I margini. Che non siano i profili estremi di corpi fisici. Margini come marginalità, esclusione di esseri umani. Al tempo della crisi i margini si espandono, inglobano vite che prima della crisi ne erano ben distanti, distinti. O si sentivano ben distanti, distinti. Protetti. Si continui a parlare dei margini. Oggigiorno più di prima. Margini come esclusione, abbandono, di strati sociali sempre più vasti. Se ne è fatto cantore Andrea Satta, scrittore e musicista. Lo ha fatto con un pezzo straordinario sul quotidiano l’Unità del 13 di febbraio dell’anno 2011. Un canto dolente. Di chi ai margini guarda non senza rabbia. Con dolore. Con rabbia vera. E che sa sciogliere come d’incanto la dolcezza piena di un canto dolente. Titolo del Suo canto: La generazione oltre la tangenziale.
Io lavoro oltre la Tangenziale, conosco i tempi, lo stress, la corsa, la lontananza dal centro, la solitudine, l‘aria maledetta, il particolato, le coincidenze, il gelo nelle mai, quello ai piedi, il fumino dalla bocca mentre si aspetta il treno, il professore intirizzito, l’operaio assonnato, il padre preoccupato, il tempo che manca, quello che resta, il conto alla rovescia, l’arrivo, la rincorsa, l’apertura delle gabbie, la gara sfrenata per i posti a sedere, l’imbarazzo di dovercela fare. I ragazzi e le ragazze mute urlare, tutti quanti soffrire, senza saperselo dire.
Io lavoro oltre la tangenziale, nell’impero della televisione, dove mancano il cinema, l’incontro, la libreria, la sera fuori, il teatro, la politica, le canzoni in piazza, il forno a legna.
Io lavoro oltre la tangenziale, dove i prati sono una pausa tra il cemento,i cartelloni pubblicitari negano il tramonto, le ringhiere, uno schiaffo di ferro sotto il mento, un avviso a stare in guardia, uno stato di polizia un invito ad andare via.
Io lavoro oltre la tangenziale, dove i negozi sono il tutto che non fa la differenza, i muri un pianto colorato a cento mani, le chiese il credo che sbiadisce, le sezioni dei partiti centri anziani, sale giochi, Snai, cavalli, poker e … se domani … e tutto ciò che fa tendenza oppure speranza o credenza.
Io lavoro oltre la tangenziale tra mille semafori rossi, papaveri giganti cresciuti su un prato nero, fiorito su steli di cobalto, mercurio, radon e altro metallo puntati verso il cielo verniciato verde o giallo. La freccia a destra, la pensilina fatiscente, l’autobus vuoto al capolinea che non parte, sempre al cellulare il conducente a sinistra una vecchia cinquecento sportelli a vento, testimone di un altro tempo.
Io lavoro oltre la tangenziale, in un quartiere di operai, poveri o ricchi non si saprà mai, un parcheggio a pagamento, un deposito di calce, mattoni e manufatti di cemento, un supermercato a triplo sconto e un campo Rom accozzato a fianco. Sporchi tra le auto in coda al no del rosso con la mano tesa, i bambini dalle braccia affacciati per ogni lato un paio, e noi crocifissi tra il fastidio e la vergogna, la rabbia e il fastidio, il fastidio e la pietà, fino alla resa.
Io lavoro oltre la tangenziale, e mio padre comprava solo Fiat. Mi diceva che la Seat era, per la Fiat, come Fedro per Esopo, quel greco che scriveva di leoni, rane, lupi e agnelli, le stesse cose ricopiate peggio, in latino, tempo dopo. E lui, felice di essere italiano, comprava solo Fiat negli anni suoi più belli, sceglieva sempre fra i suoi modelli. Ora che tutto vola via lontano, cosa resta di questo essere italiano?
Io lavoro oltre la tangenziale e vedo che con gli occhi aperti una generazione giovane che muore. Ed è la mia.
Dalla nota redazionale della rivista semestrale Il piede e l’orma4 – Pellegrini editore (2012) ISSN 2037-7991 pagg. 240 € 20,00 - in edicola e nelle migliori librerie: marginidue perché le “voci dei margini” hanno inesorabilmente e inevitabilmente smarginato, esondando sulle pagine del nuovo fascicolo. Troppo vasta la costellazione, una galassia in espansione, per lo più gassosa, difficilmente circoscrivibile nell’insieme e nei corpi che la costituiscono. Così, il nuovo fascicolo dedicato al tema. E, nel solco di una proiezione che dia il senso del continuum, nella sezione finale di “marginidue” l’anticipazione al numero successivo: da sponda a sponda.
Io lavoro oltre la tangenziale, nell’impero della televisione, dove mancano il cinema, l’incontro, la libreria, la sera fuori, il teatro, la politica, le canzoni in piazza, il forno a legna.
Io lavoro oltre la tangenziale, dove i prati sono una pausa tra il cemento,i cartelloni pubblicitari negano il tramonto, le ringhiere, uno schiaffo di ferro sotto il mento, un avviso a stare in guardia, uno stato di polizia un invito ad andare via.
Io lavoro oltre la tangenziale, dove i negozi sono il tutto che non fa la differenza, i muri un pianto colorato a cento mani, le chiese il credo che sbiadisce, le sezioni dei partiti centri anziani, sale giochi, Snai, cavalli, poker e … se domani … e tutto ciò che fa tendenza oppure speranza o credenza.
Io lavoro oltre la tangenziale tra mille semafori rossi, papaveri giganti cresciuti su un prato nero, fiorito su steli di cobalto, mercurio, radon e altro metallo puntati verso il cielo verniciato verde o giallo. La freccia a destra, la pensilina fatiscente, l’autobus vuoto al capolinea che non parte, sempre al cellulare il conducente a sinistra una vecchia cinquecento sportelli a vento, testimone di un altro tempo.
Io lavoro oltre la tangenziale, in un quartiere di operai, poveri o ricchi non si saprà mai, un parcheggio a pagamento, un deposito di calce, mattoni e manufatti di cemento, un supermercato a triplo sconto e un campo Rom accozzato a fianco. Sporchi tra le auto in coda al no del rosso con la mano tesa, i bambini dalle braccia affacciati per ogni lato un paio, e noi crocifissi tra il fastidio e la vergogna, la rabbia e il fastidio, il fastidio e la pietà, fino alla resa.
Io lavoro oltre la tangenziale, e mio padre comprava solo Fiat. Mi diceva che la Seat era, per la Fiat, come Fedro per Esopo, quel greco che scriveva di leoni, rane, lupi e agnelli, le stesse cose ricopiate peggio, in latino, tempo dopo. E lui, felice di essere italiano, comprava solo Fiat negli anni suoi più belli, sceglieva sempre fra i suoi modelli. Ora che tutto vola via lontano, cosa resta di questo essere italiano?
Io lavoro oltre la tangenziale e vedo che con gli occhi aperti una generazione giovane che muore. Ed è la mia.
Dalla nota redazionale della rivista semestrale Il piede e l’orma4 – Pellegrini editore (2012) ISSN 2037-7991 pagg. 240 € 20,00 - in edicola e nelle migliori librerie: marginidue perché le “voci dei margini” hanno inesorabilmente e inevitabilmente smarginato, esondando sulle pagine del nuovo fascicolo. Troppo vasta la costellazione, una galassia in espansione, per lo più gassosa, difficilmente circoscrivibile nell’insieme e nei corpi che la costituiscono. Così, il nuovo fascicolo dedicato al tema. E, nel solco di una proiezione che dia il senso del continuum, nella sezione finale di “marginidue” l’anticipazione al numero successivo: da sponda a sponda.