domenica 6 ottobre 2024

Lastoriasiamonoi. 06 Julio Velasco: «Non ci si deve concentrare su quel che non si è avuto, ma su quel che si ha».

                  Sopra. "Scorcio di Venezia" (2024), acquerello di Anna Fiore.

Esistenze”. 1 “Figli immaginari”: Da bambino avevi amici immaginari. Giocavi con loro nei pomeriggi solitari. Adesso che sei adulto, non hai avuto e non avrai mai figli, giochi al padre immaginario. Lo fai in segreto, con pudore, lo stesso con cui, quando la casa è vuota e non ci sono vicini alle finestre, metti i Daft Punk e balli. Si riapre la porta: "Che cosa stavi facendo?". "Ginnastica''. "Con chi stavi parlando?". "Stavo ripassando il discorso per la conferenza di domani". Stavi chiacchierando con Ludovico, o Giulia, o come si sarebbe chiamata/o quella/o con il tuo cognome. Ti chiedi spesso come sarebbe stato, che cosa ne sarebbe uscito. A volte con curiosità, altre volte subentra il terrore. Accade quando leggi notizie di cronaca su quel che capita agli adolescenti (ma l'educazione quanto può influire?) o sui bambini dimenticati in auto (non è che anche tu, stressato...?). Succede anche e semplicemente quando vedi un tavolo familiare e il più piccolo tra quelli seduti pare assente, incollato allo schermo di uno smartphone e chissà che cosa sta ricevendo o trasmettendo. In generale però quel che non ti appartiene lo sfiori con serenità e disincanto. Come il protagonista di Cani neri di Ian McEwan amava accostarsi ai genitori degli altri, a te piace trascorrere tempo nelle case degli amici e suscitare quel passeggero legame con i loro figli. Ti lusinga creare quell'affinità da zio in transito, o amico di un'altra generazione che li incontra al confine di anni mai condivisi per parlare di calcio, moda, cinema, libri e scoprire le incursioni del passato nel presente, o viceversa. Ti ritrovi nell'assenza di doveri reciproci, aspettative, paure. Vuoi loro bene e ogni bene loro auguri, perché sono la vita, soltanto e per sempre, prossima. Quando torni alla tua esistenza talvolta ti assale una malinconia che non è mai invidia, è piuttosto la constatazione che certe strade, dovunque portassero, sono rimaste un bivio non preso, dietro una curva scomparsa nel retrovisore e se tu ancora costeggi il mare con la radio accesa, chissà com'era quel villaggio affollato a cui non sei arrivato. Altre volte, invece, provi una forma di sollievo, anche e soprattutto se quei bambini o quelle ragazze ti sono sembrati e sembrate uno splendore, carico di futuro. Perché è a quel punto che la preoccupazione per loro ti pare impossibile da gestire. Sai che rivivresti il tuo passato in scala 1:1, gli inevitabili (e solo col senno di poi futili) dolori della gioventù, l'ombra del destino imprevisto, tutta la vita (di nuovo) davanti. Come per ogni dote: un dono, e una maledizione. Meglio così, ti dici. E il giorno dopo: forse no. Ascolti Julio Velasco, che hai sempre considerato uno dei massimi filosofi di un'epoca in cui scarseggiano, dire: "Non ci si deve concentrare su quel che non si è avuto, ma su quel che si ha''. Anche se poi la medaglia d'oro lui alla fine l'ha vinta e tu spesso parli con il vuoto. O non proprio. Così come le persone che se ne sono andate ancora colmano una parte di spazio e non soltanto con il ricordo, ma con una modificata e magnifica presenza, così quelle che non sono mai venute eppure esistono, solo è diversa la maniera e devi sintonizzarti su altri canali, altre onde. Da cui: buonanotte Ludovico, buonanotte Giulia, principi del Maine, future regine della Nuova Inghilterra.

