“La tecnica ha vinto abbiamo perso il senso della vita”, testo di Umberto Galimberti pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di oggi, giovedì 10 di luglio 2025: Oggi c'è ancora un orizzonte di senso per la nostra esistenza? La domanda sorge spontanea se solo pensiamo che l'uomo ha sempre compreso se stesso a partire da un orizzonte di senso a cui fare riferimento. Per gli antichi Greci questo orizzonte era costituito dalla "natura" che Eraclito definisce come quello sfondo immutabile che «nessun uomo e nessun dio fece. Sempre è stata, è, e sarà». La natura inaugura quella temporalità ciclica per cui, come scrive Anassimandro: «Da dove gli esseri hanno la loro origine, ivi hanno anche la loro dissoluzione secondo l'ordine del tempo». Senza speranze ultraterrene, gli uomini sono chiamati "mortali". Nasce da qui una grande etica: l'etica del limite. Per questo i Greci incatenano Prometeo che aveva donato agli uomini la tecnica affinché questa, espandendosi, non comprometta le leggi di natura. La tradizione cristiana assume come orizzonte di senso la "Parola di Dio" e la sua promessa di salvezza ultraterrena. In questo modo il tempo viene iscritto in un disegno, e così nasce la "storia" dove il passato è male: peccato originale, il presente è redenzione, il futuro salvezza. Ottemperando il comando di Dio che consegna all'uomo il dominio della Terra: «Dominerai sugli animali della terra, sui volatili del cielo e sui pesci delle acque marine» (Genesi, 1, 26), la scienza riprende la triade cristiana del passato come male: ignoranza, il presente ricerca, il futuro progresso. Cristianesimo laicizzato. Lo stesso può dirsi di Marx per il quale il passato è ingiustizia sociale, il presente è far esplodere le contraddizioni del capitalismo, il futuro giustizia sulla Terra. Ma anche Freud colloca nel passato (infanzia) l'origine di nevrosi e psicosi, nel presente terapia, nel futuro guarigione. Il futuro è sempre positivo, sostenuto da quella figura, la speranza, che Pasolini aveva tolto con buone ragioni dal suo vocabolario. L'età moderna, che prende avvio nel Diciassettesimo secolo con la nascita del metodo scientifico e in seguito trova la sua massima espressione nell'Illuminismo, ha il suo orizzonte di senso nella promozione della "Ragione" al di là delle fedi, delle credenze, delle superstizioni. «Abbi il coraggio di servirti della tua ragione», scrive Kant, perché, come recita il motto dell'età moderna: «Chi pensa bene fa il bene». Ma, come ci ricorda il filosofo Miguel Benasayag: «Il nazismo ha dimostrato che si può pensare in maniera eccellente anche il male». Fine dell'età moderna e nascita dell'età post-moderna che io chiamo "età della tecnica". Oggi la tecnica non è più un "mezzo" a disposizione dell'uomo, come si è soliti pensare, ma per effetto della sua estensione, la tecnica è un "mondo" che condiziona il nostro modo di pensare e di sentire. Rispetto alle età che l'hanno preceduta, per la prima volta nell'età della tecnica l'uomo vive privo di un orizzonte di senso, perché la tecnica non tende a uno scopo, non promuove un senso, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela la verità che non rientra nei suoi compiti: la tecnica "funziona", e siccome il suo funzionamento è diventato planetario occorre congedarsi dai concetti tradizionali di individuo, identità, libertà, salvezza, verità, senso, scopo, ma anche da quelli di natura, politica, etica, religione, storia, di cui si nutrivano le età pre-tecnologiche. Intervistato sul problema della tecnica dal direttore di Der Spiegel nel 1966, Heidegger risponde: «Tutto funziona. Questo è l'inquietante, che funziona e che il funzionare spinge sempre oltre verso un ulteriore funzionare, senza uno scopo finale. E così la tecnica strappa e sradica l'uomo sempre più dalla Terra. Non c'è bisogno della bomba atomica: lo sradicamento dell'uomo è già fatto. Tutto ciò che resta è una situazione puramente tecnica. Non è più la Terra quella su cui l'uomo oggi vive». Giusto per fare qualche esempio. Platone, che l'aveva ideata, definisce la politica "tecnica regia" perché, mentre le tecniche sanno come si devono fare le cose, la politica decide se e perché si devono