"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 31 gennaio 2015

Oltrelenews. 18 “Charliehebdo”.



Da una “memoria” di Oncle Bernard – “Quando Charlie aveva vent’anni” – redattore di “Charlie Hebdo” ucciso nell’attentato di Parigi, pubblicata su “il Fatto Quotidiano” il mercoledì 14 di gennaio 2015: (…). Charlie è piuttosto di sinistra, anche se certuni che si dicono sinistri (fine e pedante allusione all’etimologia di “sinistra”) sono dei reazionari spaventosi; io, per esempio, che contrariamente a Cavanna (redattore di “Hara-Kiri” che ha preceduto nelle pubblicazioni “Charlie Hebdo” n.d.r.) sono e rimango un nemico radicale del progresso e sogno di tornare alla candela per illuminare la mia femmina che decora la grotta Chauvet, prima di piombarle addosso, abbagliato. Charlie di sinistra, sì, ma sempre dandosi la possibilità di commentare qualsiasi avvenimento sociale, internazionale, che fa rizzare i peli all’intelligenza, la quale è pelosa, un po’ più della poesia.

domenica 11 gennaio 2015

Lavitadeglialtri. 8 “Noi e loro così vicini”.



Scriveva Adriano Sofri il 13 di febbraio dell’anno 2011 sul quotidiano la Repubblica – “Noi e loro così vicini” -: “(…). Abbiamo assistito, in un rapido volgere di anni, dapprima increduli e sbigottiti, poi rassegnati e assuefatti, a una mutazione umana orrenda come quella degli assassini-suicidi che chiamiamo kamikaze. Uomini (e donne) che sacrificano con entusiasmo vite altrui, di innocenti tramutati in nemici o in ostaggi, per guadagnare il premio del paradiso: altra storia da quella antica degli umani disposti a sacrificare la propria vita per una causa sentita superiore. Contro umani votati alla morte può poco la premessa di ogni educazione e prevenzione e repressione, che è l´amore e comunque l´attaccamento alla vita.  (…). …sta di fatto che sulla sponda sud del Mediterraneo, luogo proverbiale di violenza o di apatia, sono avvenute due, finora, rivoluzioni popolari e non violente. (Lo fu anche quella iraniana, ma niente è detto una volta per tutte). Quelli sono paesi di giovani e non per giovani. (…). Sono andato a rileggere quella Sua analisi così lucida e così piena di umana considerazione e commiserazione. Poiché il rischio di questi giorni, dopo le tragedie parigine, è di lasciarsi guidare dai sentimenti più ancestrali che richiamino sangue al sangue versato da sì tanti innocenti.

sabato 10 gennaio 2015

Oltrelenews. 17 “Biografieccellenti”.



Da “Il segreto di Matteo Renzi il presidente giovane” di Furio Colombo, su “il Fatto Quotidiano” del 30 di marzo dell’anno 2014: (…). Il punto è che Matteo Renzi è entrato direttamente nella stanza dei bottoni (niente prescrive o prevede che uno passi di lì e vi entri perché è uno bravo o si presume che sia bravo) e vi resta non solo incontrastato ma abbastanza apprezzato. La ragione è che non è mai stato eletto. (…). …non mi pare vero di avere individuato la ragione che, con un po’ di fortuna e di faccia tosta (che non gli manca), lo salverà a lungo dal crollo dei controsoffitti politici che colpiscono così presto quasi tutti i regolari della politica. (…). I suoi modi simpatici e disinvolti devono avere fatto presa anche sul capo dello Stato, che aveva previsto una situazione eccezionale breve, e si trova di fronte a una situazione eccezionale lunghissima. Ma forse anche lui aveva visto che Renzi ha un lasciapassare prezioso: può dimostrare di non essere stato votato. Non è l’on. Renzi o il senatore Renzi. È il dottor Renzi. Fa una differenza grandissima, e Renzi in persona è ben cosciente di questo privilegio che a tutti gli altri non sembra bello ricordare (infatti non se ne parla mai). (…).

giovedì 8 gennaio 2015

Sfogliature. 35 “Del senso cinico”.



