"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 16 agosto 2017

Lalinguabatte. 37 “I giri magici che infestano la democrazia”.



Scriveva Michele Prospero in “Il comico della politica. Nichilismo e aziendalismo  nella comunicazione di Silvio Berlusconi” - (2010) edito da Ediesse, pagg. 280 € 15,00 -: “(…). Il comico che irride e dissacra è una forma espressiva che Berlusconi rende congeniale al populismo che con il sorriso beffardo accoglie la catastrofe del sistema politico”. Ci danno le cronache politiche ferragostane inquietanti notizie di un ritorno sulla cresta dell’onda dell’uomo di Arcore. Sembra sfuggano alla memoria collettiva i disastri istituzionali, materiali, morali ed etici compiuti, nella sua incontrastata opera catastroficamente demolitoria, da quell’uomo, disastri che hanno permeato la vita collettiva per tanti lustri e che fanno risentire ancora, come lunga lugubre ombra, la loro funesta azione anche dopo che i “poteri forti” d’Europa ne intimarono la resa. In “Le oligarchie dei giri che infettano la democrazia” – pubblicato il 26 di marzo dell’anno 2010 sul quotidiano la Repubblica - Gustavo Zagrebelsky, ad un certo punto della Sua dotta riflessione – che di seguito trascrivo parzialmente -, scrive, senza domandarsi: - per combattere le oligarchie, occorre creare «momenti eroici», con le violenze e le distruzioni che li accompagnano (?) . È la riproposizione del famoso “Che fare?”, che ci si pone, nel cosiddetto popolo della sinistra, dopo ogni singola disillusione politica. O schianto elettorale che sia. Accolta – alla luce di un incontrovertibile principio di realtà e del buon senso - la prospettiva finale avanzata dall’illustre Autore rispetto alla “possibilità di creare «momenti non eroici» di distruzione delle oligarchie”, rimane, per la cosiddetta “sinistra” sempre, l’impegno e la sfida a contrastare la deriva dirompente in atto nel bel paese, affidati anche o soprattutto alla battaglia della “parola”. Poiché, bisogna amaramente pur dirlo, di quelle oligarchie dei “giri” ne è infestata la politica tutta del bel paese. Senza esclusione di schieramento alcuno. Su tutto l’arco costituzionale, per l’appunto. È forse proprio questa tristissima constatazione, fatta propria dall’elettorato più avvertito e “riflessivo”, che ha determinato i risultati nel corso delle ultimissime vicissitudini politico-elettorali, e che determinerà in seguito, permanendo la situazione dell’oggi, anche l’esito dell’oramai prossimo esame elettorale. Con il ritorno dell’uomo di Arcore&C. La “parola”. Rimane il primato della libera “parola” dei singoli, come della libera “parola” dei tanti, che possa in prospettiva divenire la “parola” appresa e fatta propria da moltitudini sempre più larghe, coscienti e politicamente più responsabili. Affinché essa possa farsi luce, lungo un cammino irto, nell’immediato futuro, pregno di immense difficoltà. L’impegno della “parola”, nell’incertezza sempre più opprimente e devastante dei tempi in cui si è chiamati a vivere ed a testimoniare:
Tra tutti i regimi politici, la democrazia è quello che più si presta a generare e mimetizzare oligarchie. Oggi, questa tematica è trattata parlando di caste. (…). Le oligarchie odierne, in società di individui sciolti da appartenenze e liberi di fare di sé quel che vogliono e di legarsi a chi vogliono, si costruiscono, si modificano e si distruggono su moti circolari ascendenti e discendenti dove tutti si confondono. Per comprendere la differenza, occorre partire da un po´ più lontano, dal conflitto tra chi appartiene e chi non appartiene a un qualche «giro» o cerchia di potere. Intendo con questa espressione – il giro – esattamente ciò che vogliamo dire quando, di fronte a sconosciuti dalla storia, dalle competenze e dai meriti incerti, o dai demeriti certi, i quali occupano posti inconcepibili per loro, ci domandiamo: a che giro appartengono? I giri sono la nostra costituzione materiale. Ci si scambia protezione e favori con fedeltà e servizi. Questo scambio ha bisogno di ‘materia’. (…). L´asettico «giro» in realtà è una cloaca (…). Qual è la forza che lo muove? Poiché la protezione e i favori stanno su e la fedeltà e i servizi giù, dietro le apparenze di allegre comunelle e della