"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 20 ottobre 2015

Oltrelenews. 65 “3.000 € cash”.



Da “Tax Ruling, se il Fisco ha le porte girevoli” di Fabio Bogo, sul settimanale “Affari&Finanza” del 12 di ottobre 2015: (…). …in campo fiscale spesso le porte sono girevoli, e quello che entra da una parte magari esce dall’altra. È il caso del limite massimo di contanti che è possibile usare per i pagamenti, la “gabbia” che ha lo scopo di tracciare i flussi di denaro e che costituisce un forte deterrente all’evasione fiscale. Il governo Berlusconi nel 2008 lo aveva fissato in 12.500 euro. Il governo Monti nel 2011 lo ha ridotto a 1.000 euro, livello attualmente in vigore. Adesso è ripartita la corsa al rialzo e l’ultima proposta presentata in parlamento lo prevede a quota 3.500 euro, soglia oltre la quale scatta l’obbligo di utilizzare assegni, bonifici o carte di credito. Oltre la quale, insomma, è necessario essere identificati. Il primo a ventilare la possibilità di modificare la soglia è stato il premier Matteo Renzi: nel varco aperto si sono precipitati rari colleghi del Pd e in forze quelli di Forza Italia e Ncd con il supporto delle organizzazioni del commercio. La giustificazione è quella di ridare “il giusto sostegno ai consumi” e allinearsi ai livelli in vigore in altri paesi europei. In effetti Germania e Olanda non hanno alcun limite al pagamento in contanti, in Spagna il tetto è di 2.500 euro, in Belgio e Francia di 3mila. I sostenitori dell’abolizione del tetto dimenticano però altre particolarità italiane, e non tutte virtuose. Siamo il paese europeo con il maggior numero di persone “unbanked”, cioè restie ad usare canali bancari per le loro transazioni. Questa preferenza per i contanti (il 67 per cento delle transazioni avviene cash) genera costi di gestione pari a 4 miliardi per il canale bancario e a 8 miliardi per il sistema paese. Siamo il paese europeo con la più ampia economia sommersa, che sfugge ad ogni tipo di rilevazione perché scorre su canali in “nero”, alimentati appunto dalla non tracciabilità dei flussi finanziari. Questa anomalia – secondo le stime Istat – genera un volume che oscilla tra i 255 e i 275 miliardi di euro: vale tra il 16,3 per cento ed il 17,5 per cento del Prodotto interno lordo. Siamo soprattutto il paese che, a causa dell’imponibile sottratto al fisco dall’economia in nero, subisce il maggior danno al gettito dell’erario. Questa anomalia fa si che l’evasione fiscale italiana sia il triplo di quella spagnola, il doppio di quella inglese, il 30 per cento in più di quella tedesca. Scriveva l‘Agenzia delle Entrate un anno fa: “Al fine di contrastare fenomeni evasivi ed elusivi complessi è prioritario incentivare l’uso di strumenti tracciabili per effettuare pagamenti in ogni ambito. La riduzione del contante è una delle chiavi per la lotta all’evasione”. E l’evasione sottrae alle casse dello Stato mediamente 30 miliardi di euro l’anno. Più o meno l’ammontare della manovra contenuta nella legge di stabilità per il 2016. Sarebbe il caso che qualcuno non se lo dimenticasse.

