giovedì 11 marzo 2021

Leggereperché. 66 «La storia di Chiara è quella dei nostri pregiudizi, del nostro sguardo ottuso».

 A lato. "Dopo lo spettacolo" (2021), acquarello di Anna Fiore.
 
Chiude Claudia de Lillo – in arte Elasti- la storia narrata in “Chiara e i pregiudizi sui suoi occhi a mandorla”, pubblicata sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” dell’11 di marzo dell’anno 2017, con la sconsolata convinzione che “la storia di Chiara è quella dei nostri pregiudizi, del nostro sguardo ottuso e della rigidità dei nostri confini. È il memento della lunga strada che ci aspetta per diventare un paese accogliente, libero e aperto”. Scritta un quadriennio passato la “storia” narrata da Elasti potrebbe – dico potrebbe – dare a tutti gli uomini di “buona volontà” la misura dei passi fatti – nel frattempo - in avanti o fatti all’indietro da questo “disossato” paese. Ecco la “storia” di Chiara: Chiara ha circa 40 anni, una laurea in Fisica, una specializzazione in Fisica Medica e si occupa di radioterapia in un grande ospedale. La consuetudine professionale con la sofferenza non sembra aver scalfito l'aura di solidità accogliente e pacata che porta con sé con ipnotica disinvoltura. Da piccola era una bambina dotata e tenace e i suoi genitori, accortisi presto dei suoi numerosi talenti e di un'innata disciplina nel coltivarli, la incoraggiarono a tirarne fuori il meglio. Insieme alla maturità scientifica, prese il diploma al Conservatorio, entrambi con il massimo dei voti, e con il senso di onnipotenza degli adolescenti pensò che non avrebbe mai dovuto scegliere tra la Fisica e il pianoforte perché, come un giocoliere, sarebbe riuscita a tenere tutto insieme, la mattina scienziata, il pomeriggio concertista. Chiara racconta del suo passato e del suo presente con il distacco divertito e lieve di una donna risolta e in equilibrio. Rapita dal suo curriculum e distratta dalla sua forte cadenza milanese, mi dimentico dei suoi tratti e di un'altra storia che è il motivo per cui siamo qui insieme. Così lei tira fuori un bagaglio di aneddoti surreali, buffi, deprimenti, esilaranti, specchio di una società confusa e goffa che inciampa, oggi più che mai, al cospetto della diversità anche quando è solo facciata. «Anni fa, avevo appena cambiato casa con i miei, incontrai la nostra vicina. "Lei è la ragazza che fa le pulizie a casa dei nuovi condomini?", mi domandò», ricorda Chiara. E prosegue: «Ogni mattina, quando porto il cane ai giardini, un ragazzo peruviano mi guarda con solidarietà. Un giorno mi ha chiesto: "Anche la tua padrona vuole che il cane faccia pipì all'alba, eh?"». Di recente Chiara ha accompagnato un'amica a comprare dei pantaloni che avevano bisogno dell'orlo. «Non serve che venga lei a ritirarli: può mandare la ragazza», ha suggerito la commessa all'amica, indicando Chiara. «Una paziente a cui dovevo fare un esame in ospedale, ha commentato con l'infermiera: "Qui è tutto così pulito! Avete persino la filippina sempre pronta a intervenire se qualcuno sporca!"». Lei ha spalle larghe che le consentono di sorridere ogni volta che si imbatte nell'altrui improntitudine. Ma vivere dentro una casella predefinita deve essere terribilmente complicato e faticoso per molti non altrettanto corazzati. Chiara, nata a Seul, è arrivata in Italia a sei mesi, con i suoi genitori adottivi, e della Corea non ha alcuna memoria. «Non ho mai avuto il desiderio di conoscere il mio paese di origine. Mi sento italiana, appartengo alla mia famiglia adottiva e nei miei genitori m'identifico e mi rispecchio, nonostante il mio viso diverso dal loro». Eppure il suo volto coreano la inchioda quotidianamente a una storia che non è la sua, a un mondo che non conosce, a una casella che, come spesso accade alle caselle, non le somiglia. «Un'asiatica che fa shopping in via Montenapoleone è una donna in carriera giapponese, la stessa asiatica al parco col cane la mattina presto è una badante filippina», dice, aggiungendo che le seconde generazioni di stranieri, che saranno primari, presidi e direttori di banca, probabilmente reindirizzeranno il pensiero comune, riplasmandolo. «Io però andrò ancora al parco con il cane la mattina presto, quindi sarò sempre la badante filippina», conclude ridendo.

1 commento:

  1. "Quanto poco vedono ciò che è, coloro che inquadrano i loro frettolosi giudizi su ciò che sembra".(Robert Southey). "È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio".(Albert Einstein). "I pregiudizi ed i preconcetti sono figli dell'ignoranza e nipoti della stupidità. Sono mostri che crescono e si ingigantiscono nella mente degli individui predisposti a queste malattie incurabili e difficilmente guaribili".(Jean-Paul Malfatti). Rileggendo questo post, mi sono soffermata a riflettere sulle conseguenze spesso gravi determinate dai comportamenti di coloro che si lasciano incatenare dai pregiudizi... Di tanto, Aldo, desidero ringraziarti, augurandoti buona continuazione.

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