Da una “memoria” di Oncle Bernard – “Quando Charlie aveva vent’anni” – redattore
di “Charlie Hebdo” ucciso nell’attentato di Parigi, pubblicata su “il Fatto Quotidiano”
il mercoledì 14 di gennaio 2015: (…). Charlie è piuttosto di sinistra, anche
se certuni che si dicono sinistri (fine e pedante allusione all’etimologia di
“sinistra”) sono dei reazionari spaventosi; io, per esempio, che contrariamente
a Cavanna (redattore di “Hara-Kiri” che ha preceduto nelle
pubblicazioni “Charlie Hebdo” n.d.r.) sono e rimango un nemico radicale del
progresso e sogno di tornare alla candela per illuminare la mia femmina che
decora la grotta Chauvet, prima di piombarle addosso, abbagliato. Charlie di
sinistra, sì, ma sempre dandosi la possibilità di commentare qualsiasi
avvenimento sociale, internazionale, che fa rizzare i peli all’intelligenza, la
quale è pelosa, un po’ più della poesia.
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
sabato 31 gennaio 2015
domenica 11 gennaio 2015
Lavitadeglialtri. 8 “Noi e loro così vicini”.
Scriveva Adriano Sofri il 13 di
febbraio dell’anno 2011 sul quotidiano la Repubblica – “Noi e loro così vicini” -: “(…). Abbiamo assistito, in un rapido
volgere di anni, dapprima increduli e sbigottiti, poi rassegnati e assuefatti,
a una mutazione umana orrenda come quella degli assassini-suicidi che chiamiamo
kamikaze. Uomini (e donne) che sacrificano con entusiasmo vite altrui, di
innocenti tramutati in nemici o in ostaggi, per guadagnare il premio del
paradiso: altra storia da quella antica degli umani disposti a sacrificare la
propria vita per una causa sentita superiore. Contro umani votati alla morte
può poco la premessa di ogni educazione e prevenzione e repressione, che è
l´amore e comunque l´attaccamento alla vita. (…). …sta di fatto che sulla sponda sud del
Mediterraneo, luogo proverbiale di violenza o di apatia, sono avvenute due,
finora, rivoluzioni popolari e non violente. (Lo fu anche quella iraniana, ma
niente è detto una volta per tutte). Quelli sono paesi di giovani e non per
giovani. (…). Sono andato a rileggere quella Sua analisi così lucida e
così piena di umana considerazione e commiserazione. Poiché il rischio di
questi giorni, dopo le tragedie parigine, è di lasciarsi guidare dai sentimenti
più ancestrali che richiamino sangue al sangue versato da sì tanti innocenti.
sabato 10 gennaio 2015
Oltrelenews. 17 “Biografieccellenti”.
Da “Il segreto di Matteo Renzi il presidente giovane” di Furio Colombo,
su “il Fatto Quotidiano” del 30 di marzo dell’anno 2014: (…). Il punto è che Matteo Renzi
è entrato direttamente nella stanza dei bottoni (niente prescrive o prevede che
uno passi di lì e vi entri perché è uno bravo o si presume che sia bravo) e vi
resta non solo incontrastato ma abbastanza apprezzato. La ragione è che non è
mai stato eletto. (…). …non mi pare vero di avere individuato la ragione che,
con un po’ di fortuna e di faccia tosta (che non gli manca), lo salverà a lungo
dal crollo dei controsoffitti politici che colpiscono così presto quasi tutti i
regolari della politica. (…). I suoi modi simpatici e disinvolti devono avere
fatto presa anche sul capo dello Stato, che aveva previsto una situazione
eccezionale breve, e si trova di fronte a una situazione eccezionale
lunghissima. Ma forse anche lui aveva visto che Renzi ha un lasciapassare
prezioso: può dimostrare di non essere stato votato. Non è l’on. Renzi o il
senatore Renzi. È il dottor Renzi. Fa una differenza grandissima, e Renzi in
persona è ben cosciente di questo privilegio che a tutti gli altri non sembra
bello ricordare (infatti non se ne parla mai). (…).
giovedì 8 gennaio 2015
Sfogliature. 35 “Del senso cinico”.
Ha scritto il professor Ilvo
Diamanti sul quotidiano la Repubblica del 5 di gennaio - “Se torna in campo un leader usurato” -: (…). …vent'anni caratterizzati da
Berlusconi hanno influenzato profondamente i modelli di azione e di
organizzazione politica. Ma anche gli stili di vita e i valori degli italiani.
