C’è stato un tempo nel quale ad una
rubrichetta di questo blog avevo dato per titolo “Cattivipensieri”. Cattivi,
non sempre però, ma fissi lì come quei pensieri che affollano la mente e che
non ti lasciano in pace come quel tarlo del legno della aggressiva attività del
quale il segnale più evidente risulta essere, ad un cento punto, quella
impalpabile polverina che si deposita sul pavimento sovrastato dal legno
aggredito e finemente sminuzzato. Trascrivo quel post di quella rubrichetta di “cattivipensieri”
che risale all’8 di giugno dell’anno 2010 - “L’otto per mille andrebbe abrogato” – :
“Per me c’è qualcosa di strano
nelle valutazioni etiche di quanti credono che una divinità onnipotente,
onnisciente e benevola, dopo aver preparato il terreno per molti milioni di
anni di nebulosità priva di vita, possa considerarsi giustamente ricompensata
dall’apparizione finale di Hitler, Stalin e della bomba H”. Bertrand
Russell, “Perché non sono cristiano”, Longanesi (2006). Da “Otto per mille: a
chi?” di Paolo Flores d’Arcais, pubblicato sul giornale “il Fatto Quatidiano”.“(…). All’origine della democrazia
liberale, (…), sono i Padri fondatori degli Stati Uniti d’America che
stabilirono in modo rigoroso il principio secondo cui ogni confessione
religiosa si mantiene materialmente con le donazioni dei fedeli, senza oneri
per lo Stato (…). Punto. (…). L’otto per mille è invece una violazione doppia
del principio di laicità, l’Italia in questo vuole essere all’avanguardia. Non
solo perché lo Stato si fa esattore per la Cei – Conferenza Episcopale Italiana
– di oboli che i fedeli dovrebbero versare direttamente, secondo generosità
volontaria (…), ma perché il cittadino che non firma per nessuna confessione
religiosa e neppure per lo Stato (almeno la metà dei contribuenti), versa
egualmente l’obolo che palesemente non intende dare: d’ufficio e obtorto collo,
a tutte le confessioni religiose e allo Stato (cioè al governo) in proporzione
alle scelte fatte dagli altri contribuenti. Ma non finisce qui. Lo Stato, cioè
il governo, della quota racimolata fa spesso un uso che più improprio non si
può, cioè la storna di nuova alla Chiesa gerarchica come sostegno e contributo
alle iniziative più diverse. Insomma: l’otto per mille andrebbe abrogato,
questa è l’unico obiettivo coerente da un punto di vista democratico. Del resto
andrebbe abrogato il Concordato in quanto tale, sempre secondo quella coerenza
che nel centocinquantesimo anniversario della nascita della strombazzata – solo
nella retorica – Patria, sarebbe un piccolo omaggio concreto alla memoria dei
patrioti che l’Italia hanno fatto, cominciando da Garibaldi, Mazzini e Cavour,
il più moderato, ma comunque intransigente nell’opporre a ogni cedimento
concordatario il sacrilego (Pio IX dixit) ‘libera Chiesa in libero Stato’. Oggi
non c’è nessuna forza politica disposta a prendere neppure lontanamente in
considerazione l’abrogazione dell’otto per mille (non parliamo del Concordato).
E poiché il tema – almeno a sé stante – non sembra tale da mobilitare le masse
in piazza, per il cittadino laico sembra non resti nulla da fare se non rodersi
il fegato in isolata e impotente indignazione. E invece no, qualcosa si può
fare, e anche di notevole e materialissima efficacia, contro questa prepotenza
clericale. (…). C’è (…) già la possibilità, per quanto possa suonare
paradossale, di combattere il clericalismo con la religione. Esiste infatti una
confessione religiosa che si impegna solennemente – e fornisce tutti gli
strumenti di controllo – a utilizzare la sua quota di otto per mille
esclusivamente per opere di beneficenza o promozione culturale, puntualmente
elencate, e di non spendere neppure un euro per i propri pastori d’anime o per
le strutture materiali delle proprie chiese. Non a caso ho detto pastori,
perché si tratta della Chiesa valdese, ora ufficialmente denominata Chiesa
Evangelica Valdese - Unione delle Chiese Valdesi e Metodiste -, dalle
nobilissime origini eretiche e conseguenti persecuzioni di secoli,
caratterizzata da un atteggiamento di rispetto della laicità che manca
purtroppo a tanti scettici, miscredenti e atei (più o meno devoti). Versare
l’otto per mille a questa confessione è oggi la scelta più radicalmente laica
che si possa fare, e infatti a praticarla non sono solo tanti agnostici e atei
(non devoti) ma perfino dei cattolici che sentono l’obbedienza a quanto dice il
Vangelo più importante dell’obbedienza alla Cei dei Ruini e dei Bagnasco o al
Vaticano del Papa e dello Ior. (…)”.Una personale considerazione
all’appello di Paolo Flores d’Arcais, appello che condivido pienamente.
