"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 27 dicembre 2025

CosedalMondo. 94 Giuseppe Dossetti: «Ogni giorno si hanno nuove, dolorosissime prove che gli uomini non sanno vedere altro mezzo che questo, la guerra, mentre dovrebbe apparire chiarissimo a ognuno che questo mezzo è, al contrario, il solo che non risolve e non risolverà mai nulla e che lascerà tutto non come prima ma infinitamente peggio di prima».


«Ma è nell’anima che si sente, soprattutto nel cuore, questo grande dramma, purtroppo sempre più senza possibilità di soluzione sul piano umano. Ogni giorno si hanno nuove, dolorosissime prove che gli uomini – tutti, anche i migliori – non sanno vedere altro mezzo che questo, la guerra, mentre dovrebbe apparire chiarissimo a ognuno che questo mezzo è, al contrario, il solo che non risolve e non risolverà mai nulla e che lascerà tutto non come prima, ma infinitamente peggio di prima, con mali ancora più esasperati e con difficoltà ancora più insormontabili. Questa è una cosa tremendamente triste, che veramente pone un enorme peso sul cuore, quando ad ogni passo ci si incontra, anche nelle persone più rette e generose, in questa nefanda superstizione… (Giuseppe Dossetti – estintosi il 15 di dicembre dell’anno 1996 - in “Lettere dalla Terra Santa” – del 10 di ottobre dell’anno 1973 – all’indomani dello scoppio della guerra dello Yom Kippur, messaggio pervenutomi da Fra’ Nazareno della “Piccola Famiglia dell'Annunziata” – fondata da Giuseppe Dossetti - attualmente missionario in Cisgiordania).

Dov’è Gaza (nei nostri pensieri)?”. “A Gaza lottiamo contro il gelo, le piogge e le bombe di Israele”, testo della corrispondenza da Gaza City di Elina Yazji pubblicata su “il Fatto Quotidiano” di oggi, sabato 27 di dicembre 2025: Niente ti prepara al rumore della pioggia che batte sul tessuto sottile delle tende, perché qui nella Striscia di Gaza le tempeste invernali sono diventate più di un semplice fenomeno meteorologico. Sono una minaccia alla vita stessa, Negli ultimi giorni prima di Natale, forti piogge e inondazioni hanno colpito con violenza, trasformando le tendopoli che ospitano le famiglie sfollate in rifugi fradici di fango, completamente in balia di freddo e acqua. Secondo le agenzie umanitarie, centinaia di migliaia di palestinesi sfollati vivono in tende o rifugi danneggiati, con scarsa protezione dalla pioggia e dai venti gelidi e le scorte invernali rimangono gravemente insufficienti. Per i residenti di questi campi improvvisati, dove prima del conflitto magari sorgevano le loro case, ogni goccia di pioggia è una crisi. "Siamo sopravvissuti ai bombardamenti, ma non siamo sopravvissuti all'inverno", dice Hajar, una madre che raggiungiamo in una tendopoli qui a Gaza City. "Non c'è riscaldamento, non c'è terreno asciutto... i miei figli tremano di freddo la notte". Gli operatori sanitari confermano il grave pericolo. E a Khan Younis i funzionari sanitari hanno segnalato la straziante morte di Saeed Abdeen, un neonato di 29 giorni che ha ceduto all'ipotermia dopo che l'acqua piovana ha allagato la tenda della sua famiglia e bagnato le sue coperte. I medici avvertono che senza un riparo adeguato e provviste invernali, altri bambini saranno a rischio. "I bambini che vivono in tende senza un adeguato isolamento sono altamente vulnerabili", spiega il dottor Ahmed, un volontario. "Non si tratta semplicemente di freddo, ma di malattie cumulative. Stiamo assistendo a un aumento dei casi di infezioni respiratorie, polmonite e ipotermia, soprattutto tra i neonati e gli anziani". Tuttavia, le statistiche da sole non raccontano tutta la storia. Dietro ogni numero c'è una persona: un anziano con le lenzuola bagnate, una ragazzina che trema accanto ai suoi fratelli, un padre che osserva in silenzio l'acqua che si avvicina alla sua unica stufa, che già funziona a malapena. Oltre all’inverno inesorabile e al cessate il fuoco continuamente interrotto, l'altro giorno le forze israeliane hanno attaccato una scuola che ospitava famiglie sfollate, uccidendo almeno cinque palestinesi, tra cui un altro neonato: un triste promemoria del fatto che la lotta per la sicurezza va oltre le condizioni meteorologiche e si estende alla violenza che il governo di Israele continua a scatenare sulle nostre teste. Le agenzie umanitarie sul campo riferiscono che le tende si allagano pochi minuti dopo l'inizio della pioggia, costringendo le famiglie a improvvisare barriere con plastica e materiali di scarto che vengono rapidamente violati. "Le persone cercano di proteggere ciò che hanno, ma non è sufficiente. Le tende non sono state costruite per questo clima", dice Alì, un volontario che lavora con gruppi di soccorso locali. Secondo l'Unicef e le organizzazioni partner, il numero di famiglie sfollate esposte al rischio di alluvioni è aumentato notevolmente rispetto agli anni precedenti e i casi di polmonite trai bambini sono raddoppiati dall'inizio delle piogge. Le organizzazioni benefiche locali e le ong internazionali stanno fornendo ciò che possono - teloni impermeabili, coperte, pacchi alimentari - ma gli operatori umanitari sottolineano che le restrizioni al flusso di materiali verso la Striscia di Gaza rappresentano un ostacolo importante al rapido miglioramento delle condizioni. "Ogni tempesta rivela quanto sia fragile la nostra rete di sicurezza", afferma un coordinatore dei rifugi che assiste le famiglie sfollate. Per le madri come Hajar, la paura è costante: un giorno piove, un altro ci sono esplosioni, ogni ora è incerta. "Vogliamo solo dignità", dice, con lo sguardo fisso sui suoi figli. "Un posto caldo... un posto sicuro ... dove possano crescere". Mentre Gaza entra in un altro rigido inverno, il mondo osserva una comunità che ha sopportato così tanto e che ora cerca di sopravvivere in tende bagnate dalla pioggia, dal freddo e dalla paura. Quello che doveva essere un rifugio temporaneo è diventato un campo di battaglia contro le piogge, il vento, il freddo e contro l'incessabile violenza distruttiva; e nella lotta stanno continuando a spegnersi delle vite, le nostre vite.

