martedì 2 agosto 2016

Scriptamanent. 32 “Ecco perché nessuno ascolta più nessuno”.



È una fortuna avere qualcuno che sappia ascoltare, e che pratichi i quattro parametri (...) enunciati dalla comunicatrice texana Barbara Miller - "Receive": ricevere; "Appreciate": dare segni di apprezzamento mentre l'altro parla; "Summarizing": riassumere quello che ci ha detto; "Asking": rivolgere domande per andare più a fondo -.

Da “Ecco perché nessuno ascolta più nessuno” di Stefano Bartezzaghi, sul quotidiano la Repubblica del 2 di agosto dell’anno 2014: (…). La realtà è che mentre qualcuno parla pensiamo a cosa dire noi; oppure lo interrompiamo per rispondere al problema che ci sta ponendo prima di averlo capito bene, o ascoltiamo «dall'interno di una sorta di solido bunker che abbiamo messo anni a costruire e di cui però non siamo ancora consapevoli», come dice Julian Treasure, che si occupa di "ascolto consapevole". (…). Il problema, però, potrebbe essere ancora più generale. Ha a che fare con il primato dato nelle nostre mitologie sociali all'attività, alla performatività, e dunque alla parola detta. In Italia, poi, le logomachie dei talk-show e più recentemente degli streaming (quello fra Grillo e Renzi resta un culmine) dimostrano con un'evidenza sconsolante come la comunicazione sia vissuta in termini di quantità — occupazione di spazio e tempo, annichilimento dell'agibilità locutoria altrui — piuttosto che di qualità. Ed è paradossale che in un discorso pubblico dominato da concetti come "audience" (uditorio, da "udire") e "share" (condivisione), la vittoria non si consegua con i gol davvero realizzati. Basta il possesso palla. (…). È che la gente si è abituata a parlare da sola al televisore e dire «quanto sei cretino» a quello che si pensa sia un ectoplasma privo di orecchie: lo aveva intuito già negli anni Ottanta il Woody Allen che faceva intervenire Marshall McLuhan in persona in una conversazione privata che lo concerneva ( Io e Annie) , o che faceva interagire gli attori sullo schermo con la spettatrice Mia Farrow fino a farla entrare nella storia ( La Rosa purpurea del Cairo). Oggi a teatro gli spettatori parlano, commentano, anticipano, rispondono al telefono e non sembrano assolutamente consapevoli che lì a loro è richiesto di mantenere una posizione di puro ascolto, e ascolto di quello per cui hanno pagato il biglietto (se l'hanno pagato). (…). …l'interlocutore che guarda l'orologio, che riceve un sms e lo legge e risponde dicendoci «parla, parla, ti ascolto», che ci domanda qualcosa che avrebbe dovuto aver ascoltato due minuti fa non solo non ci piace. Ci frustra nel desiderio, o nella necessità, di una conversazione che ci porti qualcosa, anche la mera sensazione di aver fatto passi avanti nel discorso. E quando invece ricordiamo a qualcuno qualcosa che ci ha detto mesi prima, è sempre più frequente registrarne uno stupore quasi commosso: «Ma allora quando parlo mi ascolti!». (…). E la verità è che siamo governati dall'attivismo, dall'impazienza, dalla frenesia: e anche dalla sordità.

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