(…). Uomini e donne non salgono più i gradini della scala sociale e restano aggrappati alla ringhiera anche al momento delle nozze: il matrimonio tende a «polarizzare» i redditi. Il medico sposa quasi sempre il medico, l´avvocato dice «sì» solo all´avvocatessa, l´operaio all´operaia. Ricchi con ricchi, poveri con poveri: una dura legge che nemmeno la favola bella di Cenerentola riesce a contrastare. Oggi i principi azzurri e le ricche ereditiere non rappresentano più la soluzione del problema: ce lo dice l´Ocse nel suo rapporto «Divided we stand», una spietata analisi sulla crescita delle ineguaglianze sociali (…). Le cifre indicate dallo studio dettano una tendenza netta: nel 2008, anno degli ultimi dati disponibili (e periodo comunque antecedente alla fase più pesante della crisi), il reddito medio del 10 per cento di popolazione più ricco del Paese (l’Italia n.d.r.) era di oltre dieci volte superiore a quello del 10 per cento più povero (49.300 euro contro 4.887). A metà degli anni Ottanta il rapporto era di 8 a 1: il gap sta quindi peggiorando. Non è un fenomeno solo italiano, sia chiaro: il divario fra più e meno abbienti, sottolinea l´Ocse, sta aumentano in quasi tutti i paesi europei. Francia a parte dove - come in Giappone - il quadro è rimasto più o meno stabile, il differenziale è salito anche nella ricca Germania e nell´evoluta penisola Scandinava (passando dall´1 a 5 degli anni Ottanta all´attuale 1 a 6). Imbarazzante l´1 a 17 degli Stati Uniti, drammatico - pur se in netto miglioramento - il dato del Brasile dove i più ricchi hanno redditi cinquanta volte superiori a quelli dei più poveri. Più sei pagato, più lavori, più ti arricchisci: a guardare le tabelle dello studio Ocse par di capire che le occupazioni di basso livello difficilmente evolvono e permettono il riscatto. Secondo gli studi dell´Ocse in Italia (ma la tendenza è confermata anche negli altri paesi) quantità e qualità del lavoro vanno di pari passo. Dalla metà degli anni Ottanta ad oggi il numero annuale di ore di lavoro effettuate dai dipendenti meno pagati è passato dalla 1580 alle 1440 ore. Anche fra i lavoratori meglio pagati la quantità è diminuita, ma in minor misura, passando dalle 2170 alle 2080 ore. Faticare, quindi, non basta. Ed essere lavoratore dipendente non aiuta: a differenza di molti paesi Ocse in Italia la diseguaglianza sociale va di pari passo con l´aumento dei redditi dei lavoratori autonomi. La loro quota sul totale della ricchezza è aumenta, negli ultimi trenta anni, del 10 per cento. Cos´è che fa aumentare la diseguaglianza? Il livello minimo di istruzione, certo, la bassa percentuale di lavoro femminile, lo storico divario fra Nord e Sud. Ma non basta. Il gap di casa nostra è causato anche dalla tendenza degli italiani a celebrare unioni fra caste: i principi azzurri non vanno più in cerca della loro Cenerentola e questa mancanza di fantasia ha contribuito per un terzo dell´aumento delle diseguaglianze di reddito. Cosa fare per invertire la tendenza? L´estensione dei servizi pubblici non basta più: istruzione, sanità e welfare riducono il gap, ma in modo meno incisivo rispetto al passato (di un quarto nel 2000, di un quinto oggi). La svolta, suggerisce l´Ocse, per l´Italia passa attraverso una riforma del fisco e della previdenza, il potenziamento degli ammortizzatori sociali e delle politiche di sostegno al reddito. Il testo proposto è stato tratto da “Classi sociali, i ricchi sempre più su ora guadagnano 10 volte più dei poveri” a firma di Luisa Grion ed è stato pubblicato sul quotidiano la Repubblica. C’è stato un tempo che un povero diavolo invitava le giovani e belle donne – purché belle comunque - del bel paese a trovare un figlio, anche se imbecille, di un industriale per risolvere i propri problemi economici ed esistenziali. Quel tempo sembra sia tramontato per sempre. La giovane operaia potrà al massimo aspirare ad impalmare il caporeparto dell’officina pressa la quale presta le sue braccia. Torna la lotta di classe? Non ho una risposta da dare. Un sedicente comico, un “grillo” straparlante, che sproloquia di continuo, ha dichiarato in questi giorni, a proposito del governo dei cosiddetti tecnici: - Il governo Monti sta facendo questo sporco lavoro schifoso di mettere le categorie dei cittadini