Agios Nikolaos (Creta). "Ratto d'Europa".
Scrivono Francesca Delfino, Antonello Miccoli, Antonio De Lellis, Rosa Siciliano, Antonello Rustico, Vincenzo Pezzino, Cristina Mattiello, Carlo Montedoro, Elsa Monteleone, Antonio Di Lalla (prete), Gianni Dalena, Tiziana Casentino, Giorgio Buggiani, Giuliana Mastropasqua, Giuseppe Castorina, Rosaria Costanzo, Alessio Di Florio, Francamaria Bagnoli nel loro appello “Ai cristiani d'Europa: cacciare i mercanti dal Tempio”: “È la nostra luce, non la nostra ombra a spaventarci di più. Il nostro giocare in piccolo non serve al mondo”. Con queste parole di Nelson Mandela apriamo questo appello a tutti i cristiani d’Europa affinché considerino le prossime consultazioni per il rinnovo del Parlamento Europeo come decisive per la storia di una Europa democratica dei popoli. Non abituiamoci a questa schiavitù del debito per cui nulla è possibile, colpevoli, senza colpa, per “aver vissuto al di sopra delle nostre possibilità” ed ora obbligati a fare i compiti a casa. Crediamo che i soldi per il lavoro, per l’esercizio dei diritti fondamentali, per la tutela dei beni comuni ci siano. In Italia, ad esempio, ci sono e sono tanti, solo che stanno dalla parte sbagliata e sono gestiti non per il territorio, per gli impoveriti, per i giovani, per le famiglie o comunità, ma per assicurare e sostenere “un’economia che uccide”. Crediamo di dover lavorare ad un nostro manifesto che sancisca ufficialmente un diverso modo di intendere la politica da parte dei cristiani: un documento che dica, partendo dal vangelo e dalla dottrina sociale della chiesa, che il liberismo è causa dell'attuale disordine. Già nei documenti di Leone XIII e del suo successore si parla di anarchia liberale. La sfida si pone dunque in questi termini: i cristiani d'Europa e non solo, avvertono la necessità di cacciare i mercanti dal tempio? Alla luce di questo, il problema è in quale misura la nostra identità e i nostri valori siano in grado di incidere nella discussione collettiva. Cosa si può fare per non divenire residuali? La causa di questa condizione può trovarsi, almeno in parte, nell'istituzionalizzazione della fede e, nella conseguente incapacità di essere un punto di riferimento per i bisogni politici della comunità. Abbiamo dunque bisogno di un'elaborazione teorica che consenta di superare lo smarrimento e di elaborare progetti concreti audaci che coinvolgano i partiti e individuino le vie politiche per un cambiamento di sistema proporzionato alla esigenza di superare e battere la società dell'esclusione. Ciò premesso non possiamo dimenticare di aver ascoltato il tintinnio delle catene proveniente dalla Grecia ed ora proprio dalla nazione dei grandi filosofi e della grande scuola di democrazia, abbiamo udito di una lotta dal basso per un Mediterraneo accogliente, per spezzare le catene del debito, per una Europa dei popoli e non delle banche, che “appaghi la sete di giustizia feconda di bene per tutti”. Non appoggeremo se non persone portatrici di idee liberanti e al servizio di tutti i cittadini. La grande aspirazione dei popoli è la pace ovvero “la convivialità delle differenze”. “Non ci potrà mai essere pace finché i beni della terra sono così ingiustamente distribuiti”. Lavoriamo insieme per una Europa disarmata, per una economia di pace, che include oltre alle risorse materiali e finanziarie anche e soprattutto le risorse umane. In questa Europa della recessione economica e dell’ossessione per la crescita proponiamo una economia della sobrietà per tutti, del lavoro vero per tutti e della tutela dei beni comuni. Invece di limitare le migrazioni, limitiamo i costi improduttivi della politica, ma mai la rappresentanza, diminuiamo l’eccesso degli stipendi e promuoviamo la qualità umana che inventa un futuro sostenibile per