Ha scritto il professor Ilvo Diamanti sul quotidiano la Repubblica del 5 di gennaio - “Se torna in campo un leader usurato” -: (…). …vent'anni caratterizzati da Berlusconi hanno influenzato profondamente i modelli di azione e di organizzazione politica. Ma anche gli stili di vita e i valori degli italiani. Hanno, cioè, "berlusconizzato" politica e società, contribuendo ad accentuare il (tradizionale) distacco dalle istituzioni e ad affermare il senso "cinico" al posto di quello "civico". (…). È l'eredità di Berlusconi che (…) ha inibito la formazione di una Destra liberaldemocratica. Lasciandoci un Paese dove il PDR di Renzi, oggi, governa senza una vera alternativa. Ecco, per l’appunto, il riscoperto “senso cinico”, che non è un refuso di stampa e che non ha nulla da condividere con il più banale, vetusto e sorpassato “senso civico”. Quel “senso” lì è ben altra cosa. È che ad allarmarsi nel suo affermarsi nella cosiddetta società civile si era in verità, all’epoca, in sparutissimo numero. Il “senso cinico” ha fatto scuola e giunge un tantino in ritardo la dotta riscoperta dell’illustre professor Diamanti. E qui occorre che prenda in prestito quell’arte sublime del “citarsi addosso” che è propria del Woody Allen nella Sua forma più smagliante. E tanto per doverosamente “citarmi addosso” posso affermare d’aver parlato dell’oggi famigerato “senso cinico” sin dal lontanissimo, anzi remotissimo 25 di gennaio dell’anno 2008. Nell’e-book, fortunosamente salvato dal naufragio nelle profondità immense ed oscure della rete, la rubrichetta che aveva per titolo, per l’appunto, “Del senso cinico”, occupa le pagine che vanno dal numero 183 al numero 234. 51 paginette abbondanti per dire, in quel tempo remoto, del “senso cinico” dilagante e vittorioso sulle virtù della cittadinanza attiva e responsabile. Ripesco tra quelle paginette quella del 27 di aprile dell’anno 2010 che aveva per titolo “Anche con la volgarità si rappresenta un popolo”.

domenica 4 gennaio 2015

Oltrelenews. 16 “Cina”.



Da “Grazie all'est è Natale” di Giampaolo Visetti, sul settimanale “D” del 21 di dicembre dell’anno 2011: Negli ultimi cinque anni il 70% dei prodotti natalizi che si vendono nel mondo sono stati fabbricati in Cina. Yiwu, nello Zhejiang, è una città costruita per soddisfare la richiesta globale di atmosfere natalizie. Cinquecento imprese si sono specializzate in addobbi, luminarie, decorazioni, candele, giocattoli, alberi di plastica, presepi e tutto ciò che può essere trasformato in un regalo. Nessun cinese sa perché gli occidentali mettano in scena uno spettacolo tanto costoso e così ripetitivo. Hanno capito però le opportunità di business spalancate dal Natale e sono presto diventati la culla di tutte le feste del mondo. In questi giorni, tra lo stupore della gente di campagna catapultata nelle metropoli, i centri commerciali delle città sono gremiti da Babbi Natale dal profilo asiatico che distribuiscono doni ai clienti. Negli incroci principali, abeti bianchi sintetici alti trenta metri non spengono mai le loro luci rosse. I negozi di lusso hanno sostituito le armonie dell'Oriente con i classici della musica natalizia. Nessuno sa perché, ma è Natale anche in Cina, e chi può spende e festeggia. Onorare ricorrenze occidentali, tra i nuovi milionari, è molto snob. Nei luoghi più eleganti di Pechino e Shanghai girano fuoriserie con il fiocco sul tetto, diamanti e giade di dimensioni rispettabili sono esposti nelle vetrine, e i ristoranti offrono cene che mai un cinese si sarebbe sognato: tacchini, pesci, lenticchie e addirittura zamponi lessati, cibi che in Asia godono della popolarità riservata in Europa ai fiori di loto ripieni di pinna di squalo. All'ingresso dei supermercati riservati ai ricchi, sono posteggiate slitte cariche di inediti panettoni made in China, e perplesse ragazze travestite da Santa Claus propongono brindisi a base di champagne, sulle note di valzer viennesi. Davanti alla Città Proibita la mummia di Mao Zedong si rivolta nel sarcofago, ma con il diffondersi del virus del consumismo comincia ad essere più Natale in Cina che in Norvegia. La crisi poi accelera la delocalizzazione delle ricorrenze. Il 2011, a Yiwu, è il Natale dei record: ordini in crescita del 55% ed esportazioni schizzate a più 75%. Più l'Occidente si impoverisce e più l'Oriente si arricchisce. "Siete disposti a rinunciare a tutto - dice Lou Aiju, magnate dell'industria natalizia cinese - ma non a Natale e a San Silvestro. Con i budget all'osso non vi restiamo che noi, i migliori a proporre prodotti sempre più economici". In due anni, cinquantamila operai cinesi sono stati capaci di ideare e lanciare sul mercato quindicimila articoli natalizi diversi, cambiando il volto dei tradizionali mercatini dell'Avvento nati nel mondo germanico e dilagati ovunque. In Europa si taglia su tutto, e così almeno quel paio di giorni di obbligata felicità devono salvarsi: a patto di essere sempre più low cost e sempre più made in China. L'Asia? Assorbe e vende tutto, convinta che qualche occasione in più non guasti nemmeno alle crescite nazionali. La Cina, onorati gli incassi di Natale e Capodanno, si lancia già sul Festival di Primavera. Il 23 gennaio inizia l'Anno del Drago, il più fortunato secondo l'astrologia imperiale. Il Drago è il solo segno dello zodiaco cinese a incarnare una creatura mitologica, e garantisce coraggio, forza, generosità e ricchezza. È l'emblema della patria e ogni cinese aspira ad essere come un drago. Si annuncia un baby-boom, con coppie che hanno atteso anni per generare un figlio nell'anno che promette di esaudire ogni sogno. La gioia, anche qui, rimane pur sempre un enigma legato alla nascita.