l’una contro l’altra, per esempio gli evasori contro chi paga le tasse -. Roba da non credere. Sempre quel povero diavolo parlava in un tempo appena passato di invidia sociale. Nelle sue ossessioni la contrapposizione delle classi sociali, vecchia per quanto è vecchio il mondo, non la si poteva neanche adombrare. Finita la vertigine, il risultato è quello che Luisa Grion ci prospetta nel Suo interessante dossier. Per il “grillo” invece la contrapposizione tra chi paga le tasse e tra ci le evade è un lavoro sporco. Tanto è vero che al tempo del povero diavolo si proclamava ai quattro venti la necessità di perseguire l’evasione fiscale ma non si adottavano le misure necessarie per conseguire il nobile proposito. Scrive, in un Suo interessante editoriale – Il Pd deve reagire - sul quotidiano l’Unità, Alfredo Reichlin: (…). Lo scontro è mondiale. I nemici dell'euro non sono i taxi. Il pericolo non è il centrismo. Io mi chiedo se misuriamo abbastanza gli effetti dell'enorme squilibrio che è in atto nella distribuzione della ricchezza e quindi nel mondo dei valori e dei significati dell'esistenza. La forza della sinistra sta nel collocarsi al centro di questo scontro, che è anche di civiltà. La ricerca senza limiti dei guadagni in conto capitale ha fatto sì che valori come lealtà, integrità, fiducia, significati della vita, venissero via via accantonati per fare spazio al risultato monetario a breve termine. Bush è arrivato a far credere a milioni di persone che diventavano ricche con le carte di credito. Berlusconi pensava che bastasse comprare i deputati per governare. (…). Con l'idea, addirittura teorizzata, che il mondo è fatto solo di individui immersi in un eterno presente, i quali definiscono la loro identità in un modo solo, nel rapporto che hanno col consumo e quindi col denaro.(…). …non si uscirà dalla grande crisi dell'economia mondiale senza una redistribuzione del reddito e della ricchezza. La vecchia domanda di consumi non è più riproponibile. La droga dell'indebitamento ci ha portati al disastro. Bisogna far leva su nuovi consumi di massa per rilanciare lo sviluppo. Una distribuzione della ricchezza diventa la condizione per il rilancio della crescita, essendo questa impossibile se non cambiano anche le condizioni del vivere, i bisogni, le domande, il modo di essere della società. Da un versante diverso, ma non opposto, interviene il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, per dichiarare: - Il capitalismo sfrenato sembra ormai dare il meglio di sé non nel risolvere i problemi ma nel crearli, dissolvendo il proprio storico legame con il lavoro -. Parole chiare, nette, che non lasciano spazio agli esercizi verbali del grillismo parlante d’oggigiorno che, nella desertificazione delle coscienze artatamente creata nei decenni del liberismo sfrenato, del capitalismo della finanza, del reaganismo e del thatcherismo, trova il suo terreno fertile affinché si possa blaterare con fanfaluche da guitti provetti e quant’altro. Scriveva l’economista Jude Wanniski nel lontanissimo anno di guerra 1944: - Non dobbiamo essere troppo pronti a congratularci con noi stessi per la sconfitta di Marx e del marxismo. La nostra società globale è molto più fluida di quanto fosse ai suoi tempi, ma il processo di rinnovamento non è garantito. Le forze della reazione da lui correttamente identificate vanno debellate una generazione dopo l’altra, un compito colossale che ora la nostra deve affrontate -. Ed ancora, per dirla con Marx: - …se il capitalismo richiede una concorrenza spietata, e se i capitalisti stanno facendo tutto il possibile per distruggerla, abbiamo un sistema fondamentalmente insostenibile, come se fossimo animali che divorano i propri figli -. Il Moro di Treviri si starà rivoltando nella tomba. La crisi è inevitabile. Si chiedeva Joseph Schumpeter nel Suo “Capitalismo, socialismo, democrazia” (1942): - Il capitalismo può sopravvivere? No, non credo che possa -. Sappiamo bene, dalla lezione impartitaci della Storia, che il grande pensatore si sbagliava di grosso, pur essendo immerso nella tristissima realtà di quegli anni; il capitalismo aveva inventato, per superare le sue crisi, il fascismo ed il nazismo. Con tutto ciò che ne è conseguito.
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