Da una “memoria” di Dario Fo – “L'altro Mandela: tagli ai privilegi e un
solo mandato” – pubblicata su “il Fatto Quotidiano” del 12 di dicembre
2013.
In una scena all’inizio dello
stupendo film Invictus di Clint Eastwood, il partito di Mandela, riunito a
congresso, decide di abolire i colori e lo stemma dalle casacche dei giocatori
della nazionale di rugby, lo sport più popolare in Sudafrica, dove c'era un
solo nero. Votazione per alzata di mano. Tutti gli uomini di colore levano le
braccia in alto. I simboli della squadra, che oltretutto si trova in una crisi
disperata, vengono annullati. Allora entra in scena Mandela, prende la parola
e, con tono deciso, si dice contrario a quella risoluzione. “Dovremmo ripristinare
gli Springboks. Reintegrare il loro nome, il loro emblema e i loro colori
immediatamente. E vi dico perché. A Robben Island, tutti i miei carcerieri
erano bianchi. Li ho studiati, ho imparato la loro lingua, ho letto i loro
libri, la loro poesia. Occorreva che conoscessi il mio nemico per poter
prevalere su di lui. E infatti abbiamo prevalso, non è così? Tutti quanti noi
abbiamo vinto. I bianchi non sono più i nostri nemici, oggi, sono i nostri
fratelli sudafricani, i nostri concittadini in democrazia. E a loro stanno a
cuore gli Springboks. Se glieli portiamo via noi li perderemo, ci comporteremo
come da sempre hanno fatto loro con noi. No. Noi dobbiamo essere migliori.
Dobbiamo sorprenderli con la comprensione, con la moderazione e con la
generosità. È il momento di costruire
questa nazione, usando ogni singolo mattone a nostra disposizione”. Ci fu una
nuova votazione e, per un solo voto, la proposta di Mandela, Venne approvata.
(…).
Ricevo e posto l’ode “In morte di Nelson Mandela” ricevuta dall’amico
Giovanni Torres La Torre.
Nel suo viaggio di luci e ombre
la luna corre ad avvisare
gli abitanti delle terre del Natal
quelli degli altipiani stepposi del Karru
e dei Monti dei Draghi
le acque del fiume Orange
e i sepolti vivi delle miniere d’oro e uranio
di Johannesburg e di altre tane:
il messaggio di dolore al popolo del Sudafrica
è per la morte del grande padre della Nazione
Nelson Mandela.
Milioni di braccia
nella capitale
nelle baraccopoli delle città
in ogni villaggio
alzano al ritratto sorridente
fiori canti e preghiere:
mai più lutti ingiustizie e razzismo
mai più bambini senza latte senza scarpe e senza libri
e madri e figlie violentate
da criminali d’ogni risma
mai più schiavi nelle miniere
pesi di catene e pietre
carovane di uomini venduti come bestie
e sudari e celle di morte.
La nostra terra non vuole più
pozzi di acque fangose e tetti di lamiere
veleni nel sangue
né ladri e briganti a sventolare bandiere.
II
Non sono però ancora finiti i tempi della sofferenza
nel continente africano.
Incombono ancora urla di massacri
e il futuro è opaco.
I sopravvissuti dell’Apartheid e di Soweto
uccelli e musiche di fiati
intonano cori di ringraziamento
ai ritratti di Tata Mandela.
III
Hamba Kahle
addio compagno.
Torna alla terra eterna che ti fu madre
in solitudine e contemplazione.
Scorrono le acque e volano gli uccelli
nascono vivono e muoiono gli esseri umani
lasciando un grande sogno:
il diritto alla libertà
sempre da difendere e conquistare ogni giorno.
Addio Nelson Mandela.
Dalla memoria di Dario Fo.
Mandela, fin da prima della sua
liberazione, si estranea completamente come se non avesse vissuto tutte le
angherie patite e dice: “Quando la mia liberazione era prossima ho messo giù le
tracce dei discorsi che avrei dovuto tenere, e man mano le parole “condanna”,
“castigo” e soprattutto “vendetta” venivano cassate. A che scopo avrei deluso i
miei fratelli che speravano, in memoria dei loro cari umiliati, torturati, e
uccisi per anni, anzi secoli, che fosse data soddisfazione a quel popolo
trattato come gli animali da allevamento? Ma il problema più importante era
quello della costruzione di una comunità nazionale che non vivesse nella logica
infinita della vendetta e delle ritorsioni. Il pericolo maggiore era quello di
creare, in conseguenza del far giustizia ad ogni costo, una situazione di
paura, anzi, di terrore nella totalità dei bianchi, i quali avrebbero preferito
abbandonare il proprio paese piuttosto che subire una ritorsione”. Quel
comportamento fu di esempio a tutti i popoli. (…). Egli, nell’atto stesso in
cui accettava di ricoprire la carica di Presidente del Sudafrica dichiarava che
sarebbe rimasto al potere per un solo mandato. E mantenne la sua parola. Anzi,
alla folla di sostenitori che insistevano perché rinnovasse quell’impegno egli
rispose: “No, non voglio assolutamente essere di esempio per un andazzo che
normalmente si ripete in ogni società democratica: quello di gestire il potere
ad libitum. Oltretutto ci sono giovani uomini politici che, sono sicuro,
faranno meglio di me. Infatti, personalmente, ho mancato in più un’occasione, a
cominciare dal problema della lotta all’Aids, e da un’attenzione più decisa,
direi drastica, contro la criminalità organizzata che sta ancora rovinando il
mio paese”.
Grandissimo Mandela!
RispondiEliminaCarissima Franca, la morte dei grandi Uomini, e tu dici bene di Nelson Mandela "grandissimo", segnano un punto a sfavore di noi che sopravviviamo. E' come se un'altra luce si fosse spenta a non più illuminare il nostro periglioso cammino. Un carissimo abbraccio. aldoettore
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