Si domanda Chiara Saraceno
nell’editoriale di oggi sul quotidiano la Repubblica – “La democrazia sotto ricatto” -: Perché in Italia, (…), è
possibile che il Paese rimanga appeso ad un ricatto chiaramente irricevibile?
Al di là delle questioni giuridiche (…), proprio le ragioni avanzate da
Berlusconi e i suoi per chiedere, di fatto, l’impunità – l’importanza della sua
figura politica – rendono se possibile più odioso e insopportabile il reato di
frode fiscale, più inaccettabile che possa sedere in Parlamento chi se ne è
macchiato, ed è stato per questo condannato in via definitiva. Perché? Il
perché? È il trionfo della cosiddetta “quasità” – termine tanto caro a
Francesco Merlo - del bel paese. I cittadini del quale si trovano ad essere al
contempo depositari dei destini della democrazia ma in una condizione di
“servitù”. Quasi cittadini, quasi servi. È il paradosso di un paese e di una
società del mondo Occidentale. Scrive ancora Chiara Saraceno: Berlusconi
ha, certo, enormi responsabilità in questa situazione. Ma non è da solo. Il suo
partito e i suoi mezzi di comunicazione gli danno manforte – che si tratti di
falchi o di colombe non importa. Sarebbe facile sostenere che sono tutti al
soldo di Berlusconi e senza di lui non esisterebbero. In parte, per molti o
pochi, è probabilmente vero. È disarmante vedere una intera classe politica e
giornalistica occupata a costruire una narrativa pubblica in cui Berlusconi,
nonostante il suo denaro, i suoi avvocati/parlamentari, le innumerevoli leggi
ad personam, è una vittima della giustizia ed un eroe della libertà, senza la
cui presenza in Parlamento il partito non avrebbe futuro. Non sembrano
accorgersi che in questa narrativa emerge un partito inesistente, una classe politica
che in più di un ventennio non è riuscita davvero ad autonomizzarsi dal proprio
leader. Al punto che, alle brutte, non disdegnerebbe una successione dinastica.
E qui il timore della “quasità” che ha conquistato e
divorato il bel paese affiora nella scrittura della sociologa: Eppure,
faccio fatica a pensare che siano tutti semplicemente dei servitori imbelli e
impauriti. C’è un irridente cinismo, un’operazione sistematica di
delegittimazione dei capisaldi della democrazia – a partire dalla divisione dei
poteri – in direzione di qualche cosa che assomigli ad un populismo
plebiscitario. (…). “Quasità” dalla quale non esce immune nessuna delle
forze politiche che operano nel bel paese. Sostiene quindi Chiara Saraceno: Il
ricatto, (…), ha trovato sponda anche nel timore del Pd di andare alle elezioni
e nella tenace difesa della stabilità a tutti i costi. Incapace (o forse
neppure tanto voglioso) di modificare il Porcellum, timoroso di un nuovo
tsunami elettorale dopo le prove di questi mesi, bloccato su un esasperante
dibattito interno, indebolito da comportamenti non sempre lineari nei confronti
di propri rappresentanti sotto processo, il Pd è direttamente responsabile
della propria ricattabilità – da parte del Pdl, ma anche rispetto alla ferma ed
esplicita moral suasion di Napolitano in nome della stabilità. (…). Comunque
vada a finire, questa vicenda ha consegnato ai cittadini l’immagine non solo di
un governo debolissimo, ma di una classe politica disponibile ad ogni
compromesso per salvare se stessa. Dove i potenti sono più uguali degli altri.
È possibile dare torto a tanto dichiarato sconforto? Sembra fare da controcanto
all’illustre studiosa Giovanni di Lorenzo – direttore del settimanale tedesco
Die Zeit - nell’intervista concessa a “il Fatto Quotidiano” del 17 di agosto a
firma di Mariagrazia Gerina - “Come fa
la sinistra a tollerare l’evasore?” -: “In Germania basta niente per far saltare
una carriera politica, in Italia sembra che niente, neppure una condanna
definitiva, possa rovinarla. (…). Al netto dei nostri moralismi che a volte
sono veramente eccessivi, la domanda che tutti ci facciamo è: ma come fanno in
Italia a sostenere ancora uno che è appena stato condannato in ultima istanza?”
(…). Ecco, per l’appunto, come si fa? Come è possibile impantanare un
intero paese su di una questione prettamente personale e da codice penale? Nel
paese della “quasità” è possibile. Ce ne rende ragione e ne da contezza il
Direttore nel corso della intervista: “Quello che state vivendo è un momento
cruciale: sospeso tra la svolta decisiva verso il ritorno della normalità e il
disastro finale” (…).