fare. Oggi la politica non è più il luogo della decisione, perché per decidere guarda l'economia che le ha sottratto il potere decisionale. Ma neanche l'economia è l'ultima istanza della decisione perché, per decidere i suoi investimenti, guarda le risorse e le novità tecnologiche, per cui la tecnica diventa l'ultima istanza decisionale. Ma come abbiamo visto, la tecnica non ha scopi perché è pura sperimentabilità illimitata e manipolabilità infinita, per cui la storia - che come abbiamo visto è un tempo iscritto in un disegno e quindi fornito di senso - implode, perché la tecnica non ha una memoria "storica", ma solo "procedurale". Per lei, infatti, il passato è semplicemente sorpassato, e il futuro è solo un perfezionamento di procedure in un processo all'infinito. Abbiamo perso il senso greco del limite perché, come scrive Hans Jonas, mentre i Greci avevano incatenato Prometeo che aveva portato la tecnica agli uomini, noi l'abbiamo scatenato. Il risultato è che oggi la nostra capacità di fare (con la tecnica) è enormemente superiore alla nostra capacità di prevedere gli effetti del nostro fare. Quindi ci muoviamo a mosca cieca. Ma, come la politica, anche l'etica non ha alcun potere sulla tecnica. Infatti come può l'etica impedire alla tecnica di fare ciò che può? Al massimo può mettere in guardia, può invocare, ma così diventa pat-etica. E se l'etica cristiana dell'intenzione è inefficace nell'età della tecnica, lo è anche l'etica della responsabilità proposta da Max Weber che non guarda le intenzioni di chi agisce, ma gli effetti della sua azione di cui deve rispondere. E però è lo stesso Max Weber ad avvertire: «Finché gli effetti sono prevedibili». Ma è proprio della tecno-scienza, che procede per prove ed errori, produrre effetti imprevedibili. A questo punto resta in campo solo l'etica della tecno-scienza secondo la quale si deve conoscere tutto ciò che si può conoscere e si deve fare tutto ciò che si può fare senza limite alcuno e senza avere in vista alcuno scopo. Che cosa vuole infatti la tecnica? Di lei si potrebbe dire quello che Nietzsche diceva della volontà di potenza: «Cosa vuole la volontà di potenza? Vuole se stessa». Che cosa vuole la tecnica? Vuole unicamente il suo autopotenziamento. A questo punto reperire il senso della propria esistenza per l'uomo d'oggi, ridotto a funzionario di apparati tecnici, al cui interno deve compiere le azioni descritte e prescritte dall'apparato, secondo i valori della tecnica che sono efficienza, funzionalità, produttività, e soprattutto velocizzazione del tempo, che ha già superato le capacità temporali della nostra psiche, è praticamente impossibile.
giovedì 10 luglio 2025
MadreTerra. 49 Heidegger (1966): «La tecnica strappa e sradica l'uomo sempre più dalla Terra. Non c'è bisogno della bomba atomica: lo sradicamento dell'uomo è già fatto».
lunedì 7 luglio 2025
Lastoriasiamonoi. 75 Paolo Nori: «La prima cosa che mi ha detto la mamma di mia figlia, che chiameremo Togliatti, è stata “Non sbriciolare”».
domenica 6 luglio 2025
Lastoriasiamonoi. 74 Paolo Nori: «Col caldo che c'è in giugno e luglio, ho fatto trentuno presentazioni in Italia e anche fuori dall'Italia, siamo stati anche in Polonia, a Varsavia, che prima di partire eravamo a Jesolo, in un albergo, e nella hall ci hanno detto "C'è un regalo del sindaco nella stanza"».
sabato 5 luglio 2025
venerdì 4 luglio 2025
giovedì 3 luglio 2025
mercoledì 2 luglio 2025
MadreTerra. 48 Dennis Overbye: «Mi piace pensare che il mio ultimo pensiero sarebbe di amore, gratitudine o stupore, o che riguarderebbe il volto di una persona cara, ma temo che sarebbe un'imprecazione. Le persone più sagge di me mi chiedono perché non mi lamento dei miliardi di anni trascorsi prima della mia nascita».
martedì 1 luglio 2025
lunedì 30 giugno 2025
domenica 29 giugno 2025
sabato 28 giugno 2025
venerdì 27 giugno 2025
giovedì 26 giugno 2025
Lastoriasiamonoi. 71 Aya Ashour: «Porto già con me il peso di tutto ciò che ho lasciato: la famiglia, ancora affamata e vulnerabile; gli amici; i ricordi; la mia vita; il mio passato; la città natale; la mia infanzia; la mia gente. Sono partita senza nulla, ma sono sopravvissuta a un genocidio e a un inferno».
