Io non riesco ad immaginare come
vi poniate voi dinnanzi ai fatti nuovi della vetusta politica del bel paese. Li
condividete? Li avversate? O c’è un miscuglio in voi di sentimenti
contrastanti? Non sarebbe un male. Dinnanzi al nuovo – si fa per dire – che
avanza è prudente tenere un atteggiamento sospensivo, d’attesa. Ma fino a
quando? E quanto è costato alla politica “buona” del bel paese l’attendismo e
la faciloneria diffusa? Poi mi è capitato di leggere sul quotidiano la
Repubblica di oggi, 20 di febbraio, il “pezzo” di Sebastiano Messina che ha per
titolo “L’azzeramento della politica va
in onda con lo streaming”. Conosco e leggo Sebastiano Messina da lungo
tempo. Ne ho sempre apprezzato la lucidità e l’incisività della scrittura. Ma
la lettura del Suo “pezzo” mi ha indotto a superare ogni incertezza a fronte
dei fatti nuovi della vetusta politica. Ha scritto Sebastiano Messina: Il
duello politico l’ha perso Grillo, ma quello mediatico non l’ha certo vinto Renzi,
che forse non si aspettava un simile attacco frontale ed è riuscito a infilare
nel torrenziale comizio dell’ospite solo una frecciatina, «Beppe, questo non è
il trailer del tuo show, forse sei in difficoltà con la prevendita», ma qui ha
commesso l’errore fatale: mai discutere con un comico, ti trascina al suo
livello e poi ti batte con l’esperienza. La verità è che lo streaming preteso e
purtroppo ottenuto anche stavolta dai grillini non è la trasparenza della
democrazia ma l’azzeramento della politica. È trasparente come una vetrina
dell’insulto e della finzione, una porta a vetri attraverso la quale chi
dichiara apertamente «io non sono democratico» può far passare non la voce del
popolo ma la sua dinamite mediatica. La trasparenza è di sicuro una ricchezza
preziosa per il Parlamento e per i partiti, ma lo streaming applicato alle
consultazioni, alle trattative e ai colloqui di Stato — (…) — è l’esatto
opposto della limpidezza: appena si accende la luce rossa della telecamera il
velo dell’opacità avvolge ogni cosa reale e ognuno dei protagonisti finge di
essere quello che non è, e magari dice quello che non pensa, non per dialogare
con chi gli sta davanti ma per incantare chi sta là fuori, davanti alla tv. E
allora le consultazioni diventano co-insultazioni e l’unica cosa trasparente è
l’imbroglio dello streaming. E qui mi è saltata la mosca al naso. Ma
non abbiamo da un ventennio e passa accusato l’uomo di Arcore di utilizzare i
media per un deliberatamente programmato obnubilamento delle coscienze del popolo
sovrano? E se sì, in quale misura tutti gli altri, dico proprio tutti gli
altri, diversi dall’uomo di Arcore, si sono opposti a questa indegna pratica
che svuota dal di dentro la democrazia del bel paese? Avete memoria di un
qualcuno che abbia fatto denuncia e pratica conseguente? Perché non dire che
alle ragioni non proprio occulte dell’”antipolitica” è tornato comodo che le
cose facessero il loro corso – per come l’han fatto - onde ricavarne il massimo
del profitto possibile? È andata così ed oggigiorno ci si straccia le vesti
dimenticando che “l’azzeramento della politica” è stata pratica di lungo corso
che ha visto tutti i protagonisti, ma proprio tutti e nessuno escluso, non
disdegnare la spettacolarizzazione della politica nella forme patologiche che
essa cinicamente ci esibisce. Questo per il verso deplorato da Sebastiano
Messina nel “pezzo” dal quale ho tratto la citazione. Per non dire poi dell’“azzeramento
della politica” dovuto al malcostume della stessa, alle ruberie
accertate ed ascrivibili a tutto l’arco (in)costituzionale, a quello “schifo”
diffusissimo che ha fatto voltare dall’altra parte una fetta sempre più grossa
dell’elettorato. Mai una preoccupazione che sia per l’argomento, mai a cambiare
dal di dentro la “mala” politica. Mai e poi mai. Ed allora, cosa c’entra lo “streaming”
con la fatica che prova il cittadino ad interessarsi ancora delle
vicende della politica politicante del bel paese? Grillo qui, Grillo là. Grillo
sopra, Grillo sotto. Lo dico poiché non ho mai avuto simpatie per quel
“guitto”. Anche i suoi “spettacoli” non mi hanno mai attratto. Poiché sono io
ad essere in rotta perenne con l’imbecillità di quei media così disinvoltamente
ed artatamente utilizzati per svuotare dall’interno la vita della democrazia. E
non mi hanno, al tempo, attratto i vari “Grillo” in auge, così come oggigiorno
non mi attirano i “Crozza” di turno. È una questione di epidermica sensibilità;
mi fanno venire l’orticaria! Per il resto, dei “Grillo” e dei “Crozza” se ne è
pasciuto un intero paese. Ed oggi ci si strappa le vesti per lo “streaming”
che sarebbe il responsabile unico dell’“azzeramento della politica”. Bugie!