Hanno, cioè, "berlusconizzato" politica e società, contribuendo ad
accentuare il (tradizionale) distacco dalle istituzioni e ad affermare il senso
"cinico" al posto di quello "civico". (…). È l'eredità di
Berlusconi che (…) ha inibito la formazione di una Destra liberaldemocratica.
Lasciandoci un Paese dove il PDR di Renzi, oggi, governa senza una vera
alternativa. Ecco, per l’appunto, il riscoperto “senso cinico”, che non è
un refuso di stampa e che non ha nulla da condividere con il più banale,
vetusto e sorpassato “senso civico”. Quel “senso”
lì è ben altra cosa. È che ad allarmarsi nel suo affermarsi nella cosiddetta
società civile si era in verità, all’epoca, in sparutissimo numero. Il “senso
cinico” ha fatto scuola e giunge un tantino in ritardo la dotta
riscoperta dell’illustre professor Diamanti. E qui occorre che prenda in prestito
quell’arte sublime del “citarsi addosso” che è propria del
Woody Allen nella Sua forma più smagliante. E tanto per doverosamente “citarmi
addosso” posso affermare d’aver parlato dell’oggi famigerato “senso
cinico” sin dal lontanissimo, anzi remotissimo 25 di gennaio dell’anno
2008. Nell’e-book, fortunosamente salvato dal naufragio nelle profondità immense
ed oscure della rete, la rubrichetta che aveva per titolo, per l’appunto, “Del
senso cinico”, occupa le pagine che vanno dal numero 183 al numero 234.
51 paginette abbondanti per dire, in quel tempo remoto, del “senso
cinico” dilagante e vittorioso sulle virtù della cittadinanza attiva e responsabile.
Ripesco tra quelle paginette quella del 27 di aprile dell’anno 2010 che aveva
per titolo “Anche con la volgarità si
rappresenta un popolo”.
domenica 4 gennaio 2015
Oltrelenews. 16 “Cina”.
Da “Grazie all'est è Natale” di Giampaolo Visetti, sul settimanale “D”
del 21 di dicembre dell’anno 2011: Negli ultimi cinque anni il 70% dei prodotti
natalizi che si vendono nel mondo sono stati fabbricati in Cina. Yiwu, nello Zhejiang,
è una città costruita per soddisfare la richiesta globale di atmosfere
natalizie. Cinquecento imprese si sono specializzate in addobbi, luminarie,
decorazioni, candele, giocattoli, alberi di plastica, presepi e tutto ciò che
può essere trasformato in un regalo. Nessun cinese sa perché gli occidentali
mettano in scena uno spettacolo tanto costoso e così ripetitivo. Hanno capito
però le opportunità di business spalancate dal Natale e sono presto diventati
la culla di tutte le feste del mondo. In questi giorni, tra lo stupore della
gente di campagna catapultata nelle metropoli, i centri commerciali delle città
sono gremiti da Babbi Natale dal profilo asiatico che distribuiscono doni ai
clienti. Negli incroci principali, abeti bianchi sintetici alti trenta metri
non spengono mai le loro luci rosse. I negozi di lusso hanno sostituito le
armonie dell'Oriente con i classici della musica natalizia. Nessuno sa perché,
ma è Natale anche in Cina, e chi può spende e festeggia. Onorare ricorrenze
occidentali, tra i nuovi milionari, è molto snob. Nei luoghi più eleganti di
Pechino e Shanghai girano fuoriserie con il fiocco sul tetto, diamanti e giade
di dimensioni rispettabili sono esposti nelle vetrine, e i ristoranti offrono
cene che mai un cinese si sarebbe sognato: tacchini, pesci, lenticchie e
addirittura zamponi lessati, cibi che in Asia godono della popolarità riservata
in Europa ai fiori di loto ripieni di pinna di squalo. All'ingresso dei
supermercati riservati ai ricchi, sono posteggiate slitte cariche di inediti
panettoni made in China, e perplesse ragazze travestite da Santa Claus
propongono brindisi a base di champagne, sulle note di valzer viennesi. Davanti
alla Città Proibita la mummia di Mao Zedong si rivolta nel sarcofago, ma con il
diffondersi del virus del consumismo comincia ad essere più Natale in Cina che
in Norvegia. La crisi poi accelera la delocalizzazione delle ricorrenze. Il 2011, a Yiwu, è il Natale
