Da “Populismo e privatismo” di Giorgio Ruffolo, sul quotidiano la
Repubblica del 4 di marzo dell’anno 2011: (…). Per privatismo intendo la forma più
rozza del liberalismo. Quello pone al centro dell´azione politica la libertà
dell´individuo: quindi, certamente, i suoi interessi personali; ma anche le sue
responsabilità sociali. L´individuo è anche un cittadino. Nel privatismo è esaltata
la sua separatezza ed esaltata la sua compiacenza. La società è sostanzialmente
negata (vedi la famosa sentenza della signora Thatcher: la società non esiste)
o piuttosto, è intesa come un pulviscolo di granelli privati. I quali sono
facilmente coinvolti da emozioni collettive (il gioco, il calcio, lo
spettacolo) e attratti da personalità autoritarie. E qui il privatismo si
rovescia in populismo fanatico. Questo collettivismo ludico si sposa
perfettamente con la diseguaglianza: che anzi, lo sprona. Grande parte della
fortuna del berlusconismo sta nell´ammirazione del successo e nella forza
dell´invidia sociale. Di qui i suoi riferimenti politici: non le aristocrazie o
i poteri forti delle borghesie, considerati con antipatia plebea: ma i nuovi
poteri della finanza, dell´industria mediatica, dell´industria edonistica (moda
e viaggi, feste e festini): non i valori storici dell´unità nazionale, ma
quelli localistici del campanilismo. Inoltre: queste passioni mondane si
combinano perfettamente anche con la reverenza verso le istituzioni religiose.
Prova ne sia la benevolente indulgenza di queste alle scappatelle di massa.
Naturalmente, il berlusconismo si combina perfettamente con i
"liberali" benpensanti, che in Italia hanno sempre svolto un ruolo di
copertura moderata della destra violenta. Infine. Il berlusconismo si combina
anche con i residui del vecchio marxismo stalinista. Suoi eredi più o meno
illustri, orfani di quelle obbedienze, trovano nella nuova devozione gioia e
conforto al loro disperato bisogno di papi.
Da “Cambiare per fermare i populismi” di Ezio Mauro, sul quotidiano la
Repubblica dell’1 di aprile 2014: (…). Smarrito nella solitudine repubblicana,
il cittadino ritorna individuo: e deve fronteggiare privatamente le nuove paure
pubbliche che la crisi ingigantisce e che nessuna cultura comunitaria ha avuto
il tempo e il modo di elaborare, riducendole a politica e smitizzandole.
Bisogna avere il coraggio di ammettere che la destra è più attrezzata a
cavalcare questa onda d'urto che frantuma identità e appartenenze. Anzi il più
attrezzato è un populismo-nazionalista che unisce modernità e tradizione nella
coltivazione delle paure, rinchiudendole dentro frontiere immaginarie innalzate
contro la nuova sfida transnazionale e globale. Per essere più esatti siamo
davanti alla crescita di forze che si presentano come "né di destra né di
sinistra" (la definizione preferita che Marine Le Pen dà oggi del Fronte)
o addirittura come il superamento della dicotomia del Novecento (il Movimento 5
Stelle). Come tali queste forze uniscono un culto strumentale della tradizione
ad una critica radicale della globalizzazione che porta con sé una denuncia
degli esiti estremi del capitalismo finanziario e del liberismo selvaggio, che
la sinistra non sa più fare. (…). Covano nei nuovi populismi elementi culturali
da tea party, com'è evidente, o da moderna rivoluzione conservatrice europea,
che usa gergalità di sinistra e modalità radicali mosse da un'autentica anima
di destra nel senso che Salvemini dava al "disprezzo per la
democrazia" o che Croce attribuiva alla "feroce gioia" contro le
istituzioni. È la rivincita contro l'occidentalizzazione del mondo, che va in
crisi proprio da noi, in Europa. L'irrisione dei grandi racconti della
modernità, considerati superati come i concetti e le definizioni che hanno
prodotto. Anzi, è la fine del moderno in politica, con la crisi delle categorie
classiche che l'hanno interpretata per oltre un secolo. Viene alla luce una
novità: una speciale modalità del populismo di essere "popolare",
cioè di adulare il popolo rappresentandolo nelle sue paure e nei suoi fantasmi,
ma anche nella sua proletarizzazione culturale, con la perdita di riferimenti e