Che cosa ha scoperto alla fine
della sua indagine? “Che i sostenitori di Berlusconi, persone anche molto
simpatiche e amabili, semplicemente negano e continuano a negare non solo
quello per cui Berlusconi è stato indagato ma anche quello per cui è stato
condannato. A Capalbio, ne ho incontrati parecchi. A me veniva da guardarli
come fossero dei marziani. Ma, con la libertà del buffone di corte, mi sono
messo a fare tutte le domande che volevo. E ho capito. Tutto quello di cui
Berlusconi è accusato per loro non esiste. Lo negano e basta. Per loro è tutta
una congiura. E una convinzione di questo tipo non c’è modo di smontarla”.
Ha provato? “Sì, ma non c’è
verso. La teoria della congiura non prevede argomenti contro. Qualsiasi
elemento di ragionamento tu possa utilizzare è incapace di scalfirla. Anzi,
diventa la dimostrazione più evidente della congiura in atto”.
Una forma di paranoia collettiva?
“Assolutamente sì. Quello che mi sorprende di più è la concezione dello Stato
che accomuna Berlusconi ai suoi sostenitori. Per lui è lo Stato che deve
adeguarsi alle sue necessità e ai suoi interessi, non l’opposto. Una visione
che per noi in Germania è assolutamente inconcepibile”.
Cos’altro l’ha colpita? “La più
totale sfiducia in qualunque partito tradizionale. Talmente diffusa che un
principio di delusione si percepisce ormai persino nei confronti dei
Cinquestelle. La convinzione che affligge gli italiani è: tanto sono tutti uguali.
E questo è il contrario della politica. Il pensiero politico coglie le
differenze, quello apolitico tende alle generalizzazioni”.
Vent’anni di berlusconismo ci
hanno reso un popolo apolitico? “Non lo so, però questo atteggiamento,
largamente diffuso, è pericolosissimo. E lo vedo rispecchiato anche nel
dibattito televisivo. Per noi difficile da capire tutto questo. Come parecchie
altre cose”.
Quali? “L’età media della vostra
classe politica, i rituali di certe trasmissioni come Porta a Porta, il parlarsi
addosso della stampa italiana, spesso per quanto riguarda la politica
incomprensibile, in un momento così drammatico”.
Come immagina che possa finire?
“Non lo so. Per noi il ricatto al presidente della Repubblica – o arriva la
grazia per Berlusconi o facciamo cadere il governo – sarebbe impensabile. Una
cosa però mi sento di prevederla”.
Prego. “Temo che per la sinistra
italiana non finirà bene. Il fatto che anche quando è andata al governo non sia
riuscita ad arginare Berlusconi è l’altra parte dell’anomalia italiana. I miei
vicini d’ombrellone che votano per il Partito democratico non facevano altro
che dire: guarda come si sta sputtanando il Pd. Questo governo, già così,
sembra che stia in piedi in funzione del Pdl che pure ha perso le elezioni. Per
il Pd non può che finire male. E questo lo dico anche in base all’esperienza
tedesca: i governi delle larghe intese fanno male alla sinistra”. La
realtà corre veloce. Questa intervista è solamente di otto giorni addietro. La
crisi è nell’aria, se non dichiarata la si percepisce. L’irricevibile – almeno
a parole, chissà nei fatti futuri - richiesta dell’egoarca di Arcore da parte
delle sedicenti forze politiche delle “larghe intese” porterà alla fine del
governo del presidente? Non era prevedibile un epilogo simile? Ed i grandi
strateghi della politica dove sono finiti? Penso che il grande responsabile di
questa situazione sia da ricercare nell’abitatore provvisorio dell’irto colle.
Ha voluto ed imposto una soluzione che stava fuori da ogni logica democratica,
e dai risultati elettorali. Con il ricatto della sua non ricandidatura al colle.
Se ne parlerà di tutto ciò nella cosiddetta “sinistra” o anche questo sarà
divorato e sommerso dalla “quasità” del bel paese? Come non
aver visto che quella esperienza di governo era l’utilitaristica manovra – per
il Pdl, il “Partito di lui” - per una salvacondotto da ottenere a condanna
preventivata ed avvenuta? “Come fa la sinistra - quella
politica dell’”antipolitica” al potere - a tollerare l’evasore?”. Nel paese
della “quasità” è possibile essendo anche quelli della cosiddetta
“sinistra” – per come scrive Chiara Saraceno – “una classe politica disponibile
ad ogni compromesso per salvare se stessa”.
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