“Psiche&Politica”. “I camerieri degli Usa obbediscono a Trump, così la Storia si ripete”, testo della intervista di Tommaso Rodano allo storico Luciano Canfora pubblicato sulla stessa edizione de’ “il Fatto Quotidiano”: Professor Canfora, Giorgia Meloni alla Camera s’è affidata a un grande classico, la massima latina Si vis pacem, para bellum. È comunemente attribuita a Vegezio. “In modo non esatto. Vegezio scrive alla fine del IV secolo una formula simile: Qui desiderat pacem, praeparet bellum. La frase, nella forma in cui è stata citata da Meloni, non esiste in natura: è una sintesi moderna. La si ritrova nel monumentale dizionario enciclopedico di Pierre Larousse: alla voce guerre, si legge un vecchio adagio francese, dove si ricorda che per difendersi occorre prepararsi militarmente. Lì compare la forma latina fittizia: si vis pacem, para bellum. Il Luger Parabellum, peraltro, fu poi una celebre pistola dei nazisti”.
In ogni caso, la citazione di Meloni è posticcia, ma il concetto affonda le radici in epoca classica. “Già nella guerra del Peloponneso troviamo una delegazione di Corinto che, per convincere Sparta ad attaccare Atene, afferma: “Dalla guerra si rafforza la pace”. Ma nel mondo antico la guerra è la regola e la pace è l’eccezione: la parola greca eirene significa lo stato di quiete, ma non coincide con l’idea di pace come trattato o patto giuridico: quel significato è affidato al termine spondai, che vuol dire sia “pace”, sia “tregua”. Si sapeva che la guerra sarebbe tornata”.
Perché era un fatto strutturale. “Esatto. Lo era per ragioni economiche, sociali e sistemiche. Le guerre servivano a catturare prigionieri che diventavano schiavi ed erano un mezzo per depredare ricchezze: oro, argento, monete. Quando Traiano conquista la Dacia, porta a Roma tonnellate d’oro e mezzo milione di prigionieri. Così rilancia un’economia in crisi. La guerra è il cuore del sistema produttivo”.
E costa. “Molto. Lo ricorda Cicerone: la guerra richiede immensa pecunia. E lo sapeva Pericle, che nel primo libro di Tucidide fa l’elenco delle risorse statali di Atene: tesori, tributi degli alleati, entrate fiscali. La guerra è costosa, ma se hai un bottino in vista, la affronti. È un principio valido anche nei secoli successivi: i conquistadores iberici, l’Impero britannico nel Golfo di Guinea, la Compagnia delle Indie, tutte imprese per accaparrarsi schiavi, ricchezze e territori; le guerre mondiali nascono per il conflitto tra gli appetiti degli imperialismi rivali”.
Insomma, la Storia dimostra che lo schema è sempre lo stesso. “Arriviamo a oggi, è ancora così. Nel caso dell’Ucraina, la guerra ha un bottino ben preciso: le terre rare. Trump si è già portato avanti con il lavoro e si è mosso per assicurarsele. Anche la Siberia, con le sue risorse, fa gola: frantumare la Russia, come si è fatto con la Jugoslavia, può essere parte dell’operazione”.
Il mondo si riarma fino ai denti: Trump si è fatto promettere di portare al 5% del Pil la spesa militare. “Se i famosi «volenterosi» vogliono fare la guerra a oltranza, a tutti i costi, abbracceranno questa operazione che è molto simile a quelle storiche che abbiamo appena descritto. Ingigantiscono il bilancio militare e al tempo stesso lustrano un po’ gli stivali agli Stati Uniti, perché le armi non crescono sugli alberi: bisogna ordinarle, fabbricarle, acquistarle. E dove? Negli Usa”.
Lo spettacolo della Nato all’Aja è puro servilismo verso il presidente americano? “Un servilismo perfino ridicolo, se si pensa che l’obiettivo del 5% di spesa militare è spalmato su 10 anni: in sostanza sarà valido solo finché Trump sarà presidente. Una furbizia da servo: obbedisco finché il padrone comanda”.
L’Europa si è messa in una posizione umiliante? “Si veda Rutte, che manda un messaggio senza prevedere che diventi pubblico, mentre Trump se la ride per l’imbarazzo del suo cameriere. Si tengono buono quest’uomo del quale sostanzialmente hanno paura e forse disprezzano. Poi c’è il caso di Merz, che sogna di rifare l’Operazione Barbarossa. Ha dichiarato che i tedeschi avranno presto il più forte esercito d’Europa. Ricorda il discorso pronunciato dall’ambasciatore tedesco a Mosca, la notte fra il 20 e il 21 giugno del 1941, quando si recò dal ministro degli Esteri sovietico e disse la frase seguente: ‘Il Führer ha ordinato la mobilitazione del nostro esercito contro la minaccia russa’. Merz, agitando la minaccia russa, ci vuole imporre di armarci sino ai denti. Nella Storia c’è una continuità inquietante”.
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