Da “Tremila in contanti, ingiustizia doppia” di Bruno Tinti, su “il Fatto Quotidiano” del 20 di ottobre 2015: Chi paga 3.000 euro in contanti? Chi ce l’ha, ovviamente. Dunque due categorie. I super ricchi e quelli che li hanno ricevuti in pagamento da altri. I super ricchi consumano quando e come gli pare. Dell’autorizzazione di Renzi a pagare in contanti borse, scarpe, vestiti, lavatrici e tv se ne fanno un baffo. Quelli che i 3.000 euro ce l’hanno perché qualcuno glieli ha dati sono obbligati a spenderli: li mettessero in banca, sia mai che capiti, il Fisco glieli trova. Quindi, anche loro, comprano tv, borse, scarpe e via dicendo. Restano i lavoratori dipendenti e i pensionati. Questi, soldi in contanti non ne hanno, paga, salario, stipendio, pensione glieli accreditano in banca. Se sono benestanti e possono permettersi Tv, scarpe etc, pagano con carta di credito: è più comodo che andare in banca a prelevare. Se sono poveri, non comprano; oppure comprano a rate: supermercati e negozi di elettronica sono pieni di offerte di rateizzazione a tasso zero. Sicché lo strombazzato aumento dei consumi che conseguirà alla possibilità di pagare fino a 3.000 euro in contanti in parte è vero: quelli che sono pagati in contanti spenderanno un po’ di più. Chi sono questi fortunati? Le partite Iva, loro e solo loro. Quanto costa all’Erario questa espansione di consumi? I conti sono facili. 22% di Iva e una variabile tra il 30 e il 40% di Irpef, diciamo 35%: per ogni pagamento di 3.000 euro in contanti, 660 euro per l’Iva e tra 900 e 1.200 euro per l’Irpef. Per ogni pagamento il Fisco ci rimette in media 1.500 euro: un vero affare. Il versante etico può non essere considerato. Non perché sia irrilevante, naturalmente; ma perché a Renzi&C. non gliene può importare di meno. Però, se è vero come è vero che due torti non fanno un diritto e che l’art. 3 della Costituzione non può essere utilizzato a giustificazione delle scelleratezze, resta il fatto che questo 50/60% di incremento di reddito (evasione del 22% di Iva e del 30/40% di Irpef) riservato al 12% circa dei contribuenti italiani (il popolo dell’Iva) è una doppia ingiustizia. Non solo le minori tasse pagate si ribaltano, ovviamente, su una maggiore pressione fiscale e su una diminuzione dei servizi pubblici; ma perché i vantaggi dell’evasione, legalmente resi possibili da leggi dello Stato, non sono accessibili a tutti. A titolo di esempio, chi scrive gode di un’ottima pensione. Il problema è che gliela versano in banca. Già prosciugata delle imposte dovute. Sarebbe molto bello che gli si applicasse lo stesso criterio adottato per un lavoratore autonomo di pari livello retributivo: pensione corrisposta per intero, al lordo delle imposte; facoltà di poter dichiarare di aver ricevuto una somma consistentemente minore e conseguente privilegio di pagare imposte sul reddito parametrate alle menzogne; possibilità di acquisto in contanti cui consegue il risparmio dell’Iva che, per un lavoratore dipendente o pensionato – utilizzatore finale (non in senso berlusconiano) – è una vera mannaia. Insomma, esiste una disparità di trattamento evidente tra contribuenti: quando vanno al ristorante l’88% di loro paga più del doppio del restante 12%. Resta il versante politico. Come si è visto, la storia che incrementare la quantità di contanti che può essere utilizzata per i pagamenti incrementa i consumi è una mezza verità; in realtà una verità al 12%, pari alla percentuale di contribuenti che ha la possibilità di fare “nero”. Questo incremento, però, è falcidiato da una corrispondente perdita del 60% circa derivante dall’evasione di imposta. È vero, l’incremento e la corrispondente “crescita” economica vanno a vantaggio di privati cittadini; l’evasione va a danno dello Stato. Un assetto economico di questo tipo è generalmente considerato rovinoso; ma è stato per anni perseguito da B&C, le cui teorie economiche si fondavano sul principio della razzia, tutti contro tutti e uniti contro lo Stato. Non desta meraviglia che Renzi&C lo abbiano fatto proprio. Naturalmente questa analisi poggia su un postulato: il popolo dell’Iva pratica un’evasione costante servendosi del “nero” Basta negarlo per farla crollare. Circa 9 milioni di contribuenti (le partite Iva) lo negano. Renzi&C, ni. Però, aggiungono, abbiamo fantascientifici strumenti per acchiappare gli evasori. Si tratta evidentemente di perfezionate sfere di cristallo che accertano il “nero”. Abbiamo una straordinaria occasione per diventare un Paese ricchissimo: le cediamo a tutti gli altri Paesi (che ovviamente non ce l’hanno) e incassiamo royalties favolose; che so, il 5% del maggiore gettito fiscale?

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