giovedì 1 gennaio 2015

Uominiedio. 16 “Cosa può salvare la chiesa di Roma”.



“Pari chi sentii diri…”. Sublime! Magia di una lingua che è propria di una terra bellissima e solatia. Di un’isola che è unica ed irripetibile al contempo. E poi, quel “pari…”, che è di una finezza straordinaria, che nulla ha a che vedere con quel “quì lo dico e quì lo nego” tanto in voga nel paese dei millantatori e dei saltimbanco. “Pari…”, che ha il sapore dell’ammissione aperta di non voler dire più di tanto ma anche del voler esplicitare la propria limitatezza a fronte di problemi che travalichino la sensorialità degli umani e la finitezza della loro mente. “Pari chi sentii diri”, dove sembra sia bene affermare di non essere sicuri del proprio sentire, inteso della facoltà sensoriale dell’udire, dell’ascoltare. Allora, “pari chi sentii diri” che nell’alto dei cieli – il cosiddetto “mondo di lassù” - regni trionfante la distrazione se non la dabbenaggine più profonda. È pur vero che quel “mondo di lassù”, che non è un qualsivoglia “mondo di mezzo”, è proprio l’empireo abitato da tutti gli spiriti, tanto dai buoni spiriti quanto dagli spiriti cattivi. Stento a credere che quel “pari chi sentii diri” possa essere riferito a quel Lucifero, un tempo in auge nel “mondo di lassù”, relegato poi negli inferi che seppur infernali fanno sempre parte di quel celestiale – nel senso di allocato nell’alto dei cieli - mondo non sempre comprensibile alla umana ragione. C’è da dedurne che quel “pari chi sentii diri”, in riferimento alla conclamata distrazione che sembra affliggere quel “mondo di lassù”, sia da attribuirsi ad una delle figure di quella che veniva e viene comunemente denominata la “santa trinità” e, non volendo pensare alla figura massima di quella triade, sia da intendersi riferita alla figura detta dello “spirito santo”, in verità terza della triade e quindi sottoposta alle altre due ben note figure, ma elevata, nei secoli dei secoli, al rango di chi avrebbe dovuto illuminare il sentiero impervio della chiesa di Roma e dettarne i pensieri più casti, più caritatevoli e guidarne le terrene opere di pace e d’amore. Oggigiorno se ne evince della inadeguatezza di quello “spirito” che per millenni, distrattamente, ha abbandonato – distrattamente? O affinché si realizzassero le profezie - la creatura che gli era stata affidata con i miserevoli risultati che si è chiamati impietosamente a verificare e denunciare.