venerdì 26 dicembre 2025

MadeinItaly. 73 Giuseppe Gioachino Belli: «Er Papa ride? Male, amico, è segno / che a momenti er su popolo ha da piagne. Sovrani in alegria so' brutti esempi. / Chi ride cosa fa? Mostra li denti».


(…). L'ascesa immobiliar-gentilizia di Salvini si è subito trascinata dietro un vecchio video social in cui il Capitano - già finto povero, ma gli riusciva benissimo - proponeva ai suoi gonzi follower un'orgogliosa e impudica visita guidata in quello che con una punta di risentimento presentò come «il mio prezioso bilocale»: il cucinotto, il salottino, il lampadario della nonna, gli abiti della tintoria appesi alle maniglie dell'armadio, la canna da pesca in corridoio, il terrazzino che dava su un cortile della periferia di Milano. Altri tempi, ma che ci vuoi fare? Per cui cercando invano una degna foto di villa Salvini (e Verdini, intesa come Francesca, a sua volta cresciuta nella splendida villa toscana di babbo Denis) viene voglia semmai di tenerla alta: «Di ville! Di villule! Di villoni ripieni, di villette isolate, di ville doppie, di case villerecce, di ville rustiche, di rustici delle ville», come scrisse Carlo Emilio Gadda ne La cognizione del dolore; aiutati in questo dalla convinzione che tutto passa, figurarsi le ville di lotta e di governo. Si affollano intanto le ombre e le stravaganze per una possibile elegia villereccia e castale. L'affarone dei La Russa & Santanchè a Forte dei Marmi, il pollaio degli struzzi di villa Angelucci, il trattorino in dono e la gabbia dei pappagalli a villa Rodella-Galan, il reddito recato all'ex Elevato Grillo da villa Corallina sulla spiaggia di Bibbona. Ma siccome qui la commedia sempre prevale su ogni mestizia, un pensiero va alla famiglia di rom che si regalò un'ignara vacanzetta nella villa in Sardegna dove soggiornava il Celeste Formigoni. (Tratto da “Elegia villereccia” pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 19 di dicembre 2025).

“Palazzo e avanspettacolo”, pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 20 di dicembre 2025: Che non suoni troppo gravoso o troppo saccente, ma ogni volta che i politici fanno gli spiritosi - e succede spesso - viene da pensare a ciò che scrisse Giacomo Leopardi a proposito del nostro popolo, che qualche riga più sotto definisce "popolaccio". E dunque: "Gli italiani ridono della vita: ne ridono assai più, e con più verità e persuasione intima di disprezzo e freddezza, che non fa niun'altra nazione". Ma siccome la si è presa un po' alla larga, ecco che passando dal laboratorio identitario leopardiano alle grevi, ma assai ben recitate barzellette di Berlusconi, alla stranianti metafore di Bersani, alle tosco-freddure di Renzi, ai siparietti gastro-social di Salvini, alle bimbe di Conte, ai saltelli da Orso Yoghi di Tajani e all'indubbio istrionismo che periodicamente porta la premier Meloni a strabuzzare gli occhi: «Regà!», interrompendo le conferenze stampa perché le scappa la pipì o coprendosi la testa dentro il soprabito nell'aula di Montecitorio...