E così mi sono lasciato consolare leggendo l’intervista che Antonello Caporale
ha avuto per “il Fatto Quotidiano” – sempre del 20 di febbraio – dal professor
Luciano Canfora e che ha per titolo “Per
lui non bisogna scomodare i Classici. Basta citare Crozza”. Di seguito la
propongo nella quasi sua interezza: “Riprendo in mano Aristofane e a mente
rivado a “I Cavalieri”, quando fa dire a uno dei suoi protagonisti: emetti
dalla bocca delle polpette ripugnanti”.
Renzi è Paflagone? Il servo che –
conquistato il comando – spadroneggia in casa? (…). “Fare, dire, amare… quando
il comico pronuncia quelle parole interpreta magistralmente la vena sconclusionata
e stravagante del nostro leader. Ma cosa vuol dire fare, amare? E allo stesso
tempo che razza di progetto è, che pensiero sottende, quale carica espressiva
si dipana nella frase: faremo una riforma al mese! Neanche se parlassimo di
frittelle! Questo è il dramma, da qui lo sconforto e la rassegnazione”.
Ma l’Italia l’ha scelto perché
non ne poteva più del potere immobile, incartapecorito. Almeno la velocità, la
voglia di dare risposte, la forza di stare in movimento, gliela dobbiamo
riconoscere. “Ma si rende conto che un partito ha fatto indicare la sua
leadership da alcune migliaia di passanti? Ho visto con i miei occhi signori
che avevano Il Giornale di proprietà della famiglia Berlusconi sotto braccio in
fila ai gazebo per votare alle scorse primarie, a queste benedette primarie che
gli sono servite per espandere in modo arbitrario un campione minuscolo della
società italiana, a sentirsi legittimato da tutti invece che da pochi. Affidare
a gente che la pensa nel modo opposto di quel che ritieni la scelta del tuo
leader significa commettere il secondo errore madornale, ingiustificabile dopo
quello di aver costruito un partito senza passione, nato da convenienze, da una
fusione fredda”. (…). “Renzi, proprio lui, lascia spazio a Berlusconi di dire:
l’ultimo premier eletto sono io. Renzi, proprio lui, garantisce, giura che uno
come Alfano non sarebbe mai potuto essere ministro e ora lo stiamo per
ritrovare al suo fianco. Capisce il danno? E la misura della colpa? E non si
rimedia con paroline tipo: il dire, il fare, l’amare. Ma cos’è? Lo hanno issato
al trono solo perché dotato di questa straordinaria energia cinetica? Ecco
l’iniqua, sperequata logica. Io non mi sorprendo. Studio da una vita i classici
e già in Eschilo, Agamennone e poi naturalmente in Platone la parola esprime il
contrario del pensiero. Non c’è dunque stupore. Perché è certo che anche adesso
la parola ingannevole è usata come un bastone nodoso”.
Si dice A per prefigurare B, ci
si allea per finta con questo e insieme si tratta per davvero con quello. “E
nascono sconcezze lessicali, si consumano vere e proprie truffe ai danni della
nostra intelligenza e della lingua. Quando non ci piace l’avversario, magari
invoca rigore e integrità morale, lo tacciamo di populismo. E che significa? Non
c’è continenza, adeguatezza, misura. Parole inutili, vuote, vacue. Cesti
rotti”.
Le parole truffaldine. “La verità
è che siamo in una condizione di soggezione, completamente piegati a poteri
esterni. (…). Siamo asserviti, e la nostra debolezza ha la radice nella crisi
della classe dirigente. E la crisi esprime poi questi volti, queste fughe
solitarie, questi tipi italiani. I partiti hanno una forma provvisoria e
stentano a stare insieme. E siamo feriti, uccisi dalla valanga di informazioni
che sembrano avere come unico obiettivo l’azzeramento della memoria. Siamo un
popolo senza memoria purtroppo e tutto ci è concesso”.
Perfino di avere in campo una
coalizione che si chiamava Popolo della libertà. “E qui ritorniamo alle parole
ingannevoli. Questo è davvero un mirabile esempio: se tu sei il popolo della
libertà io che non ti voto appartengo al popolo della schiavitù? Esiste un
partito democratico, quindi si contrappone a un partito aristocratico?”.
Parole come zucche vuote,
professore. “Temo di sì, penso di sì”. (…).
Dobbiamo rassegnarci, non c’è
proprio scampo? “Non la prenda così male e non si angusti. Sappia che l’unica
vera resistenza, l’unico baluardo a questa deriva, l’unica struttura
antagonista è la scuola. La scuola ci salverà”.
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