L’appartenenza di ciascuno di noi ad una qualsivoglia confessione religiosa è
un fatto personale e privatissimo. Personale e privatissimo. Punto. Da questo
assunto, ne deriva che, se ho bisogno di curare in vita la mia anima e salvarla
dalle pene eterne dell’inferno, sarà piacere mio e dovere mio sostenere i
rappresentanti della confessione da me prescelta, o tramandatami
dall’educazione familiare o impostami per ragioni diverse. Sarebbe questo un
modo per impetrare le benevolenze del cielo, un modo tangibile – anche
pecuniario - per conquistare il mio posticino per la visione eterna e
consolatoria dell’onnipotente. Un biglietto d’ingresso per l’eternità. Una
conquista della vita futura attraverso un sacrificio monetario e patrimoniale diretto
e personale. Di tutto ciò non si ha traccia nella pratica del cosiddetto otto
per mille inventato nel bel paese per compiacere soprattutto la religione
fattasi chiesa di potere, la chiesa di Roma. Avviene invece che, dalla
fiscalità generale, ovvero dal gruzzolo di danaro che la fiscalità preleva
dalle tasche di tutti i cittadini del bel paese e che servirebbe per le
finalità generali e laiche di un paese veramente moderno, una fetta di quel
gruzzolo viene sottratta alle utilizzazioni più pregnanti per sostituirsi così,
con il concorso della fiscalità generale, agli adepti tiepidi ed eventualmente inadempienti,
che dovrebbero invece concorrere, con il personale diretto impegno e
sacrificio, a sostenere la propria confessione religiosa di appartenenza o di
scelta. Facile e di carità pelosa è a questo punto sostenere la propria
confessione religiosa con il concorso di tutti indistintamente, con il concorso
anche di coloro che non avrebbero in animo di sostenere alcuna confessione che
sia. Sarebbero gli adepti della chiesa di Roma disposti a sostenere con il
proprio reddito, e non con il gruzzolo della fiscalità generale, la propria
chiesa? Ci sarebbe da dubitarne. Con l’otto per mille si è consumato nel bel
paese un solenne atto di deresponsabilizzazione dei sedicenti “fedeli”; è
stato, peraltro, un sottrarli ad un atto di obbedienza dovuto e necessario nei
confronti della propria confessione, qualora, sollecitata la loro morale, li si
fosse chiamati a rispondere di persona, con i propri averi, per il sostentamento
dell’imponente apparato clericale della chiesa di Roma. Sottratti, come sono
stati sottratti all’obbligo dell’obbedienza, non vedo in quale misura e forma
possano essi trovare conforto all’interno di una morale che appare, con tutta
evidenza, tiepida tiepida. Ha scritto Fernando Savater nel Suo “La vita eterna”
– edito da Laterza (2007) alla pagina 172 -: “(…). … la peculiarità della religione è
fomentare l’obbedienza, non la morale autonoma basata su ragioni o sentimenti.
E l’unica motivazione che in realtà toglie peso morale a un comportamento è
l’agire per mera obbedienza… soprattutto se viene rafforzata da timori di
punizioni divine o dall’attesa di ricompense celesti. Sottomissione,
intimidazione o corruzione… Che bel cammino per raggiungere la perfezione
morale! Così si riesce a mettere la gente sulla retta via, non a renderla
migliore… e nemmeno eticamente matura. (…)”. E venendo ai giorni nostri
leggo su “il Fatto Quotidiano” del 16 di dicembre ultimo l’interessante nota a
firma di Marco Politi che ha per titolo “Alcol
e omissioni (sull’8 per mille)”: (…). Il giovane premier, così intento a
progettare grandi riforme, aveva ricevuto dalla Corte dei Conti il cortese
invito a ragionare sull’abnorme distorsione dell’attribuzione dell’8 per mille alla
Chiesa cattolica e di conseguenza a decidere di attivare la commissione
bilaterale governo-Cei per rivedere il meccanismo di assegnazione dei fondi,
che porta alla Chiesa oltre un miliardo di euro. (…). L’analisi della Corte dei
Conti, resa pubblica a novembre, era stata infatti estremamente chiara. Per
l’anno 2014 la Chiesa cattolica ha ricevuto un miliardo e 54 milioni di euro.
Una cifra da capogiro, specialmente se paragonata alla constatazione che nel
1990 ne prendeva circa 200 milioni (l’equivalente, grosso modo, della cifra in
lire stanziata per la congrua ai parroci). Agganciato all’Irpef, l’8 per mille
porta nelle casse della Chiesa una somma cinque volte maggiore di quando fu
firmato il concordato di Craxi senza che nel frattempo siano quintuplicati i
sacerdoti. Anzi, se ne devono importare dall’estero. Tutte cose che già si
sapevano, ma che hanno acquisito nuova autorevolezza per il fatto che è la
Corte dei conti a pungolare il governo a intervenire. Sia per la somma dei
contributi “tali da non avere riscontro in altre realtà europee”. Sia per la
necessità di una generale revisione della spesa. Sia per il meccanismo
irrazionale per cui la Chiesa cattolica, ricevendo dai cittadini soltanto il
37,9 per cento delle opzioni, incassa l’82 per cento dei fondi grazie alla
ripartizione delle opzioni non espressi (cioè di chi si astiene dal dichiarare
una scelta). Meccanismo abnorme inesistente in qualsiasi nazione europea. C’è
da aggiungere che il sistema – ideato a suo tempo da Tremonti – colpisce ulteriormente
le altre confessioni, che totalizzano pochi “voti”, mentre la lentezza o la
cattiva volontà dei governi nel riconoscere l’8 per mille a ulteriori
confessioni fa sì che, per esempio, un milione di fedeli musulmani siano
privati degli stessi diritti che spettano a cattolici, valdesi o buddhisti.
(…). Se, invece, il premier volesse imparare qualcosa dalla Germania, potrebbe
portare in Parlamento una legge facile facile, che subordini il pagamento di
fondi pubblici per qualsiasi ente (Cei o diocesi) alla pubblicazione del
bilancio completo: inclusi beni patrimoniali e immobiliari. Si scoprirebbe
d’incanto che la riforma dell’8 per mille non farebbe male a nessuno e anche le
scuole cattoliche potrebbero attingere ai patrimoni ecclesiastici invece di gravare
con continue richieste su un bilancio statale allo stremo. (…). Ma forse è
chiedere troppo a chi fa il don Rodrigo con gli operai e il don Abbondio con i
potenti.
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