venerdì 12 maggio 2023

ItalianGothic. 47 Raniero La Valle: «Il fascismo trascorre da un'epoca all'altra e da un emisfero all'altro, incurante di essere chiamato in un modo o nell'altro: e permane anche da noi».


Ha scritto Giacomo Papi - alle pagine 52/54 - nel Suo pregevolissimo lavoro editoriale che ha per titolo “Italica” – Rizzoli editore (2022), pagg. 447, euro 20 – che: (…). I fascisti furono l'arma di cui i ricchi - il re, l'aristocrazia, i proprietari terrieri, i preti e la borghesia industriale - si servirono per proteggersi dall'assalto dei poveri che, grazie al socialismo, stavano conquistando posizioni (tra il 1919 e il 1921 i salari erano aumentati del 30 per cento, l'orario di lavoro era stato ridotto a 8 ore e si discuteva di tassare i sovra profitti di guerra).

Ma il re, l'aristocrazia, gli agrari, i preti e la grande borghesia furono anche lo strumento di cui Benito Mussolini si - servì per conquistare il potere dopo avere creato un esercito irregolare, le squadre d'assalto, che dal 1920 colpì uomini e sedi delle organizzazioni operaie: nel luglio a Trieste fu incendiato il Narodni Dom (il centro della  cultura  slovena),  in  novembre  fu  assaltato  Palazzo  d'Accursio  a  Bologna  per  tentare  di  impedire  l'insediamento  della  giunta  socialista. (…). Con l’appoggio e la protezione delle forze dell'ordine e della magistratura, Mussolini era riuscito ad amalgamare spinte diverse -nazionalismo, futurismo, dannunzianesimo, clericalismo, conservatorismo tradizionale - dando vita a un impasto politico originale in grado di assorbire le rivendicazioni sindacali nelle corporazioni, costruire la macchina dello Stato unitario e formare la burocrazia pubblica che ancora oggi la fa funzionare, utilizzando in modo programmatico la violenza squadrista e fondando una nuova estetica basata su parole d'ordine mai ascoltate, architetture mai viste e addirittura nuove città, radio e cinegiornali, i mezzi di comunicazione che in quegli anni, per la prima volta, stavano diventando di massa. È questa l'attualità del fascismo: quando la democrazia annaspa e sembra più lenta delle accelerazioni della storia, una sintesi autoritaria e mediatica è sempre possibile. (…). Nell'arco del Ventennio i salari scesero negli anni Venti, stagnarono negli anni negli anni Trenta e si ripresero soltanto nel 1939, poco prima della guerra. Non diminuirono i reati: tra il 1921 e il 1930 - lo certificò l'ISTAT già al tempo - aumentarono quasi tutti, in particolare le truffe (erano state 20.170 tra il 1911 e il 1920, salirono a 328.339 tra il 1921 e il 1930) e le lesioni (tra il 1911 e il 1920 le condanne erano state, 854.220, tra il 1921 e il 1930 1.058.666). In più, senza contare le deportazioni e le guerre, il regime fucilò 42 persone, quasi due all'anno, e imprigionò 4.596 oppositori facendoli condannare a 27.753 anni di carcere o confino. (…). Di seguito, “A quali fascismi s’ispira la destra al governo” di Raniero La Valle pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 6 di maggio 2023: (…), Giorgia Meloni non è una nostalgica del fascismo del 1943 o del 1938. Invece è rimasta ferma a quello del 1922, cioè alla cultura che venendo da lontano ha generato il fascismo del Novecento e da questo è stata assunta nella sua forma peggiore, una cultura con cui la storia stessa ha stabilito una rottura epocale con la guerra antifascista e antinazista conclusasi con la Liberazione. Di molti filoni negativi di quella cultura si erano fatti araldi i fascismi europei e poi latino-americani, e si fanno eredi ancora oggi quelli superstiti. Qui ne ricordiamo solo tre che sono stati determinanti del corso storico e delle tragedie cui esso è pervenuto. Il primo è il pensiero della diseguaglianza per natura tra gli esseri umani. Essa viene dalla società signorile che discriminava tra signori e servi, è passata attraverso il regime di cristianità, ha legittimato la conquista dell'America e il genocidio degli Indios nella loro inferiorità rispetto agli Spagnoli (si sospettava non avessero l'anima), è stata teorizzata da Hegel nella distinzione tra popoli della natura e popoli dello spirito, da Nietzsche per il quale "gli uomini non sono tutti eguali. E neppure devono esserlo!", fino a Croce che contrappone gli “uomini” che appartengono alla storia e uomini della natura, uomini capaci di svolgimento e di ciò incapaci", i quali ultimi "zoologicamente e non storicamente sono uomini", motivazione questa di tutti i razzismi passati e presenti: è chiaro quindi perché i cultori dell'integrità della "Nazione" militano contro "la sostituzione etnica" e sognano il blocco navale contro i migranti. Il secondo è il pensiero della sovranità incondizionata. Essa viene dall'età degli antichi Imperi, è passata attraverso la definizione di Marino da Caramanico della sovranità come la sovranità del potere che non riconosce alcun altro potere "superiorem" (souverain), al di sopra di sé, è stata teorizzata da Hobbes che nello Stato moderno vede un mostro biblico, il Leviatano, che uscendo dallo stato di natura e facendosi, come dice Ferrajoli, "lupo artificiale", monopolizza la violenza e promette sicurezza in cambio della libertà, per giungere fino allo Stato etico del nazismo e a Giovanni Gentile; è chiaro quindi perché i sovrani-sti ce l'hanno con l'unità europea e preferiscono obbedire alla Nato e al Pentagono piuttosto che sposare il multilateralismo costituzionale e appellarsi al sistema di sicurezza dell'Onu. Il terzo è il pensiero di guerra. Esso viene dagli albori della nostra cultura, dal frammento di Eraclito che fa della guerra "il padre e il re di tutte le cose", passa attraverso la teologia medioevale della guerra giusta, sopravvissuta fino a papa Giovanni; e mentre la guerra è esaltata dallo stesso Hegel quale igiene dei popoli e antidoto al loro "infiacchimento" allo stesso modo in cui "il movimento dei venti preserva il mare dalla putrefazione come vi ridurrebbe i popoli una pace durevole o perpetua", essa è teorizzata dal generale prussiano Von Clausewitz, è assunta, col Nemico, da Carl Schmitt quale "criterio del politico", informa il "credere obbedire combattere" del fascismo, è recuperata dopo la Guerra fredda nel conflitto del Golfo e giunge fino alla "competizione strategica" di Biden che "culmina nella sfida con la Cina" e al "vinceremo" di Zelensky; è chiaro quindi perché chi manda le armi nella gara che sta devastando l'Ucraina e convoca poi le imprese per restaurarla, ignora il ripudio costituzionale della guerra e recita due parti in commedia, di distruzione e ricostruzione. Si può aggiungere che tradire la Costituzione è un rischio che va ben oltre il non riconoscervi l'antifascismo, perché dalla vecchia cultura viene anche la concezione del lavoro come spregevole, tanto che all'inizio era addossato ai servi e risparmiato ai signori, e attraverso una lunga storia è arrivato a noi come lavoro schiavo, lavoro merce, sempre alienato e sfruttato, mentre la Costituzione, come ci ricorda proprio il Primo Maggio, lo mette a fondamento stesso della Repubblica democratica. Ed è tutto questo il fascismo che sopra o sotto traccia trascorre da un'epoca all'altra e da un emisfero all'altro, incurante di essere chiamato in un modo o nell'altro: e permane anche da noi. La novità è che, dopo il1945, si è rivelato che un'altra storia è possibile.

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