Dico proprio a lei, signora Dignità. Dov'è finita? Cosa le succede in questi tempi? Perché non recrimina lo spazio che le compete nel teatrino del vivere sociale? Non parlo di lei come "diritto di una persona ad essere apprezzata e rispettata per sé stessa e ad essere trattata eticamente", ossia la sua definizione classica, fors'anche filosofica: quello è un dato di fatto, sotto costante attacco certamente ma solido nei suoi contorni, che si riferisce al valore intrinseco dell'esistenza umana. Mi riferisco ad altra accezione del suo essere, signora mia, ovvero cito ancora dai manuali: "la condizione di nobiltà morale in cui l'uomo è posto dal suo grado, dalle sue intrinseche qualità, dalla sua stessa natura di uomo, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e ch'egli deve a se stesso". Il rispetto verso sè stessi, ecco, è quel che ci piace di lei. Insomma, la invochiamo, Dignità, come qualità ineffabile dell'agire, del comportarsi e abbigliarsi in modi che non siano lesivi della propria qualità, del proprio valore, sacrificati a cuor leggero o stolidamente, magari per inseguire una vacua idea di modernità, un'inafferrabile e sfuggente eterna giovinezza. «La ringrazio di così delicata precisione, nonché dell'accorato appello a rinunciare all'oblio che mi sono autoimposta ma devo dirle, mio gentile intervistatore, che non penso ci sia spazio per me nel presente. Vede, il problema ha radici antiche, che affondano in un carattere nodale della cultura popolare: il culto della celebrità, prodotto massimo dell'ideologia dell'intrattenimento. Fama e visibilità sono valori sacrosanti, che producono però onde d'urto permanenti su tempora e mores, in particolare se intrecciati alla atavica paura di invecchiare. Una volta la notorietà era gloria perché concessa a pochi, ma i moderni mezzi hanno dato a tutti la possibilità di trasmettersi e l'illusione di immaginarsi rilevanti o degni di attenzione, sicché fu una disdetta su tutta la linea, che mandò alle ortiche anche i pensieri più trasparenti».
Intende dire, signora Dignità, che i balletti tiktokari, le dirette per ogni inezia, i fit check non richiesti e compagnia cantante la hanno indotta al ritiro dalle scene? «È proprio così. Quando tutti diventano valletti e vallette di uno spot in streaming continuo per vendersi e svendersi, quando l'unico interesse è aver le luci addosso, per me spazio ce n'è poco o nulla, perché di base si rinuncia a conoscere sé stessi e da lì tutto rotola a valle. Non lo dico con moralismo, ma con la consapevolezza che mi è propria, e che forse è quanto lei ammira. Non lo prenda però come un après moi, le déluge. Non mi interessa il buon tempo antico, ma se non mi si vuole, non forzo la mia presenza».
“Interviste” 2 Signora Empatia, la immaginiamo alquanto sdegnata in questo momento. Dov'è? Cosa fa? Se l'è presa per le recenti dichiarazioni di quel superuomo di gran successo e soverchia tracotanza che si professa tuttofare cosmico e che l'ha descritta come impedimento per la civiltà, una sconfitta, e che insomma ha parlato in termini non proprio lusinghieri della sua persona. Ci dica senza filtri, per favore: siamo qui per ascoltare. Grazie intanto e fin da ora di averci risposto al telefono visto che è così che l'abbiamo potuto raggiungere, sapendola in ritiro spirituale. «Cosa vuole che faccia, mio gentile intervistatore: empatizzo. È l'unica mia ragione di essere, e richiede, mi creda, un grande impegno. Empatizzo con lei che deve portare a casa questa intervista e trasformarla in qualcosa di sensato per i lettori. Ma empatizzo anche, e forse di più, con il sapientone di cui sopra, che non mi ha riservato parole gentili, e mi ha addirittura vilipeso, ma con il quale non posso essere più severa di tanto perché il suo vedermi e descrivermi in modo così fallace e abnorme deve essere il frutto di qualche trauma, di qualche poco edificante esperienza che lo dovrà portato a pensare così, poveretto».
La sua capacità di non lasciarsi scalfire da dichiarazioni tanto pesanti, il suo voler cercare sempre comprensione e mediazione sono ammirevoli. Davvero, come fa? Possiamo a malapena immaginare lo sforzo. «In verità non c'è nulla di speciale nel mio dire e nel mio fare, e la mia non è falsa modestia. Esercito abilità innate di immedesimazione nell'altro: le stesse che hanno portato il genere umano a progredire, checché sostengano i miei detrattori. Ne sono capaci tutti».
Ci dica meglio, senza esser parca di dettagli. «Detesto incensarmi, ma sarò chiara. Da una prospettiva evoluzionistica, il mio contributo storico è stato decisivo per la formazione della società e numerosi studi a me riservati suggeriscono che sono ancora fondamentale per il suo funzionamento odierno. È il mio esempio che guida il volontariato e la solidarietà. Promuovo la connessione, costruisco fiducia, riduco i conflitti. L'ampliamento delle mie relazioni è la forza trainante che ci ha portato dai legami tribali alle unioni religiose agli Stati nazionali e potrebbe infine condurci alla cooperazione globale, se davvero lo si volesse».
Quanta perfezione. «Lungi da me essere perfetta, lo so bene. Sono più propensa a manifestarmi tra quanti già si conoscono piuttosto che tra gli estranei e questo alimenta la polarizzazione, ahimè».
Parla di conflitti ideologici? «Posso essere strumentalizzata, ecco. Politici di ogni estrazione sociale sfruttano da tempo questa tattica, e mi chiamano in causa al solo fine di manipolare. È una sensazione orribile, che mi svilisce e avvilisce, ma che non intacca la mia consapevolezza. Pur essendo imperfetta, sono essenziale per l'avanzamento della civiltà, in particolare per superare le divisioni religiose, politiche e culturali. Nella Bibbia si legge "ama il tuo prossimo". Non ci sono chiose del tipo "ma solo se condivide le tue idee politiche". Tragga lei le sue conclusioni».
E con il suo veemente detrattore come la mettiamo? «Lo lascio alla sua angustia ottusa e anaffettiva».
N.d.r. Le interviste sopra riportate sono a firma di Angelo Flaccavento ed hanno per titolo, rispettivamente, “Dignità, questa sconosciuta” e “Pronto, l’Empatia?”. Sono state pubblicate, ambedue, sui periodici mensili “U” del quotidiano “la Repubblica” dei mesi di maggio e di giugno 2025.