di meccanismi di lettura e di interpretazione del contemporaneo, senza più
categorie del reale. Il populismo chiede una relazione empatica, dunque anche
d'istinto. Più che elaborare le paure, le stereotipizza, facendole diventare
soggetti politici minacciosi, dunque bersagli. In cambio promette protezioni
primitive organizzate ognuna sempre attorno al concetto delle frontiere,
immaginarie o reali, storiche o culturali: perché il nemico è tutto ciò che è
transnazionale, che si muove da un mondo all'altro e li attraversa tutti
d'abitudine, l'immigrazione naturalmente, ma anche le élites, il cosmopolitismo,
l'euro, l'Europa e la globalizzazione. La risposta è la chiusura in una
sicurezza immaginaria, separata e isolata, antica e autarchica con le monete di
una volta, le barriere e i confini, gli Stati teorizzati come pure comunità di
discendenza, il welfare riservato agli indigeni, i diritti degli altri che
pagano dogana. È la risposta più radicale di fronte all'impatto radicale della
crisi. (…). Il rischio (…) che la sinistra di governo, alla fine del suo lungo
travaglio, non sia in grado di trovare in se stessa gli elementi per una
lettura altrettanto radicale della fase e per una proposta di contromisure
forti, e finalmente diverse dall'antipolitica crescente. Come se le vecchie
parole della tradizione riformista fossero inservibili, mentre invece il concetto
di uguaglianza potrebbe essere la leva politica da cui ripartire, nel momento
in cui le disuguaglianze sono la cifra dell'epoca. Come se, soprattutto,
riformismo equivalesse a moderatismo, incertezza identitaria, accettazione di
un'egemonia culturale altrui, mancanza di autonomia politica, dispersione nel
senso comune dominante. (…).
Da "Le radici dei populismi" di Ian Buruma, sul quotidiano
la Repubblica del 17 di dicembre 2014: (…). …il sentimento anti-immigrati trascende
la vecchia linea di demarcazione tra destra e sinistra. (…). All' estremo
opposto dello spettro politico l' opinione si divide tra coloro che sono per lo
più motivati dalla propria lotta contro il razzismo e l' intolleranza e coloro
che vogliono tutelare il lavoro e la "solidarietà" per ciò che resta
delle classi operaie autoctone. Ricondurre frettolosamente all' intolleranza le
ansie suscitate dall' immigrazione sarebbe un errore. Le "identità"
(in mancanza di un termine migliore) nazionali, religiose e culturali stanno
subendo una trasformazione, determinata non tanto dall' immigrazione quanto
dallo sviluppo capitalistico globale. Nella nuova economia globale, vincitori e
perdenti si delineano chiaramente. Gli uomini e le donne istruiti e in grado di
comunicare facilmente al di là dei confini nazionali traggono vantaggio dalla
situazione attuale. Altri invece no. Le nuove divisioni tra classi non separano
tanto i ricchi dai poveri, quanto le élite istruite e metropolitane dai
provinciali meno sofisticati, meno flessibili e meno connessi. I loro leader
condividono l' amarezza di coloro che si sentono alienati in un mondo che gli
appare sconcertante e pieno di odio. Gli agitatori populisti amano riattizzare
questo risentimento popolare prendendosela con gli stranieri che lavorano per
una miseria o non lavorano affatto. In realtà, però, ciò che soprattutto
infastidisce le popolazioni autoctone è il relativo successo delle minoranze
etniche e degli immigrati. E questo spiega il dissenso verso il presidente
Obama. Gli americani sanno che il giorno in cui i bianchi saranno ridotti a una
delle tante minoranze non è lontano, e il numero delle persone di colore che
occupano posizioni di potere è in continuo aumento. Ecco perché i sostenitori
del Tea Party e di altri gruppi analoghi vogliono riprendersi i propri,
rispettivi Paesi. (…). Nemmeno l' economia globale potrà fare marcia indietro,
anche se dovrebbe essere regolamentata con maggior attenzione perché ci sono
cose che vale ancora la pena tutelare, ed esistono buoni motivi per non esporre
completamente la cultura, l' istruzione e alcuni stili di vita alla distruzione
creativa delle forze darwiniane del mercato. (…).
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