dei record: ordini in crescita del 55% ed esportazioni schizzate a più 75%. Più
l'Occidente si impoverisce e più l'Oriente si arricchisce. "Siete disposti
a rinunciare a tutto - dice Lou Aiju, magnate dell'industria natalizia cinese -
ma non a Natale e a San Silvestro. Con i budget all'osso non vi restiamo che
noi, i migliori a proporre prodotti sempre più economici". In due anni,
cinquantamila operai cinesi sono stati capaci di ideare e lanciare sul mercato
quindicimila articoli natalizi diversi, cambiando il volto dei tradizionali
mercatini dell'Avvento nati nel mondo germanico e dilagati ovunque. In Europa
si taglia su tutto, e così almeno quel paio di giorni di obbligata felicità
devono salvarsi: a patto di essere sempre più low cost e sempre più made in
China. L'Asia? Assorbe e vende tutto, convinta che qualche occasione in più non
guasti nemmeno alle crescite nazionali. La Cina, onorati gli incassi di Natale
e Capodanno, si lancia già sul Festival di Primavera. Il 23 gennaio inizia
l'Anno del Drago, il più fortunato secondo l'astrologia imperiale. Il Drago è
il solo segno dello zodiaco cinese a incarnare una creatura mitologica, e
garantisce coraggio, forza, generosità e ricchezza. È l'emblema della patria e
ogni cinese aspira ad essere come un drago. Si annuncia un baby-boom, con
coppie che hanno atteso anni per generare un figlio nell'anno che promette di
esaudire ogni sogno. La gioia, anche qui, rimane pur sempre un enigma legato
alla nascita.
giovedì 1 gennaio 2015
Uominiedio. 16 “Cosa può salvare la chiesa di Roma”.
“Pari chi sentii diri…”. Sublime!
Magia di una lingua che è propria di una terra bellissima e solatia. Di
un’isola che è unica ed irripetibile al contempo. E poi, quel “pari…”,
che è di una finezza straordinaria, che nulla ha a che vedere con quel “quì
lo dico e quì lo nego” tanto in voga nel paese dei millantatori e dei
saltimbanco. “Pari…”, che ha il sapore dell’ammissione aperta di non voler
dire più di tanto ma anche del voler esplicitare la propria limitatezza a
fronte di problemi che travalichino la sensorialità degli umani e la finitezza della
loro mente. “Pari chi sentii diri”, dove sembra sia bene affermare di non
essere sicuri del proprio sentire, inteso della facoltà sensoriale dell’udire,
dell’ascoltare. Allora, “pari chi sentii diri” che nell’alto
dei cieli – il cosiddetto “mondo di lassù” - regni trionfante
la distrazione se non la dabbenaggine più profonda. È pur vero che quel “mondo
di lassù”, che non è un qualsivoglia “mondo di mezzo”, è
proprio l’empireo abitato da tutti gli spiriti, tanto dai buoni spiriti quanto
dagli spiriti cattivi. Stento a credere che quel “pari chi sentii diri” possa
essere riferito a quel Lucifero, un tempo in auge nel “mondo di lassù”,
relegato poi negli inferi che seppur infernali fanno sempre parte di quel
celestiale – nel senso di allocato nell’alto dei cieli - mondo non sempre
comprensibile alla umana ragione. C’è da dedurne che quel “pari
chi sentii diri”, in riferimento alla conclamata distrazione che
sembra affliggere quel “mondo di lassù”, sia da attribuirsi
ad una delle figure di quella che veniva e viene comunemente denominata la “santa
trinità” e, non volendo pensare alla figura massima di quella triade,
sia da intendersi riferita alla figura detta dello “spirito santo”, in
verità terza della triade e quindi sottoposta alle altre due ben note figure,
ma elevata, nei secoli dei secoli, al rango di chi avrebbe dovuto illuminare il
sentiero impervio della chiesa di Roma e dettarne i pensieri più casti, più caritatevoli
e guidarne le terrene opere di pace e d’amore. Oggigiorno se ne evince
della inadeguatezza di quello “spirito” che per millenni,
distrattamente, ha abbandonato – distrattamente? O affinché si realizzassero le
profezie - la creatura che gli era stata affidata con i miserevoli risultati
che si è chiamati impietosamente a verificare e denunciare.
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