine - quella che vedete è un diffusissimo tipo orante, inventato da Giovan Battista Salvi, detto il Sassoferrato (1609-1685) -, le ha fotografate e ne ha incollato parzialmente la stampa sopra la stampa di una fotografia di una madre di Gaza con in braccio il figlio, morto, ferito o disperato, (immagini scattate dai meravigliosi fotografi della Striscia, che spesso hanno pagato con la vita la loro muta denuncia): poi, con un gesto demiurgico, ha tagliato la parte non incollata della foto del quadro, facendo emergere quella sottostante, che si compone con la prima in un risultato scioccante. Le Holy Mothers of Gaza di Castaldo hanno riempito i tabernacoli delle strade di Napoli, e ora una -che regge il figlio avvolto in un sudario - è stata accolta su un altare della Basilica di San Giovanni Maggiore. E hanno riempito anche i nostri telefoni, perché il profilo Instagram di Castaldo mostra il momento in cui la Madonna rivela la Madre di Gaza: restituendo così tutta intera l'immagine di Maria di Nazareth – questa madre di Palestina cui il potere assassinò il Figlio, questa donna ebrea, cristiana, venerata dall'Islam, che lodò Dio perché rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili, che sfama gli affamati e priva i ricchi di ogni bene. Maria di Nazareth, Maria di Gaza. (Tratto da “La Madonna col bambino rovescia i potenti” di Tomaso Montanari pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 27 di dicembre 2025).

Dov’è Gaza (nei nostri pensieri)?”. “Ci hanno tolto case e dignità. Ora sono qui per la Palestina”, “memoria” di Aya Ashour – riparata in Italia grazie all’incessante impegno profuso, a tutti i livelli, da Tomaso Montanari, rettore della “Università per gli stranieri” di Siena, e dall’insieme di tutto il corpo docente – “memoria” riportata sul supplemento a “Il Fatto quotidiano” del 4 di ottobre ultimo: Due anni desiderando che il 7 ottobre non fosse mai successo. Due anni di un lungo 8 ottobre: genocidio, sfollamento, cancellazione dei nostri ricordi e della nostra identità di palestinesi. Due anni in cui la strada per tornare a casa è diventata un viaggio di sfollamento - da un rifugio all'altro e una tenda all'altra - fino a quando sono finita in esilio, scoprendo un mondo che non avevo mai conosciuto nei 24 anni trascorsi sotto assedio a Gaza. Due anni di code per il cibo e l'acqua, di attacchi aerei che hanno raso al suolo case, quartieri, paesi, città, scuole e università della Striscia. Due anni di complicità internazionale con un regime fascista che continua a commettere genocidio contro un popolo disarmato. Due anni di paura (e questa continua ancora) per la sopravvivenza della mia famiglia, dei miei cari, dei miei amici rimasti là. Due anni passati a raccontare il genocidio da reporter. Ho avuto la fortuna di sopravvivere alla morte più e più volte, ma tanti altri non l'hanno avuta questa fortuna nel lungo 8 ottobre. Bambini che sono invecchiati prima del tempo. Mia sorella Rola è cresciuta di due anni durante il genocidio; ricordo quando siamo stati costretti ad abbandonare la nostra casa ad al-Mughraqa: lei aveva solo due anni e non sapeva ancora parlare; oggi ne ha quattro: sa cosa significa vivere in una tenda invece che in una casa, conta le fette di pane prima di mangiare e chiede a mia madre: "Mamma, c'è del pane?". In questi due anni ho perso i miei quattro cugini piccoli, uccisi insieme. La loro sorella, la piccola Saja, ora ha bisogno di cure mediche per le sue ferite. Per due anni ho lavorato con i bambini nei campi, osservando i loro volti pallidi e corpi fragili, ascoltando le loro richieste per i diritti più elementari dell'infanzia; sanno riconoscere il rumore dei diversi aerei, memorizzare percorsi che non portano alle loro case ma alle tende di stoffa che non proteggono né dal caldo dell'estate né dal freddo dell'inverno. Hanno dimenticato il significato della scuola, dell'appello mattutino e dei dolci caldi preparati dalle loro madri. Per due anni Gaza è stata definita dall'Unicef il cimitero dei bambini, eppure nessuno li ha salvati dalla macchina della morte. Due anni in cui non assomigliavo a nessuna donna al mondo, con il ricordo della mia dignità e femminilità violate semplicemente perché ero una donna a Gaza. Due anni in cui ho desiderato non avere il ciclo mestruale, né desideri, né sogni. Due anni in cui sono diventata per caso giornalista del Fatto, difensore dei diritti delle donne e dei bambini e collaboratrice di organizzazioni umanitarie internazionali, cercando solo di alleviare le sofferenze in piccoli modi. Invece di percorrere la strada sicura verso casa, ho percorso un sentiero diverso, svegliandomi nel cuore della notte con la pioggia che cadeva sulla tenda, cercando con la mia famiglia un modo per sopravvivere al freddo. Invece della mia stanza ho vissuto in sei metri per otto con nove persone della mia famiglia, senza privacy, senza spazio personale, senza vita. Per due anni non ho potuto guardarmi allo specchio, né vedere il mio corpo riflesso. Desideravo ballare a mezzanotte al ritmo della canzone di Warda Batwanes Beek, ma invece i giorni si trasformavano in incubi. Adesso, mentre cammino per le strade in Italia, non riesco a credere di essere qui: quando abbraccio la professoressa Tiziana De Rogatis sento il calore di una madre; quando ho trascorso giorni di vacanza con la scrittrice Paola Caridi, la madre italo-palestinese che mi guida; quando incontro il rettore Tomaso Montanari, colui che ha reso possibile la mia evacuazione; e poi quando vedo Giampiero Calapà del Fatto, che si prende cura delle mie cose come un padre e mi chiede di scrivergli la sera quando rientro a casa e mi ripete di non sentirmi in colpa per essere qui, che è tutto merito mio. Ho una reale possibilità di vivere, non solo per me stessa, ma anche per la mia famiglia e il mio popolo.

sabato 27 dicembre 2025

CosedalMondo. 94 Giuseppe Dossetti: «Ogni giorno si hanno nuove, dolorosissime prove che gli uomini non sanno vedere altro mezzo che questo, la guerra, mentre dovrebbe apparire chiarissimo a ognuno che questo mezzo è, al contrario, il solo che non risolve e non risolverà mai nulla e che lascerà tutto non come prima ma infinitamente peggio di prima».


«Ma è nell’anima che si sente, soprattutto nel cuore, questo grande dramma, purtroppo sempre più senza possibilità di soluzione sul piano umano. Ogni giorno si hanno nuove, dolorosissime prove che gli uomini – tutti, anche i migliori – non sanno vedere altro mezzo che questo, la guerra, mentre dovrebbe apparire chiarissimo a ognuno che questo mezzo è, al contrario, il solo che non risolve e non risolverà mai nulla e che lascerà tutto non come prima, ma infinitamente peggio di prima, con mali ancora più esasperati e con difficoltà ancora più insormontabili. Questa è una cosa tremendamente triste, che veramente pone un enorme peso sul cuore, quando ad ogni passo ci si incontra, anche nelle persone più rette e generose, in questa nefanda superstizione… (Giuseppe Dossetti – estintosi il 15 di dicembre dell’anno 1996 - in “Lettere dalla Terra Santa” – del 10 di ottobre dell’anno 1973 – all’indomani dello scoppio della guerra dello Yom Kippur, messaggio pervenutomi da Fra’ Nazareno della “Piccola Famiglia dell'Annunziata” – fondata da Giuseppe Dossetti - attualmente missionario in Cisgiordania).