Esistenze”. 2 “Ci spieghi, Casanova”: Casanova, non se ne abbia a male se, con disdicevole mancanza di cortesia, le si rivolge la parola omettendo il nome di battesimo. Fatto sta che non è da tutti assurgere agli onori dell'antonomasia, e lì eternarsi nell'immaginario collettivo fino a diventare imprescindibile punto di riferimento, modello di vita, fors'anche oggetto di dileggio. Nel parlare a lei, infatti, che così gentilmente ci ha concesso di interloquire seppure ormai da secoli lontano dal consesso degli umani, l'interesse è certo rivolto a Giacomo e alle sue rocambolesche avventure, ma ancora di più a Casanova, epitome del seduttore, indefesso impalmatore di pulzelle, irresistibile imbonitore di dame, e da ultimo libertino indefesso e reo confesso. Ecco, Casanova, cosa prova a rappresentare tutto ciò, a fungere da esempio per playboy, gaudenti e gigolo? «Limitato, ecco come mi sento, mio impertinente interlocutore. Ho vissuto mille vite, cambiato infinite guise, abitato innumerevoli luoghi. Sono fuggito nei modi più avventurosi, ho scritto, tentato la carriera ecclesiastica e persino vestito i panni dell'agente segreto e della spia, eppure tutto ciò per cui mi si ricorda è la facilità assoluta che ho sempre avuto nell'innamorarmi. Una naturale propensione alle gioie del cuore e della carne che mi ha costretto ad abbandonare i voti; un carattere così vero e scintillante che ogni oggetto del mio amore ha sempre e comunque ricambiato il mio sentimento. Ecco, una cosa mi sento di dirle: non fui libertino, ma perpetuo innamorato. I playboy che mi venerano dovrebbero forse guardare altrove». Lungi da noi, Casanova, limitare ad una angusta definizione, al tratteggio di un tipo la sua persona e il suo valore, consegnati ormai alla storia. Il fatto è che, qualche secolo dopo la sua rocambolesca epopea, sedurre rimane arte oscura e affascinante. Abbondano gli stereotipi e i manuali, si moltiplicano incantamenti e fìngimenti, ma ancora si brancola nel buio. In modo particolare, poi, quando si parla di abiti, che sono il vero interesse di questo umile scrivano. «Sia più chiaro, per favore, e mi illustri i suoi dubbi in ogni dettaglio». Il dubbio è uno, Casanova, ed è invero cristallino. A lei che dei seduttori è santo protettore vorrei domandare se esiste un modo di sedurre che passa dallo stile, da ciò che si indossa, o dalla maniera in cui lo si fa. Vi è un prontuario, un how to? «No e poi no, mio obnubilato dialogante. E perché mai, poi? Pensa lei forse che far balenare petti irsuti o muscoli guizzanti, sbottonare camicie al limite dell'indecenza, far intuire glutei e gioiellame vario sotto brache troppo attillate, e in generale fasciare il corpo per rivelarlo, ricorrendo ad un pernicioso sostituto di nudità, sia un modo per sedurre? L'errore è grossolano, mi creda. L'eloquio, la capacità di trasformare l'eros in parola, la soavità dei gesti: sono questi a conquistare. Ma è soprattutto la purezza del sentimento a sedurre, e quella poco ha a che fare con i vestimenti, ma molto con lo stile. Intendo dire che lasciare un'impronta di ciò che si è in ciò che si fa è il solo modo per carpire un cuore. Di certo è il più duraturo, sapendo bene che tutto finisce: come questa nostra paradossale conversazione che trovo di poco conto, e che mi mette in fuga. Arte, invero, nella quale sono gran maestro. Adieu!».

N.d.r. Le due “esistenze” - sopra riportate - sono state scritte - rispettivamente - da Gabriele Romagnoli e da Angelo Flaccavento e sono state pubblicate sul periodico bimestrale “U” – settembre/ottobre, del 26 di settembre ultimo – del quotidiano “la Repubblica”.

Nessun commento:

Posta un commento