tutti. L’Europa è prima di tutto un grande sogno di Pace e di armonia ove la cultura, l’ambiente umano e naturale vengono rispettati e valorizzati, a cui il mondo intero dovrebbe guardare con ammirazione e non con sospetto. Invece rischia di diventare anche spazio per accordi sovranazionali che incatenano i popoli per garantire i profitti alle più grandi organizzazioni mondiali economiche. Non abbiamo un programma politico, ma abbiamo il dovere di vivere la carità politica al servizio della giustizia. Ed è per questo che dobbiamo avere il coraggio di sostenere chi nel proprio programma vuole liberare i popoli dalla “tirannia invisibile” dei mercati, prefigurando il Giubileo degli esclusi e del debito. Ci sembra che la figura di Alexis Tsipras, candidato alla carica di presidente della Commissione Europea alle prossime elezioni europee di maggio, sostenuto da una lista civica nazionale “L’altra Europa”, incarni le aspirazioni più profonde dei cristiani. Tuttavia crediamo che una politica fatta da cristiani non possa esaurirsi nell'individuazione di una candidatura. Abbiamo imparato dall’impegno con i movimenti sociali per l’acqua bene comune e per una nuova finanza pubblica e sociale che, come scriveva Giovanni XXIII, “quando sei per strada e incontri qualcuno, non gli chiedere da dove viene, ma chiedigli dove va, e se va nella stessa direzione, cammina insieme a lui». Stiamo sognando un periodo di grazia in cui gli ultimi possano sentirsi riconosciuti come persone, in cui le pietre scartate dai costruttori possano diventare fondamento di una nuova umanità. “Il futuro ha i piedi scalzi” e perché si avveri deve “aggregare i sogni dei poveri”. Mi sento in pieno d’aderire all’appello in nome di una solidarietà che travalichi i limiti della confessionalità (che non mi appartiene) per farsi esigenza e desiderio universali. Vado da tempo maturando l’idea di appoggiare la lista di Alexis Tsipras pensata dalla generosità dei tanti intellettuali italiani con in testa Barbara Spinelli. È di Barbara Spinelli l’ultimo grido d’allarme lanciato dalle colonne del quotidiano la Repubblica – “Gli invisibili d’Europa” - del 26 di febbraio sugli effetti nefasti della politica europea dell’austerità: Lancet non è un giornale di parte: è tra le prime cinque riviste mediche mondiali. Il suo giudizio sulla situazione ellenica, pubblicato sabato in un ampio dossier (…), è funesto: la smisurata contrazione dei redditi e i tagli ai servizi pubblici hanno squassato la salute dei cittadini greci, incrementando il numero di morti specialmente tra i bambini, tra gli anziani, nelle zone rurali. Nella provincia di Acaia, il 70 per cento degli abitanti non ha soldi per comprare le medicine prescritte. Emergency denuncia la catastrofe dal giugno 2012. Numerose le famiglie che vivono senza luce e acqua: perché o mangi, o paghi le bollette. Nel cuore d'Europa e della sua cultura, s'aggira la morte e la chiamano dolore produttivo. "Siamo di fronte a una tragedia della sanità pubblica", constata la rivista, "ma nonostante l'evidenza dei fatti le autorità responsabili insistono nella strategia negazionista". Qualcuno deve spiegare a chi agonizza come sia possibile che il dolore e la morte siano "efficaci" e salvifiche per le riforme strutturali fin qui adottate. (…). Difficile dar torto alle "forti resistenze sociali", se solo guardiamo le cifre fornite su Lancet dai ricercatori delle università britanniche di Cambridge, Oxford e Londra. A causa della malnutrizione, della riduzione dei redditi, della disoccupazione, della scarsità di medicine negli ospedali, dell'accesso sempre più arduo ai servizi sanitari (…) le morti bianche dei lattanti sono aumentate fra il 2008 e il 2010 del 43%. Il numero di bambini nati sottopeso è cresciuto del 19 %, quello dei nati morti