Ha scritto
Nadia Urbinati sul quotidiano la Repubblica in un Suo “pezzo” che ha per titolo
“Superare le diseguaglianze”: (…).
Un problema tra i più urgenti che una politica democratica dovrà affrontare
sarà quello della crescente diseguaglianza della società italiana. La
diseguaglianza è un problema per la democrazia, soprattutto quando si radica
nelle generazioni, perché balcanizza la società e rompe la solidarietà tra
cittadini, inducendo i pochi a cedere, se così si può dire, dall’obbligo di
contribuire per chi non sente più come uguale. La società italiana sta da
alcuni anni percorrendo una strada a ritroso rispetto a quella nella quale si
era immessa dopo la Seconda guerra mondiale: dall’eguaglianza alla
diseguaglianza. E qui mi fermo nella citazione. Sfoglio una
patinatissima rivista di “cucina” – il numero di Agosto – e la mia attenzione
viene attratta dalla composizione fotografica che ne riempie la pagina 5.
Campeggia sulla sinistra un calice al piede del quale si intravvede una collana
di perle. L’immagine sfuma. Intriga. Nel calice non si intravvedono le
bollicine consuete ma si intuisce un fluttuare come di corpi leggeri ridotti in
lamelle. Mi guida, nella interpretazione della composizione fotografica, il
logo che occupa l’angolo destro in alto della pagina laddove è scritto “Fabbrica
di Oro e Argento in foglia Giusto Manetti Firenze”. Mi chiedo: che c’entra,
quel logo, con il calice, la collana di perle – saranno naturali? - e lo spumante?
Sposto lo sguardo nella pagina e sulla destra, in basso rispetto al logo
precedente, si intravvede una grossa fragola con le scaglie/lamelle intravviste
fluttuare leggere nel calice. E sotto all’immagine della fragola, a chiudere il
quadro, una appetitosissima fetta di una torta al cioccolato ricoperta pur essa
delle scaglie lamelle/. Cosa sarà mai? Il sortilegio, o il mistero che dir si
voglia, resta sovrano. Né m’illumina, in basso a sinistra della pagina, al
piede quasi del calice, un ben noto logo che sa di tutt’altro che di
raffinatezze culinarie o dolciarie: UnoAerre. Ohibò, cosa sarà mai? La
faccenda si complica ma, fortunatamente, trova la sua soluzione alla quarta di
copertina della patinatissima rivista ove si legge, a mezza pagina, “Un
prezioso regalo per una serata indimenticabile”, che sta sotto ad altre
immagini di godurie culinarie cosparse sempre delle solite scaglie lamelle/. Il
tutto si chiarisce ulteriormente – ohibò - dalla lettura a fondo pagina: “L’oro
e l’argento alimentare di Giusto Manetti Battiloro, distribuiti in esclusiva da
Unoaerre Industries Spa, sono in vendita nelle migliori gioiellerie”. Non
avevo capito un accidente. Le godurie, gli intingoli, erano stati ricoperti da “oro”
o “argento”
“alimentare”.
Chi compra “oro” o “argento” “alimentare” in Italia
per ritrovarselo poi espulso integro, indigerito, dopo averne attraversato il
lunghissimo canale intestinale, all’atto della quotidiana defecazione? Mi
piacerebbe avere una risposta. E lo spread? E l’Imu? E la disoccupazione giovanile?
Ed il taglio alla stato sociale? Chiudo sconsolato la rivista patinatissima. Ma
ho anche tantissima rabbia. Ma dove sarà finita la rabbia degli oppressi? Degli
sfruttati? Un consiglio: non comprate quella rivista, almeno per non
arrabbiarvi come è accaduto a me! Ma se ne sarete incuriositi, cercatela e
mostratela in giro. Quali reazioni susciterà negli altri? Riprendo volentieri il
“pezzo” di Nadia Urbinati: (…). …la ricchezza sta assumendo un ruolo
via via crescente tra le risorse economiche che definiscono la condizione di
benessere di un individuo mentre declina il ruolo del lavoro. Un significativo
aspetto della disuguaglianza riguarda la sua tendenza a trasferirsi da una
generazione all’altra, legando sempre di più il destino dei figli a quello dei
genitori. È questo un fattore tra i più devastanti e che documenta direttamente
la stabilizzazione delle classi. Perché disuguaglianza non occasionale, non per
personale responsabilità, ma di classe, un fatto che vanifica ogni più
ragionevole discorso sul merito individuale. Questo trend classista ci dice in
sostanza che lavoro dipendente e lavoro autonomo sono divaricati (il reddito
del secondo aumenta molto più in proporzione al reddito del primo) e che i
punti di partenza (la famiglia) diventano sempre più determinanti e
difficilmente neutralizzabili da parte degli individui. Non a caso, insieme
alla divaricazione dei redditi autonomi e da lavoro si ha la divaricazione
degli accoppiamenti: sempre più persone si sposano con persone con reddito simile.
Insomma poveri sposano poveri, ricchi sposano ricchi – e per conseguenza,
tendenza al trasferimento delle diseguaglianza e dei privilegi da una
generazione all’altra. La democrazia non ha mai promesso né perseguito
l’obiettivo di rendere tutti i cittadini economicamente eguali, ma ha promesso
con formale dichiarazione nelle costituzioni e nelle carte dei diritti, di
“rimuovere gli ostacoli” che impediscono a uomini e donne, diversi tra loro
sotto tanti punti di vista (dal genere al credo religioso alla ricchezza) di
aspirare a una vita dignitosa. Vi è nella democrazia politica un invito assai
esplicito a mai interrompere il lavoro di manutenzione sociale operando sulle
condizioni di accesso o le “capacitazioni” per usare un termine coniato da
Amartya Sen. Ecco perché a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale le
democrazie hanno dichiarato che i livelli di disuguaglianza nella ricchezza
devono e possono essere mitigati agendo sui meccanismi che la determinano, ad
esempio con politiche in grado di assicurare che il godimento di alcuni diritti
fondamentali raggiunga più pienamente e uniformemente la popolazione. (…). I
programmi politici sono quindi determinanti perché a consolidare le classi
insieme al declino fortissimo dei matrimoni interclassisti interviene proprio
lo smantellamento di quel fattore sul quale si era costruita la democrazia
moderna: la politica sociale, che significa la ridistribuzione dei redditi
attraverso i servizi destinati alla salute e all’istruzione; in questi due
settori chiave che da sempre hanno contribuito a contenere il divario tra le
classi lo Stato investe sempre di meno, dimostrando nei fatti di non essere in
grado o di non volere più usare la spesa pubblica per obiettivi democratici,
per rimuove gli ostacoli alla crescita della disuguaglianza, come promesso
dalla Costituzione.
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