lunedì 30 aprile 2012

Cosecosì. 15 Domani è il primo di maggio. Adesso ci vorrebbe…


Adesso ci vorrebbe una speranza nuova. Un sogno grande assai. Ma sembra che siano finiti i tempi delle speranze e dei sogni. Come se tutto fosse stato risucchiato in un gorgo, immenso, senza fine. Un gorgo oscuro. Ma ritorna, ancora una volta, il primo di maggio. E mi piacerebbe pensarlo come nell’indimenticabile visione del sole dell’avvenire in “Palombella rossa” del grande Nanni. Un sole grande grande che illumini l’oscurità dell’oggi. Ho ritrovato, tra i miei ritagli, un bellissimo pezzo dello scrittore-artista Andrea Satta che ha per titolo “Il primo maggio e adesso ci vorrebbe un discorso sincero sull’occupazione”; è stato scritto per il quotidiano l’Unità del primo di maggio dell’anno 2011. Lo trascrivo di seguito integralmente.

Adesso ci vorrebbe il sole. Ci vorrebbe di andare al mare con l’ombrellone a vedere le onde la prima volta in stagione. Ci vorrebbe di filare in bicicletta in due fino in fondo alla pineta e di laggiù vedere come è strano il campanile.
Adesso ci vorrebbe di fare l’amore nel prato dietro la rimessa mentre sale l’aria calda dal fienile, di fare l’ora di pranzo al bar in piazza che a casa è quasi pronto, aspettando nonna che torna dalla messa.
Adesso ci vorrebbe che arrivasse papà a tavola con le «pastarelle», sempre quelle, ci vorrebbe di aspettarti alla stazione e fuggire, per uno spaghetto al pesto, in quella trattoriola verde dove ci siamo conosciuti, tra le farfalle. Ci vorrebbe di salire in Vespa e … via, senza casco verso il lago, via … senza paura verso il fiume, via … senza fame tutto il giorno, che c’è sempre tanto altro da vivere e … via, che ancora ce n’è da inventare.
Adesso ci vorrebbe di ascoltare una parola appassionata, un discorso sincero sul lavoro, sullo sfruttamento e sulla redenzione, ma bello bello per davvero. Ci vorrebbe di dire basta a quello che ci offende e crederci sinceramente alla giustizia, ai sogni grandi, e che la rabbia abbia finalmente un senso. Ci vorrebbe che mi venissero in mente i nomi degli uomini e delle donne tutte, uccisi e uccise dal lavoro, morti e morte per difenderne il diritto, sparati e sparate dai padroni e dalla polizia, dai regimi e dalla democrazia.
Adesso ci vorrebbe un disco con un po’ di idee incise da ascoltare, qualche nota di chitarra, di tromba e di contrabbasso e di piano, ecco, sì, di piano. Un viaggio coi tuoi pensieri un giorno coi desideri.
Adesso ci vorrebbe una crostata di arance amare, un piatto di mele cotte, zucchero e limone con le fragole, formaggio e pere, un panino con mortadella, una fitta pioggerella, un ombrello grande per baciarti di nascosto, un angolo sconosciuto per dire ti amo al vento che sa dimenticare presto, anche se è uno sbaglio, anche se è un abbaglio.
Adesso ci vorrebbe una radio da ascoltare, una rima a memoria da tramandare, un carretto con cocco e gelati che si lasci annunciare, mentre il sole picchia e l’universo scrocchia.
Tutto questo insieme in una sola vita non c’è mai stato, non ha mai trovato posto, ma la sfiga vera è che noi tutti lo sappiamo collegare al resto. Tutto questo sarà domani e domani può ancora arrivare. Io, il Primo Maggio, lo passerò qui, in piedi sulla riva a guardare il mare. Prima o poi qualche sogno dovrà tornare. Una vela nuova.

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