"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 23 agosto 2012

Storiedallitalia. 20 I turiferari al lavoro.


Do per scontato, con questo post, di dare un fortissimo dispiacere a M.B. Sperando pure di non perdere un altro dei pochissimi visitatori di questo blog. Visitatore peraltro attento, a giudicare dalle sue rinnovate cortesi considerazioni sul mio banale operato. Coltiviamo con M.B., amorevolmente direi, una antica amicizia e condividiamo un sentire politico che viene da molto lontano. Ciò non toglie che, pur mettendo in conto una sua riprovazione, debba dire qualcosa sul tema. Ed il tema del giorno non può che essere, nella distrazione generale che anche l’ultimo Lucifero concorre a diffondere, lo scambio telefonico Mancino-Quirinale. Incontrandomi al mio ritorno a ****** per la pausa estiva M.B. ebbe modo di apostrofarmi – “Non mi toccare Napolitano” – in verità con il sorriso sulle labbra e molto bonariamente, aggiungendo considerazioni molto positive sull’operato dell’uomo di Stato. Ora, è pur vero che in questo paese allo sfascio essere un tantino migliori, ma proprio un tantino soltanto, della media non costa una gran fatica: basta, possibilmente, volerlo. Non sempre è così. Una cattivissima sorte sembra impedirlo ai tanti nel bel paese. Ma da questa banalissima considerazione in poi ne deriva che un uomo di Stato abbia ben altre responsabilità sulle spalle che pedagogicamente debba necessariamente tirare fuori per non fare affondare il marcescente vascello alla deriva. E nella fattispecie ho cercato di dire a M.B. come le cose non siano andate per come ci si sarebbe aspettato da cotanto uomo. Si è ripetuta amaramente la tragicissima storia all’italiana del “tenimmo tutti famiglia”. Con ciò volendo dire che la “famiglia” di qualcuno, indistintamente parlando, è più “famiglia” della mia o di quella di M.B. Che con il sentire politico che viene da lontano e che condivido con M.B. non ci sta proprio bene. Intanto perché la storia tristissima ed italianissima è di una semplicità estrema che cerco di riprendere per sommi capi per convincermene sempre di più – della sua inequivocabile semplicità - e non tanto per convincere M.B. X telefona all’ufficio di Y. Gli risponde Z. Non si è capito bene sino a qual punto a titolo puramente personale. X cerca un aiuto, un rimedio, al suo incauto comportamento in un’indagine grossa grossa nella quale si parla anche di stragi. Di stragi, signori. Di morti ammazzati. Punto. Z intercede presso Y, e su questo non ci piove. Y avrebbe avuto l’opportunità, chiara e senza giri di parole, di fare sapere a X, tramite Z, che l’argomento non aveva  dignità – dignità - d’ascolto per le sue auguste orecchie. Punto e basta. Ciò non è accaduto. Punto e basta, in nome di quella escrescenza maligna che viene dal detto  “tenimmo tutti famiglia”. Scrive malignamente – ma quanto malignamente poi? -  nel Suo volume “Il cuore oscuro dell’Italia” il corrispondente inglese Tobias Jones: (…). La dietrologia è l’aria che si respira in Italia. È il risultato della paranoia e della gelosia e serve solo a esaltare un’intelligenza intricata. È come Otello con il fazzoletto di Desdemona: un oggetto innocente può scatenare infiniti sospetti. È un gioco che fa la gente, quasi per mettersi in mostra. Io preferisco non vedere una cospirazione che esiste che vederne una dove non c’è. (…). È un’arte tutta italiana. Ed ecco allora i soliti turiferari dispiegare le loro arti. Ed una storia semplicissima del tipo “tenimmo tutti famiglia” diviene, quasi d’incanto, ma non troppo, una caccia all’untore, un attentato alle alte (?) cariche dello Stato, alla strega di turno per via delle sue fatture perverse e, per la magia di quell’arte sublime, si preferisce “non vedere una cospirazione che esiste che vederne una dove non c’è”. È che la storia tristissima che stiamo vivendo sulle nostre pelli madide - di quest’estate infernale - non ha niente di una “cospirazione”, che nella Storia grande ha avuto anche una sua dignità e tanti servigi ha offerto al progresso dell’umanità eliminando despoti e tiranni di varia natura e coloritura. È stata solamente una storiaccia – ma proprio una storiaccia - del tipo  molto diffuso “tenimmo tutti famiglia”. E su questo non ci piove. Scrive come sempre pedagogicamente Franco Cordero sul quotidiano la Repubblica del 22 di agosto – “Le parole incaute del Colle” - : (…). Vent’anni fa uomini del re negoziavano con la mafia accreditandola quale potere concorrente: consta da res iudicatae; vale o no la pena sapere cos’avvenisse tra le quinte? Vi ostano potenti interessi. Cerimonie ipocrite velano collusioni organiche. Ricapitoliamo i fatti: voci del Quirinale conversano solidalmente con l’ex ministro in cerca d’aiuto contro la procura intenta alle indagini (in particolare temeva il confronto con due ex ministri); colloqui editi svelano gl’interna corporis; l’effetto è deprimente e vari gesti l’aggravano. L’uomo al vertice afferma d’avere solo adempiuto dei doveri: esorta gl’italiani a stare tranquilli, perché terrà d’occhio le macchine giudiziarie; in materia d’intercettazioni aspetta novità delle quali abbiamo gran bisogno (restrittive, ovviamente, nel testo berlusconiano su cui voterà Montecitorio, e l’attuale premier manda segnali). Ancora parole incaute, sia concesso dirlo col rispetto che la persona merita: vanta consensi da tutti gl’intenditori interloquenti nell’affare e «il più largo riconoscimento»; lancia accuse d’ascolto abusivo; esige la distruzione dei materiali, mentre sarebbe bello esporre al pubblico i due dialoghi occulti; rovescia le bilance sollevando un clamoroso conflitto davanti alla Consulta. Spettatori equanimi guardano esterrefatti. In una circostanza dolorosa (è morto il consigliere compromesso) quirinalisti volontari gridano l’«assassinio mediatico ». Nell’Italia postfascista non s’era mai visto tanto plumbeo mimetismo, sebbene siano motivo ricorrente le partite ad armi impari. Pedagogicamente, dicevo. Accade sempre che, se la lettura di un qualsivoglia pensiero – minimo come lo è il mio o massimo come quello del professor Franco Cordero non ha importanza -, messo sulla tradizionale carta che si può appallottolare e buttare con fastidio nel cestino o su di un foglio elettronico come avviene su questo blog, non viene incontro alle aspettative del lettore, a ciò che il lettore si aspetta che gli venga detto, a conferma delle sue costruzioni mentali, scatta inconsapevolmente quel bisogno perverso della “dietrologia” che “è l’aria che si respira in Italia”. Un’aria sempre maleodorante ed insana. Per gli uomini e per le bestie.

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