Sopra. Aya Ashour, anni 24.
“Lascio la mia terra per esserne il futuro”, corrispondenza di Aya Ashour dalla terra di Palestina: Dopo un secondo ritardo nella mia partenza da Gaza, coordinata dal Consolato Generale d’Italia a Gerusalemme, sono finalmente riuscita – al terzo tentativo – a lasciare la Striscia di Gaza. Il modo in cui è avvenuto, e le emozioni che mi ha portato, sono al di là di qualsiasi cosa io possa descrivere. Dopo un anno intero di sforzi instancabili da parte dell’Università per Stranieri di Siena per permettermi di partire dalla Striscia in modo che potessi continuare la mia formazione come ricercatore ospite – con il coordinamento del Ministero degli Affari Esteri italiano e del Consolato, appunto – posso annunciare di aver lasciato Gaza ieri alle quattro del mattino da Deir al Balah, passando per il valico di Kerem Shalom e poi per il Jordan Bridge. Mi trovo ad Amman mentre scrivo questo articolo, l’ennesimo chiesto da Giampiero Calapà per il Fatto. E mentre scrivo, sono seduta sotto una lampada, l’elettricità funziona qui, con l’aria fresca e cibo e bevande a portata di mano. Ma la mia famiglia, i miei cari e oltre due milioni di gazawi sono ancora lì, affamati, sfollati, senza casa, sotto le bombe e i razzi, alla mercé di Israele e del mondo. La sera prima di partire, ho passato la giornata a guardare i volti della mia famiglia tra le lacrime. Piangevamo tutti, impotenti, e i nostri occhi parlavano una lingua muta: “Non voglio lasciare questa terra. Voglio restare con la mia famiglia. La mia famiglia vuole che io rimanga con loro”. Ma la verità è che non ci è concesso il lusso di poter scegliere. Il mio obiettivo, e quello della mia famiglia per me, è continuare a studiare, inseguire il mio sogno e rappresentare il mio Paese. L’ultima notte a Gaza ho cercato di dormire, ma non ci sono riuscita. Sono rimasta sdraiata per quattro ore e poi mi sono svegliata alle 2 del mattino, cercando il mio smartphone. Era ancora presto: l’orario di partenza era fissato alle 3,45. Ho iniziato a guardare i volti addormentati delle mie sorelle accanto a me: Noor, Jana e Rola. Mi è venuto da piangere, di nuovo, ma il mio cuore si è come bloccato in quel momento.
mercoledì 25 giugno 2025
martedì 24 giugno 2025
Lavitadeglialtri. 100 Concita De Gregorio: «E quindi. Quindi niente. Fra vicini bisognerebbe aiutarsi, ma la vita è così. Dura».
lunedì 23 giugno 2025
domenica 22 giugno 2025
sabato 21 giugno 2025
venerdì 20 giugno 2025
mercoledì 18 giugno 2025
Lastoriasiamonoi. 68 Erasmo da Rotterdam: «Chi ama la guerra non l'ha vista in faccia. Se nel mondo c'è una cosa che ci viene da affrontare con esitazione di sicuro è la guerra: non c'è iniziativa più empia e più dannosa, più largamente rovinosa, più persistente e tenace, più squallida e nell'insieme più indegna di un uomo, per non dire di un cristiano».
martedì 17 giugno 2025
domenica 15 giugno 2025
sabato 14 giugno 2025
venerdì 13 giugno 2025
giovedì 12 giugno 2025
mercoledì 11 giugno 2025
lunedì 9 giugno 2025
domenica 8 giugno 2025
sabato 7 giugno 2025
venerdì 6 giugno 2025
mercoledì 4 giugno 2025
martedì 3 giugno 2025
lunedì 2 giugno 2025
domenica 1 giugno 2025
sabato 31 maggio 2025
Lavitadeglialtri. 95 «Quei “Lazzari” di Gaza».
Sopra. “Resurrezione di Lazzaro” affresco (Giotto, 1303-1305 circa) del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova.
venerdì 30 maggio 2025
mercoledì 28 maggio 2025
Lastoriasiamonoi. 62 «Genoveffa, la maga pescatrice»
martedì 27 maggio 2025
lunedì 26 maggio 2025
Lavitadeglialtri. 93 “Pagina muta, terza”.