del 20. Al tempo stesso muoiono i vecchi, più frequentemente. Fra il 2008 e il 2012, l'incremento è del 12,5 fra gli 80-84 anni e del 24,3 dopo gli 85. E s'estende l'Aids, perché la distribuzione di siringhe monouso e profilattici è bloccata. Malattie rare o estinte ricompaiono, come la Tbc e la malaria (…). La rivista inglese accusa governi e autorità europee, ed elogia i paesi, come Islanda e Finlandia, che hanno respinto i diktat del Fondo Monetario o dell'Unione. (…). Il popolo sopravvive grazie all'eroismo di Ong e medici volontari (…): i greci che cercano soccorso negli ospedali "di strada" son passati dal 3-4% al 30%. S'aggiungono poi i suicidi, in crescita come in Italia: fra il 2007 e il 2011 l'aumento è del 45%. In principio s'ammazzavano gli uomini. Dal 2011 anche le donne. (…). La Grecia prefigura il nostro futuro prossimo, se le politiche del debito non mutano; se scende ancora la spesa per i servizi sociali. (…). La luce in fondo al tunnel è menzogna impudente. Senza denunciarla, Renzi ha intronizzato (…) la banalità: "L'Europa non dà speranza se fatta solo di virgole e percentuali" - "l'Italia non va a prendere la linea per sapere che fare, ma dà un contributo fondamentale". Nessuno sa quale contributo. (…). È questo lo stato delle cose in quella terra madre della civiltà. E quello stato delle cose prefigura un possibile coinvolgimento di altri paesi e di altre genti in quell’assurda sperimentazione che il capitalismo della finanza va conducendo insensibile a tutti i risvolti negativi che la sperimentazione oggigiorno pone sotto gli occhi di tutti. È bene che nel bel paese si cominci a discutere dell’Europa e delle prossime elezioni di maggio poiché da quel risultato, non più remoto ma sempre più prossimo, sarà possibile scacciare i “mercanti dal tempio” della solidarietà e della fratellanza. Il tempo è venuto. È questo. E forse non ci sarà dato un altro tempo ancora.
Scrivono Francesca Delfino, Antonello Miccoli, Antonio De Lellis, Rosa Siciliano, Antonello Rustico, Vincenzo Pezzino, Cristina Mattiello, Carlo Montedoro, Elsa Monteleone, Antonio Di Lalla (prete), Gianni Dalena, Tiziana Casentino, Giorgio Buggiani, Giuliana Mastropasqua, Giuseppe Castorina, Rosaria Costanzo, Alessio Di Florio, Francamaria Bagnoli nel loro appello “Ai cristiani d'Europa: cacciare i mercanti dal Tempio”: “È la nostra luce, non la nostra ombra a spaventarci di più. Il nostro giocare in piccolo non serve al mondo”. Con queste parole di Nelson Mandela apriamo questo appello a tutti i cristiani d’Europa affinché considerino le prossime consultazioni per il rinnovo del Parlamento Europeo come decisive per la storia di una Europa democratica dei popoli. Non abituiamoci a questa schiavitù del debito per cui nulla è possibile, colpevoli, senza colpa, per “aver vissuto al di sopra delle nostre possibilità” ed ora obbligati a fare i compiti a casa. Crediamo che i soldi per il lavoro, per l’esercizio dei diritti fondamentali, per la tutela dei beni comuni ci siano. In Italia, ad esempio, ci sono e sono tanti, solo che stanno dalla parte sbagliata e sono gestiti non per il territorio, per gli impoveriti, per i giovani, per le famiglie o comunità, ma per assicurare e sostenere “un’economia che uccide”. Crediamo di dover lavorare ad un nostro manifesto che sancisca ufficialmente un diverso modo di intendere la politica da parte dei cristiani: un documento che dica, partendo dal vangelo e dalla dottrina sociale della chiesa, che il liberismo è causa dell'attuale disordine. Già nei documenti di Leone XIII e del suo successore si parla di anarchia liberale. La sfida si pone dunque in questi termini: i cristiani d'Europa e non solo, avvertono la necessità di cacciare i mercanti dal tempio? Alla luce di questo, il problema è in quale misura la