combutta innocente, si annidano sopraffazione e violenza. Distribuendo favori, può sembrare un sistema benefico, una forma di democrazia come potere per il popolo. Ma non è così. Ognuno vede nell´altro solo risorse da sfruttare. Ogni giro è un crogiolo di rivalità e ferocia e di gradini, da pestare per salire più in alto. Sul più alto e su quello più basso troviamo solo arroganza e solo servilismo. Sugli intermedi si è arroganti con i sottoposti e servili con i sovrapposti e mano a mano che si sale o si scende cambia il rapporto tra arroganza e servilismo. Padroni e servi, a tutti i livelli del giro, sono legati da patti, ma patti tra complici. La fedeltà ai patti è garantita da favori e minacce, blandizie e intimidazioni e ricatti. (…). Dove si alimenta la forza che alimenta i giri? Nella disuguaglianza e nell´illegalità. Essi, i giri, tanto più si diffondono quanto maggiore è il malessere sociale e quanto meno le leggi valgono ugualmente per tutti. Tanta più insicurezza e ingiustizia, tanto più richiesta di «patronato»; tanto più patronato, tante più violazioni della legge uguale per tutti. La democrazia, mancando uguaglianza e legalità, diventa una dissimulazione di sistemi di potere gerarchici, basati sullo scambio ineguale di favori tra potenti e impotenti, e sulla generalizzata illegalità a favore di chi appartiene a oligarchie. Una violazione che può essere la semplice, e apparentemente innocente, raccomandazione o diventare associazione a delinquere secondo il codice penale. (…). …il sistema del patronato e dello scambio di fedeltà non può essere universale. Ci sarà sempre chi non può o non riesce a entrarci. Innanzitutto, per ragioni pratiche. Le risorse di cui esso deve disporre (posti, finanziamenti, favori) non sono illimitate. Per quanto si tenda a estenderle e ramificarle (ad es. con la moltiplicazione dei posti in enti inutili), vi sono limiti di sostenibilità, dettati dalla limitatezza delle risorse, dall´impoverimento della società e dalla rapacità di chi sta (più in alto) nella gerarchia. Ma c´è anche una ragione di principio. Le oligarchie dei giri non potrebbero esistere se tutti godessero dei loro privilegi. La generalizzazione dei privilegi è concettualmente la contraddizione delle oligarchie. Esse, per esistere, hanno bisogno che vi sia chi ne sta fuori. Le oligarchie portano dunque nel loro seno la contraddizione. (…). Chi non partecipa, in una misura anche minima, al sistema dei privilegi, che cosa può fare se non contrapporre idee generali (valori e ragioni, per l´appunto) agli interessi dai quali è escluso? Per chi è inserito in un sistema di scambi, il suo utile potenziale è proprio solo il suo, e tutto il resto può andare a ramengo; per chi non vi è inserito, invece, quello che, per i primi, è quel ‘resto’ è invece l´essenziale. (…). Coloro che hanno passato la propria esistenza, o si accingono a passarla, non come uomini liberi ma come scalatori di luoghi dove vige servilismo e opportunismo verso i potenti e arroganza travestita da paternalismo verso i deboli, non possono non portarne i segni sul loro modo d´essere, di mostrarsi e di fare. Il loro è un habitus caratteristico, che li distingue e che difficilmente possono dismettere o nascondere. Norberto Bobbio ha parlato una volta di «promesse non mantenute» della democrazia e, tra queste, ha messo la scomparsa delle oligarchie. Poteva, questa promessa, essere mantenuta e non lo è stata, oppure non poteva proprio essere mantenuta ed era quindi una falsa promessa? (…). È vero: la democrazia come autogoverno del popolo è tanto più irrealizzabile quanto più è idealizzata. Ma non è la stessa cosa se, per combattere le oligarchie, occorre creare «momenti eroici», con le violenze e le distruzioni che li accompagnano, o se basta fare appello, contro l´illegalità di cui esse si nutrono e la segretezza con cui si proteggono, alla forza della legge applicata in modo uguale per tutti e alla libera circolazione delle informazioni: in una parola, alle precondizioni che permettono oneste misurazioni del consenso e del dissenso. La democrazia è dunque forse solo questo: la possibilità di creare «momenti non eroici» di distruzione delle oligarchie. (…).”

Nessun commento:

Posta un commento