sabato 25 maggio 2019

Sullaprimaoggi. 82 «Poi, purtroppo, l’Era Zingaretti è cominciata».


Tratto da “Tafazzetti” di Marco Travaglio, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 17 di maggio 2019: (...). L’elezione di Nicola Zingaretti a segretario aveva fatto ben sperare quel popolo, che ancora una volta si era trascinato alle primarie, persino nel gazebo dove c’era Calenda. Zinga è anche lui un brav’uomo che l’estate scorsa aveva addirittura osato lanciare uno slogan ragionevole: “Meno Macron e più sinistra”. E tanto era bastato per farlo amare da chi non ne poteva più di vedere Renzi abbracciato ai peggiori nemici dell’Italia, della sinistra e della legalità. E masticava amaro dinanzi ai 5Stelle che rubavano alla sinistra, l’una dopo l’altra, tutte le sue bandiere storiche: la lotta al precariato, alla povertà, ai salari e alle pensioni da fame, alla corruzione, alla prescrizione, alla privatizzazione dell’acqua, alle grandi opere inutili e inquinanti come il Tav, ai vitalizi e agli altri privilegi della casta. Poi, purtroppo, l’Era Zingaretti è cominciata. E per l’Elettore Ignoto è ricominciato il calvario. Zanda “nuovo” tesoriere, che propone subito di aumentare lo stipendio ai parlamentari e di ripristinare il finanziamento pubblico diretto ai partiti (poi ritirati, ma solo per finta). L’ex lettiana e poi renziana De Micheli vicesegretaria. L’ex renziana Serracchiani vicepresidente. I renziani Delrio e Marcucci confermati capigruppo. Le marcette Pro Tav a braccetto con FI e Lega. Le candidature in Europa di vecchi dinosauri come Toia, Cozzolino, Bresso, di pasionarie turborenziane come la Bonafè e la Picierno, di personaggi incompatibili come Pisapia e Calenda. Per non parlare della strepitosa accoppiata in Campania fra l’ex pm Roberti alle Europee e dell’indagato Alfieri “Mr Fritture” alle Comunali. E poi l’accordo con Miccichè in Sicilia, da Gela a Mazara del Vallo. L’abbraccio con Cirino Pomicino. Lo scandalo del marchettificio sanitario in Umbria, con le dimissioni retrattili della Marini. L’ennesima indagine sui ras calabresi Oliverio, Adamo e Bruno Bossio, che non si dimettono neanche per finta. La nomina dell’ex magistrato berlusconiano Arcibaldo Miller a capo dell’Ipab del Lazio. L’arruolamento di Moscovici come testimonial per far perdere qualche altro voto. E poi l’ideona di candidare come futuro premier (ma di quale maggioranza?) il sindaco milanese Beppe Sala alla vigilia della richiesta di condanna a 13 mesi di carcere per falso documentale. L’assenza in luoghi e momenti cruciali, come l’assalto fascista ai rom di Casal Bruciato, con gli applausi postumi e imbarazzati all’arcinemica Virginia Raggi, sola e unica a metterci la faccia. L’incredibile battaglia parlamentare contro la riforma, finalmente efficace, del voto di scambio politico-mafioso, votata da M5S, Lega, FdI e LeU e avversata da Pd e Forza Italia. L’assurda ostilità alla proposta di salario minimo lanciata da Di Maio e molto vicina a quella dei sindacati. E il mantra quotidiano “Mai con i 5Stelle” che risponde a una domanda al momento insensata (in questa legislatura non c’è spazio per maggioranze diverse) e serve solo a rafforzare Salvini (lui un’alternativa alla coalizione giallo-verde ce l’ha). (…). Intanto, come ai tempi del Popolo dei Fax e dei Girotondi, la società civile progressista organizza l’opposizione (soprattutto a Salvini) per conto suo: la rivolta degli striscioni del Popolo dei Balconi è nata a prescindere da quel che accade al Nazareno. Come se il Pd non esistesse. Ma esiste ancora, il Pd? E quali peccati atavici devono ancora espiare i suoi elettori?

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