nostra identità e i nostri valori siano in grado di incidere nella discussione collettiva. Cosa si può fare per non divenire residuali? La causa di questa condizione può trovarsi, almeno in parte, nell'istituzionalizzazione della fede e, nella conseguente incapacità di essere un punto di riferimento per i bisogni politici della comunità. Abbiamo dunque bisogno di un'elaborazione teorica che consenta di superare lo smarrimento e di elaborare progetti concreti audaci che coinvolgano i partiti e individuino le vie politiche per un cambiamento di sistema proporzionato alla esigenza di superare e battere la società dell'esclusione. Ciò premesso non possiamo dimenticare di aver ascoltato il tintinnio delle catene proveniente dalla Grecia ed ora proprio dalla nazione dei grandi filosofi e della grande scuola di democrazia, abbiamo udito di una lotta dal basso per un Mediterraneo accogliente, per spezzare le catene del debito, per una Europa dei popoli e non delle banche, che “appaghi la sete di giustizia feconda di bene per tutti”. Non appoggeremo se non persone portatrici di idee liberanti e al servizio di tutti i cittadini. La grande aspirazione dei popoli è la pace ovvero “la convivialità delle differenze”. “Non ci potrà mai essere pace finché i beni della terra sono così ingiustamente distribuiti”. Lavoriamo insieme per una Europa disarmata, per una economia di pace, che include oltre alle risorse materiali e finanziarie anche e soprattutto le risorse umane. In questa Europa della recessione economica e dell’ossessione per la crescita proponiamo una economia della sobrietà per tutti, del lavoro vero per tutti e della tutela dei beni comuni. Invece di limitare le migrazioni, limitiamo i costi improduttivi della politica, ma mai la rappresentanza, diminuiamo l’eccesso degli stipendi e promuoviamo la qualità umana che inventa un futuro sostenibile per tutti. L’Europa è prima di tutto un grande sogno di Pace e di armonia ove la cultura, l’ambiente umano e naturale vengono rispettati e valorizzati, a cui il mondo intero dovrebbe guardare con ammirazione e non con sospetto. Invece rischia di diventare anche spazio per accordi sovranazionali che incatenano i popoli per garantire i profitti alle più grandi organizzazioni mondiali economiche. Non abbiamo un programma politico, ma abbiamo il dovere di vivere la carità politica al servizio della giustizia. Ed è per questo che dobbiamo avere il coraggio di sostenere chi nel proprio programma vuole liberare i popoli dalla “tirannia invisibile” dei mercati, prefigurando il Giubileo degli esclusi e del debito. Ci sembra che la figura di Alexis Tsipras, candidato alla carica di presidente della Commissione Europea alle prossime elezioni europee di maggio, sostenuto da una lista civica nazionale “L’altra Europa”, incarni le aspirazioni più profonde dei cristiani. Tuttavia crediamo che una politica fatta da cristiani non possa esaurirsi nell'individuazione di una candidatura. Abbiamo imparato dall’impegno con i movimenti sociali per l’acqua bene comune e per una nuova finanza pubblica e sociale che, come scriveva Giovanni XXIII, “quando sei per strada e incontri qualcuno, non gli chiedere da dove viene, ma chiedigli dove va, e se va nella stessa direzione, cammina insieme a lui». Stiamo sognando un periodo di grazia in cui gli ultimi possano sentirsi riconosciuti come persone, in cui le pietre scartate dai costruttori possano diventare fondamento di una nuova umanità. “Il futuro ha i piedi scalzi” e perché si avveri deve “aggregare i sogni dei poveri”. Mi sento in pieno d’aderire all’appello in nome di una solidarietà che travalichi i limiti della confessionalità (che non mi appartiene) per farsi esigenza e desiderio universali. Vado da tempo maturando l’idea di appoggiare la lista di Alexis