Gran brutta “bestia” è il porsi
domande. Specialmente di questi tempi canicolari. “Caronte” non perdona. L’afa
opprime e le idee sembrano liquefarsi con essa. Ma continuo a considerare
insuperabile il vecchio Yves Montand nell’indimenticabile “L’amica delle 5 e mezza”
che ad una altrettanto straordinaria Barbra Streisand ebbe a dire: -
Credo che le risposte rendano saggi, ma le domande rendano umani -.
Ecco, nonostante tutto, continuiamo a porci domande. Per cercare risposte. Tanto
per salvare il poco di umanità che ci avanza. Uno che sembra averci fatto il
vezzo con le domande è certamente Michele Serra che nella Sua consueta,
giornaliera “Amaca” del 19 di giugno sul quotidiano la Repubblica si chiede – e
ci chiede -: (…). …chi diavolo sono, questi misteriosi “mercati”? Hanno fisionomia
giuridica, un portavoce, un responsabile, un legale rappresentante, qualche
nome o cognome al quale, all’occorrenza, presentare reclamo? Qualcuno ha mai votato per loro? Se sbagliano, si
dimettono? Quando e dove è stato deciso che il loro giudizio (il famoso
“giudizio dei mercati”) conta più del giudizio dell’intera classe politica
mondiale? Perfino i più esecrabili dittatori ci mettono la propria faccia, e a volte finiscono la carriera appesi a un
lampione. Perché i mercati no? Se
contano tanto (tanto da affamare i popoli, volendo, e tanto da salvarli, sempre
volendo) perché sono l’unico potere, in tutto l’Occidente, che non si espone mai,
non parla nei telegiornali, non viene intervistato, fotografato, incalzato?
Perché siamo tutti ai piedi di un’entità
metafisica che per giunta non dispensa alcun genere di risarcimento spirituale,
anche scadente? È l’umanità di Michele Serra che emerge. Si pone
domande e salva il Suo resto di umanità. Vi sembrano domande da porsi con
“Caronte” che alita dalla lontana Tunisia? Mi pare che lo sia necessario, tanto
per continuare a restare e definirci umani. Una risposta alle domande del Serra
e di noi altri tutti l’ho rinvenuta in un editoriale – “Una domanda di sinistra” - a firma di Alfredo Reichlin sul
quotidiano l’Unità: (…). …non si era mai visto che un fondo di investimento americano
potesse mettere in gioco risorse paragonabili al Pil di una media potenza come
l`Italia. Si ammetterà che questo apre una qualche riflessione non solo
sull`economia ma sulla politica e direi anche sulla storia delle nazioni. In
fondo, allora, questi “mercati” hanno un volto, hanno anch’essi
la forma degli esseri umani con i quali bisognerebbe dialogare e, se il caso lo
richiedesse, contrastarne l’infausta loro azione. Ecco perché ritengo che il
vecchio Yves avesse ragione: che le risposte rendano saggi. Dovrebbero rendere
tutti saggi. Sol che lo si voglia. Individuati “questi misteriosi mercati” nella
loro corporalità spetterebbe alla politica affrontarli in nome di quel 99% che
subisce e patisce le loro micidiali azioni. Ma da un bel po’ di tempo sembra
che la politica tutta latiti – per debolezza, per paura, per connivenza? - su
questo fronte lasciando i singoli e le comunità in balìa del vento della
spregiudicatezza e dello sfruttamento. Continua nel Suo interessantissimo editoriale
Alfredo Reichlin: (…). La crisi non è congiunturale. Si è rotto l`ordine mondiale ed è
per questa ragione che siamo nel pieno di una guerra di dimensione mondiale,
sia pure monetaria. Il che significa che si sta decidendo come redistribuire la
ricchezza e quindi chi deve impoverirsi e a vantaggio di chi. La questione
sociale ha ormai questa dimensione, e c`è poco da scherzare. Se continua a
governare questa meschina destra europea è chiaro che le classi dirigenti
italiane sono disposte a tutto: non potendo svalutare la moneta svalutano il
lavoro: bassi salari, precarietà, disoccupazione, ciò che sta avvenendo sotto i
nostri occhi. (…). Stiamo attenti a non sbagliare. Il cuore del conflitto non è
più solo l`antagonismo tra l`impresa e gli operai. È l`insieme del mondo dei
produttori cioè delle persone che creano, pensano, lavorano e fanno impresa che
sta subendo una forma nuova di sfruttamento. Pesa sui produttori delle merci e
sui beni pubblici l`onere di stringere la cinta per garantire i guadagni
astronomici, gli sprechi e i lussi della rendita finanziaria, per di più
esentata dal pagare le tasse. Sta, quindi, avvenendo qualcosa che colpisce le
ragioni dello stare insieme e il senso della convivenza civile. Il fatto enorme
è questo. Stiamo assistendo non solo ai fallimenti dell`economia finanziaria ma
a un problema di “legittimità” di certi grandi poteri. Dove va il mondo se l`individuo
lasciato solo non può fare appello a quelle straordinarie capacità creative che
non vengono dal semplice scambio economico ma dalla memoria, dall`intelligenza
accumulata, dalle speranze e dalla solidarietà umane? (…). …fermare il
predominio globale del capitale finanziario è possibile solo alla condizione
che l`individuo rompa il suo isolamento e si muova in modo creativo insieme
agli altri individui. Questa è l`arma. L`enorme domanda di senso e dello stare
insieme che esiste nella nuova umanità che si sta formando. In Italia come in
Egitto e in Brasile. Non a caso è riemerso il tema dei “beni comuni”. Del
resto, come diceva un vecchio intellettuale europeo tedesco ed ebreo, Carlo
Marx: «Che cos`è la ricchezza se non il pieno sviluppo del dominio dell`uomo
sulle forze della natura, sia su quelle della cosiddetta natura, sia su quelle
della propria natura? Che cosa è se non l`estrinsecazione assoluta delle sue
doti creative, senza altro presupposto che il precedente sviluppo storico, che
rende fine a se stessa questa totalità dello sviluppo, cioè dello sviluppo di
tutte le forze umane come tali, non misurate su di un metro già dato?». Riporta
il quotidiano l’Unità di oggi una dichiarazione dell’economista americano Paul
Krugman: - La posta in gioco è molto alta e la maggioranza dei leader europei non
è né stupida né in cattiva fede. Ma la stessa cosa si diceva dei leader europei
nel 1914. Possiamo solo sperare che questi siano davvero tempi diversi –. Sappiamo
bene cosa ne è seguito al ’14 del secolo ventesimo. Una
carneficina nel cuore della vecchia Europa. Urge però una saggia, coraggiosa
risposta di “sinistra”; è questo il punto. Continuiamo perciò a porci
domande. Nonostante il caldo che asfissia e che inviterebbe a non porsi domande
troppo difficili.
Si, Ettore, continuiamo a porci domande,sperando in una coraggiosa, saggia risposta di sinistra.
RispondiEliminaUn saluto affettuoso. Franca Maria.