Tsipras pensata dalla generosità dei tanti intellettuali italiani con in testa Barbara Spinelli. È di Barbara Spinelli l’ultimo grido d’allarme lanciato dalle colonne del quotidiano la Repubblica – “Gli invisibili d’Europa” - del 26 di febbraio sugli effetti nefasti della politica europea dell’austerità: Lancet non è un giornale di parte: è tra le prime cinque riviste mediche mondiali. Il suo giudizio sulla situazione ellenica, pubblicato sabato in un ampio dossier (…), è funesto: la smisurata contrazione dei redditi e i tagli ai servizi pubblici hanno squassato la salute dei cittadini greci, incrementando il numero di morti specialmente tra i bambini, tra gli anziani, nelle zone rurali. Nella provincia di Acaia, il 70 per cento degli abitanti non ha soldi per comprare le medicine prescritte. Emergency denuncia la catastrofe dal giugno 2012. Numerose le famiglie che vivono senza luce e acqua: perché o mangi, o paghi le bollette. Nel cuore d'Europa e della sua cultura, s'aggira la morte e la chiamano dolore produttivo. "Siamo di fronte a una tragedia della sanità pubblica", constata la rivista, "ma nonostante l'evidenza dei fatti le autorità responsabili insistono nella strategia negazionista". Qualcuno deve spiegare a chi agonizza come sia possibile che il dolore e la morte siano "efficaci" e salvifiche per le riforme strutturali fin qui adottate. (…). Difficile dar torto alle "forti resistenze sociali", se solo guardiamo le cifre fornite su Lancet dai ricercatori delle università britanniche di Cambridge, Oxford e Londra. A causa della malnutrizione, della riduzione dei redditi, della disoccupazione, della scarsità di medicine negli ospedali, dell'accesso sempre più arduo ai servizi sanitari (…) le morti bianche dei lattanti sono aumentate fra il 2008 e il 2010 del 43%. Il numero di bambini nati sottopeso è cresciuto del 19 %, quello dei nati morti del 20. Al tempo stesso muoiono i vecchi, più frequentemente. Fra il 2008 e il 2012, l'incremento è del 12,5 fra gli 80-84 anni e del 24,3 dopo gli 85. E s'estende l'Aids, perché la distribuzione di siringhe monouso e profilattici è bloccata. Malattie rare o estinte ricompaiono, come la Tbc e la malaria (…). La rivista inglese accusa governi e autorità europee, ed elogia i paesi, come Islanda e Finlandia, che hanno respinto i diktat del Fondo Monetario o dell'Unione. (…). Il popolo sopravvive grazie all'eroismo di Ong e medici volontari (…): i greci che cercano soccorso negli ospedali "di strada" son passati dal 3-4% al 30%. S'aggiungono poi i suicidi, in crescita come in Italia: fra il 2007 e il 2011 l'aumento è del 45%. In principio s'ammazzavano gli uomini. Dal 2011 anche le donne. (…). La Grecia prefigura il nostro futuro prossimo, se le politiche del debito non mutano; se scende ancora la spesa per i servizi sociali. (…). La luce in fondo al tunnel è menzogna impudente. Senza denunciarla, Renzi ha intronizzato (…) la banalità: "L'Europa non dà speranza se fatta solo di virgole e percentuali" - "l'Italia non va a prendere la linea per sapere che fare, ma dà un contributo fondamentale". Nessuno sa quale contributo. (…). È questo lo stato delle cose in quella terra madre della civiltà. E quello stato delle cose prefigura un possibile coinvolgimento di altri paesi e di altre genti in quell’assurda sperimentazione che il capitalismo della finanza va conducendo insensibile a tutti i risvolti negativi che la sperimentazione oggigiorno pone sotto gli occhi di tutti. È bene che nel bel paese si cominci a discutere dell’Europa e delle prossime elezioni di maggio poiché da quel risultato, non più remoto ma sempre più prossimo, sarà possibile scacciare i “mercanti dal tempio” della solidarietà e della fratellanza. Il tempo è venuto. È questo. E forse non ci sarà dato un altro tempo ancora.